Buon compleanno Pete Townshend, le 10 canzoni simbolo degli Who

Musica

Fabrizio Basso

Compie oggi, martedì 19 maggio, 75 anni Pete Townshend, il visionario chitarrista degli Who. Lo raccontiamo in dieci canzoni scelte da Giampiero Di Carlo, fondatore e presidente di Rockol

E' un compleanno celebrato in tutto il mondo. Compie 75 anni Pete Townshend, il chitarrista degli Who. Peter Dennis Blandford è nato Londra il 19 maggio 1945. Lo festeggiamo entrando nell'universo degli Who e ascoltando dieci brani di riferimento scelti da Giampiero Di Carlo, uno dei massimi conoscitori della band inglese nonché fondatore e presidente di Rockol. Prima di passare ai brani è lo stesso Di Carlo che ci accompagna nel loro mondo: "Sono un gruppo non solo storico ma anche motori di alcune tendenze che poi si sono dimostrate longeve. All'epoca della British Invasion c'era una pletora di band ma solo poche hanno resistito al tempo, al di là dei singoli, e hanno influenzato i musicisti a venire". Musicalmente partono dal Blues e Rythm & Blues e li elaborano in una forma originale. Potevamo permettersi qualunque cosa se pensiamo ai membri della band: come sottolinea Giampiero Di Carlo c'erano Keith Moon, un batterista creativo, e poi Pete Townshend che non è un virtuoso ma ha fatto del suo modo di suonare una firma sonora, è uno tra gli autori più visionari del rock: "Ho visto -prosegue- The Who tre volte in concerto, l’ultima quella nefasta all'Arena di Verona condizionata dalla pioggia con Roger Daltrey che perse voce. E' un gruppo che si è visto poco. Mi torna poi in mente un tour celebrativo di Tommy, era il 1992 credo. Sembrava fosse l'ultimo e invece hanno girato ancora. Aggiungo che ho incontrato due volte Roger Daltrey e lo ho intervistato al telefono. E' la nemesi di Pete che è il filosofo-pensatore; Daltrey è l'immagine per antonomasia del rock operaio britannico dei primi anni Sessanta". Se oggi dovesse raccontare a un adolescente chi sono The Who direbbe che "sono una conditio sine qua non per il Punk della fine dei Settanta che a sua volta a determinato l’evoluzione del rock. E' una band molto profonda, sono esplosivi e rumorosi ma bravi a mettere nel rock il sound Motown e l’esplosività del Rock. Sono in quattro con una sola chitarra, una alchimia diversa rispetto alle due chitarre dei Rolling Stones". Infine ci sono le due Rock Opera firmante dalla band Tommy e Quadrophenia, opere coraggiose e che ancora oggi sono moderne: "Le grandi band dimostrarono di saper cambiare passo. I Beatles passaro al Sgt. Pepper's e al White Album, i Rolling Stones produssero albun straordinari. Gli Who erano nel pieno della loro maturità. Pete inquieto intellettualmente fece una Rock Opera entrando in una dimensione adulta ed esigendo che venisse riconosciuta cone tale. Tommy è cieco sordo e muto e la storia si snoda intorno a lui toccando temi delicati quali le molestie sessuali sui bambini.
Quadrophenia è la celebrazione dell'epopea Mood. Un po’ più grandiosa, più matura, più rotonda e moderna. Gli manca solo il singolo esplosivo alla Pinball Wizard".

DIECI BRANI EPICI DEI THE WHO

I can’t explain (1964)

Ovvero, l’inizio di una meravigliosa epopea lunga più di cinquant’anni. Il singolo di debutto degli Who, precedentemente (meno noti come) High Numbers, è il marchio di fabbrica del loro “power pop”.

 

My generation (1965)

Con "Hope I die before I get old" Pete Townshend firma un inno generazionale, si consacra poeta laureato del rock e trascina gli Who nella leggenda.

 

Pinball wizard (1969)

Come prima “rock opera”, “Tommy” fu già di per sè un capolavoro. E al suo interno “Pinball wizard” ne divenne il brano più iconico, grazie al cieco-muto-sordo che gioca a flipper semplicemente “sentendolo”.

 

Won’t get fooled again (1971)

Il miglior pezzo del miglior album degli Who. “Won’t get fooled again” fu e resta una delle più potenti dichiarazioni di indipendenza della storia del rock, oltre che il culmine di ogni show dal vivo della band.

 

Baba O’Riley (1971)

Un’altra perla da Who's Next, anch’essa originariamente concepita per l’abortita rock-opera Lifehouse. Il pezzo più epico dell’album il cui titolo unisce due personaggi diversi come Meher Baba (guida spirituale di Pete Townshend) e Terry Riley, ricercato compositore avanguardistico.

 

5:15 (1973)

Il primo singolo tratto dalla seconda rock-opera degli Who, “Quadrophenia”. E’ il brano in cui Roger Daltrey è al meglio in una tipica dinamica call-and-response con Pete Townshend.

 

Love, reign o’er me (1973)

Ancora da “Quadrophenia”. Un capolavoro con un suono e una progressione epici. Profonda, romantica, struggente, potente. Gioca in una categoria a parte insieme solo a “Behind blue eyes”, ma è anche meglio.

 

Long live rock (1974)

“Long live rock” sta agli Who come “It’s only rock and roll” sta agli Stones: un grande brano in un periodo altrimenti miserabile per la band. E un verso preveggente a due anni dal punk: “fummo la prima band a vomitare in un bar” …

 

Who are you (1978)

Una rovente discussione su royalty non pagate spinge Pete Townshend a sbronzarsi allo Speakeasy, al cospetto di metà dei Sex Pistols presenti nel locale. Nasce così “Who are you”, che condanna lo smarrimento del rock, mette in guardia le giovani band e restituisce gli Who alla loro grandezza.

 

Eminence front (1982)

“Eminence front” è una gemma purissima all’interno di un album trascurabile (“It’s hard”). Bellissima la progressione sonora che, dopo un ipnotico riff elettronico alle tastiere, la vede crescere a dismisura. E la chitarra, a quel punto, regna sovrana.

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