Tappa a Milano per il End of the Road World Tour dei Kiss. All'Ippodromo nostalgici e giovani fan per assistere all'ultimo tour della band. Che ha (ri)proposto la sua liturgia rock. La RECENSIONE
(@BassoFabrizio)
La notte della nostalgia. I Kiss appaiono all'Ippodromo di Milano, nell'ambito della rassegna Milano Summer Festival che il sole non è ancora tramontato. Solo afa e zanzare si sono prese una serata di vacanze e non è poca cosa: magari sono andate a bersi qualcosa altrove visti i prezzi poco incentivanti dell'Ippodromo. Un pubblico quanto mai eterogeneo, anche intere famiglie. Nostalgici con magliette di vecchi tour, giovani accoliti della Kiss Army insieme ai veterani, curiosi e poi molti cosplayer, gettonatissimi per selfie farlocchi. Sono da poco passate le ore 21 quando decollano le note di Rock and Roll dei Led Zeppelin, brano che prepara alla serata. La partenza è fiammeggiante con Detroit Rock City e Shout it Out Loud: per chi, come me, qualche concerto dei Kiss lo ha visto negli anni e in diverse epoche, c'è già tanto deja-vù ba bisogna partire dal presupposto che questo è ciò che vuole la Kiss Army, una liturgia rock. Sono ammessi pochi cambiamenti e soprattutto adesso che siamo al neverending tour meno cambiamenti ci sono meglio è. E loro, i Kiss, lo sanno, e al pubblico danno quello che desidera: fiamme, lingua saettante e bocca sanguinante, il volo sui fan, i coriandoli alla fine che oscurano le stelle. Non per nulla in alcuni momenti la scenografia riporta il tendone di un circo.
Lo show procede con Deuce, Say Yeah e la potente I Love It Loud. Quindi Heaven's on Fire e poi un vero momento circense: su War Machine abbiamo la trasformazione di Gene Simmons in mangiafuoco, anzi in sputa fuoco ed è uno di quei momenti sacri della liturgia Kiss. Spenta la fiammata arrivano Lick It Up, Calling Dr. Love e poi 100,000 Years con l'assolo di batteria di Eric Singer che è forse il momento più basso della serata, un assolo misero, accettabile da un batterista amatoriale ma non da un professionista e con quell'armamentario favoloso. Si ritorno su buoni livelli con Cold Gin e il momento solista alla chitarra di Tommy Thayer. E' il momento dei virtuosismi: va in solitaria il basso su God of Thunder e poi appare il tendono e si entra nei colori e nel fascino del Psycho Circus che parte con Let Me Go, Rock 'N' Roll e un gioco a tre di personalisti, un passaggio rock di testimone tra Paul e Gene insieme a Tommy. Con Love Gun è il momento del volo di Paul dal main stage a un palco più piccolo posizionato sopra il mixer: lì, nel cuore della Kiss Army, fa ruggire le corde del suo strumento sulle loro teste. Le voci si alzano con I Was Made for Lovin' You e Black Diamond che chiude il concerto. Una pausa minima e i Kiss tornano con Beth ((Eric Singer al piano è perfetto), Crazy Crazy Nights, che è un po' la summa di quello che abbiamo vissuto per quasi due ore, e l'epocale Rock and Roll All Nite. Il commiato è con God Gave Rock 'n' Roll to You II e ci portiamo a casa una domanda: sarà davvero la fine del loro viaggio oppure un giorno la nostalgia del palco avrà il sopravvento e la Kiss Army si ritroverà sotto il fronte del palco?