La prima delle due serate del Farewell Yellow Brick Road di Elton John all'Arena di Verona è stata epica: quasi due ore e mezzo di musica e immagini, un viaggio lungo mezzo secolo. Sorrisi, impegno sociale, ricordi...il racconto della serata che si ripeterà il 7 luglio a Lucca.
ATTENZIONE LA SERATA DEL 30 MAGGIO ALL'ARENA DI VERONA E' STATA ANNULLATA PER MOTIVI DI SALUTE DELL'ARTISTA
C'è ancora gente in piazza Bra quando le note di Bennie asciugano l'umidità che da giorni abbraccia Verona. Ti guardi intorno per capire quella musica da dove nasce, ti guardi intorno come se cercassi qualcuno di cui annusi la presenza ma ne percepisci l'assenza, non è ancora il momento che lo show inizi. E invece, con un quarto d'ora di anticipo, sono le 20.45, Sir Elton John apre la prima delle sue date in Arena del Farewell Yellow Brick Road. C'è chi dice sia un suo vezzo giocare d'anticipo, c'è chi dice che prima che il giorno finisca potrebbe scatenarsi un nubifragio e anche in questo caso è meglio giocare d'anticipo. Così mentre entro in Arena ascolto Alice e Blues e percepisco che il leit motiv della serata sarà l'amore in tutte le sue forme. Non per nulla Border Song, la canzone di confine, è rappresentata da immagini di bellissime ragazze e dalla frase finale beatlesiana All we Need is Love. I visual saranno una componente fondamentale dello show, veri e propri cortometraggi in alcuni casi, in altri graphic novel animate e poi molte immagini di vita quotidiana e di vita (e storia) di Elton John. Prendiamo Tiny Dancer: sembra di essere protagonisti di un coast to coast americano, mi è sembrato di entrare in un romanzo di Corman McCarthy con un po' di Jack Keruac e di Bret Easton Ellis. Mentre il piano di Elton John diffonde l'epica dello Zio Sam ecco scorrere davanti a un pubblico attento, entusiasta, a tratti adorante, figure che sembrano uscite da un quadro di Hopper, momenti da Jurassic Park, giovani disorientati, la poetica delle highway, bambini abbracciati alle mamme, persone di colore e la rabbia di una ragazza che sfonda un parabrezza col suo skateboard. Mi domando se è una canzone, un film o un romanzo. Ma comunque è ipnotico.
Philly è un tuffo nel mondo dei colori, dagli abiti ai capelli, fino ai colori dell'anima del mondo transgender. Tutt'altro scenario in Indian Sunset dove angoli della natura ci risucchiano in un mondo da National Geographic: tutta la band, quando appare sul videowall, sempre emergere dalle acque. Ed ecco uno dei momenti più attesi, Rocket Man (il film che racconta la vita di Elton John è stato protagonista all'ultimo Festival di Cannes): musica e immagini ci fanno sentire esploratori dell'universo, sembra di entrare in galassie lontane. Il finale è lunghissimo e celebrato da fuochi d'artificio virtuali. Pilot ha un tocco psichedelico e un umanoide che ricorda un Terminator lucente mentre Sorry ha per protagonista solo lui, Elton John, che giganteggia sullo schermo in bianco e nero. Someone saved my life tonight parte con immagini floydiane e viene introdotta con queste parole: "Questa canzone viene dal disco perfetto di Elton (dice proprio così, ndr) che è Captain Fantastic and the brown Dirt Cowboy e racconta la storia di Bernie Taupin e me che lottavamo per diventare songwriter". Intrigante l'animazione nel finale con scheletri alla Tim Burton e poi immagini e colori alla Frida Kahlo. In Levon ci mette un po' di Gloria di Umberto Tozzi e poi la struggente Candle dedicata a Marilyn Monroe: tantissime immagini della diva hollywoodiana scivolano sullo schermo e c'è molta commozione interrotta da una serie di tuoni ma si tratta di elementi scenici e quindi si alzano gli occhi al cielo ma è solo suggestione.
Si riparte con Funeral e Love Lies e dietro la band, eccelsa, si stende un tappeto di candele che poi lascia lo spazio a una rosa nera con tutta la sua simbologia. Mission ha un intro pianistica da brividi e poi arriva la disturbante Daniel che parte con immagini balneari, epoche differenti che si sovrappongono, colori e bianco e nero ma poi arriva sul clima sereno la guerra: è la fine del sogno americano, è la meglio gioventù che si ritrova in un cimitero militare, tra una tromba che suona il Silenzio fuori ordinanza e colpi di fucile commemorativi. E' il momento di metterci la faccia ed Elton John non si tira indietro: prima di eseguire Believe sottolinea che in questa epoca più che in altre bisogna alimentare la speranza, dice I need hope, occorrono più amore e compassione e poi "io sono un europeo contro la Brexit non sono uno stupido colonialista inglese". Gli applausi lo travolgono così come quando ricorda l'impegno della sua Fondazione, la Elton John Aids Foundation e ricorda che #LoveIsTheCure. Su Sad Songs saluta il pubblico, è commosso e poi presenta la sua mitica band. Quindi si scivola verso il finale, incredibilmente senza pioggia. Colora l'Arena di Verona il sole psichedelico di Don't let the sun go down on me, con Bitch si entra in quel clima ambiguo da Grande Gatsby, la vita di Elton John accompagna con immagini di repertorio Standing mentre Saturday Night ci porta al cinema suo e di Taupin con un collage di immagini. E' il momento dei saluti...la gente comincia a scemare verso piazza Bra ma per chi ha la pazienza di attendere torna sul palco ed esegue, da solo al piano, Your Song e saluta con Goodbye Yellow Brick Road. Se devo fare un appunto, condiviso dal vociare di chi era seduto vicino a me, è mancata Crocodile Rock: così sarebbe stato perfetto. Ma, lo sappiano, la perfezione stufa. E allora va bene così Sir Elton John. Prossimo appuntamento il 7 luglio al Lucca Summer Festival.