Ritornano i Thegiornalisti con tanto "Love": l'INTERVISTA

Musica

Marta Nicolazzo

Thegiornalisti - Foto di Carolina Amoretti
Thegiornalisti

Il 21 settembre esce Love, il nuovo album dei Thegiornalisti, un augurio affinché si torni ai buoni sentimenti, alla semplicità, all'educazione sentimentale e al rispetto per sé e per gli altri. Per l'occasione abbiamo incontrato il frontman della band Tommaso Paradiso che ci ha svelato i retroscena di una dedizione musicale che ha portato al successo il pop italiano. LEGGI L'INTERVISTA

@martanicolazzo

Analizza le situazioni con occhio critico senza essere assolutista. Cresciuto a ritmo di Oasis, oggi si ispira ai Coldplay, gioiosi e malinconici, e quando va a correre ascolta i Thegiornalisti. Se volete fargli un regalo andate a prenderlo all'aeroporto, normale, ma non banale, lui è Tommaso Paradiso, frontman dei Thegiornalisti.

Nei brani dell’album sono molto presenti i mezzi di trasporto: auto, aerei, treni. Qual è il suo rapporto con il viaggio e perché è così presente questo tema?

Il treno è il mezzo di trasporto che uso per lavoro ed è quello che preferisco di più esclusi i ritardi: mi permette di stare comodo e di fare le parole crociate. L’aereo mi piace guardarlo dal basso mentre è in volo. Gli aeroporti sono molto belli. Come dice la voce narrante all’inizio del film Love Actually l’aria dell’aeroporto è piena di amore. Una cosa che mi è sempre mancata è il non aver avuto nessuno che mi venisse a prendere all’aeroporto. La macchina lavora sulla sfera dell’intimità, ascolti le canzoni insieme ai tuoi amici, puoi urlare, cantare.

Cos’è cambiato in questo disco rispetto ai precedenti?

La produzione è completamente nuova in quanto il produttore è diverso: Dario Faini in arte Dardust. Matteo Cantaluppi ha mixato il disco. Questo album si differenzia dai precedenti per la presenza di una parte organica, è un disco senza schemi. Abbiamo cercato di esaltare la canzone nella sua essenza, ogni canzone è a sé e ciò riflette l’anima libera del disco.

Ha sentito la pressione dopo il successo di Completamente Sold Out?

Non sento la pressione quando scrivo le canzoni. E’ un momento d’intimità, che mi prendo per me stesso, per essere libero di fare o pensare quello che mi va, come quando pratichi autoerotismo. Quando cominci a sentire la pressione e a farti troppe domande, sbagli. Non amo stare nella comfort zone quando si parla di musica: voglio sorprendere la gente, per quanto sia possibile, mi piace cambiare sempre.

In Controllo scrive:“Vorrei stare sempre bene ma quando mi diverto poi sto male e non mi va di esagerare”

Questa frase si riferisce alla semplice constatazione che crescendo non posso più condurre una vita che mi permette di coniugare il lavoro con l’esagerazione perché adesso quando esagero ho bisogno di cinque giorni di stato comatoso nel letto per riprendermi. Me li prendo, sono momenti bellissimi, ma non se devo affrontare settimane intense di lavoro.

Lei ascolterebbe i Thegiornalisti?

Io ho creato i Thegiornalisti perché non trovavo in nessuno il mood dei Thegiornalisti: una parte cantautorale spiccata italiana che si ispira alla tradizione con un sound che strizza l’occhio al mondo anglossasone. Il centro della nostra band è unire parole italiane ad armonie internazionali. Quando vado a correre io ascolto i Thegioranlsiti.

La cultura Pop è molto presente in questo disco. Come la vede?

Dobbiamo ammettere che c’è molto più pop nella nostra vita che rock: pochi italiani fanno una vita rock. Ci sono rockstar che vivono una vita da rocker. Io non lo sono, vivo una quotidianeità fatta di film di Bud Spencer e Terence Hill, Verdone e Totò. Vivo una vita normale e amo descrivere un mondo che conosco maggiormente, di cui mi sento di poter parlare. Il pop è popolare, c’è molta semplicità, non banalità.

Quest’album è la rappresentazione di una libertà espressiva. E’ una risposta a chi voleva inquadrarvi in un certo genere o a chi vi ha accusato di non appartenere più al genere hindie?

E’ stata una risposta involontaria, nata dalle canzoni stesse. Non siamo inquadribili in un determinato genere, prima erano canzoni più ruvide autoprodotte perché non avevamo le stesse disponilità economiche di adesso, ma le parole sono le stesse.

Adesso che siete arrivati al grande pubblico vi sentite autorizzati a sottolienare questa libertà creativa?

A prescindere dal piccolo o grande pubblico mi sono sempre sentito libero di creare. Nel 2009 ero un po’ schiavo, ma solo perché all’inizio ti vergogni, sei più timido. Ci chiudevamo in schemi ed evitavamo che sfociassero in modelli pop più grandi. Quando scrivo non penso né alle radio né al pubblico, penso solo a me stesso.

Overture è l'unica canzone strumentale...

...E' la base strumentale di Dr. House. Gli Oasis in Be Here Now del 1997 avevano inserito la traccia di All Around World in versione strumentale. Amo la musica sinfonica. Overture aprirà il tour per dare carica e solennità.

Che tour sarà? Sente la pressione?

Sarà un live più strutturato rispetto a quelli passati. Le canzoni saranno più fedeli possibili alle originali del disco. Non vogliamo stravolgere le canzoni, almeno per adesso, tra vent’anni chissà, sempre se esisteremo, ma io non credo. Le più vecchie le abbiamo riarrangiate. Suonare dal vivo è difficilissimo, ma non a livello tecnico, per quello studi e fai "practise". Emotivamente i live ti danno tanto, ma ti levano parecchio. Devi sempre trovare un bilanciamento per essere sul palco nella migliore condizione possibile.

A chi è ispirata Dr. House e quanto la cultura cinematografica incide nella scrittura dei suoi testi?

Dr. House è Dr. House, ho talmente amato quella serie che ho pensato che non potesse non esistere lui come persona - “Vorrei che tu fossi reale”  - perché mi sono innamorato di lui. Mi piacerebbe che ci fossero dottori così nel mondo. Al giorno d'oggi prima di farti una diagnosi passano 150 miliardi di anni. Poi ho parlato anche delle altre mie pietre miliari come Bud Spencer, Vittorio De Sica, Peppino De Filippo. La cultura cinematografica incide un buon 95 per cento sono molto più appassionato di cinema che di musica. A volta immagino tutto come un film, tutto per me ha dei contorni cinematografici. Per far capire la potenza del cinema: non riuscivo a chiudere il testo di Felicità Puttana, non mi veniva la seconda strofa, che è sempre quella più difficile perché dopo che hai fatto la prima il bridge e il ritornello devi raccontare qualcosa che non hai ancora detto. Ho visto il trailer di Loro di Paolo Sorrentino e subito dopo ho scritto la strofa, che non c’entra nulla con il film, ma mi ha dato un imput.

Ultimamente si è esposto politicamente. Non c’è nessuna canzone con uno sfondo politico...

...Sorrentino dice: "Io non metterò mai un cellulare in un mio film perché è proprio brutto l’oggetto". Io non metterò mai la politica in una mia canzone perché è brutto l’oggetto della politica nell’arte, per come intendo io l’arte, ovviamente. Ci sono state un sacco di canzoni e quadri politici, ma non mi piace contaminare la musica con la sfera della politica. Lo trovo un elemento intrusivo nella storia delle mie canzoni.

Si aspettava questo successo?

No, io non mi aspetto mai niente. Sai quando i calciatori rispondono nelle interviste: “Noi ci alleniamo sul campo, lavoriamo tutti i giorni e alla fine dell'anno vediamo la classifica”. Io faccio cosi. Do il meglio di me, scrivo cosa mi piace, lavoro il più possibile per ottenere il risultato migliore e poi se arriva anche il successo... Ce lo prendiamo ben volentieri! Ma non me lo prefiggo come obiettivo.

Come se lo spiega il successo?
Evidentemente scrivo canzoni belle.

 

 

 

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