La Tempesta di Shakespeare diventa (Ater)Balletto. Musiche di Giuliano Sangiorgi

Musica

Fabrizio Basso

Un momento de La tempesta (foto di Viola Berlanda)
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Un'ora e un quarto di suggestioni ed emozioni. Con un lavoro straordinario la Fondazione Nazionale della Danza AterBaletto ha trasformato La tempesta di William Shakespeare in uno spettacolo che fa vibrare le coscienze. Grazie a un lavoro profondo, che rende la storia del Bardo di una attualità inquietante. Poi ci sono le musiche di Giuliano Sangiorgi che accompagnano vicende umane, divine e di natura con un ritmo che fa pulsare le vene, e la coreografia di Giuseppe Spota. Abbiamo visto la prima data.

(@BassoFabrizio)

Delle infinite variazioni sul tema scespiriano della tempesta questa è di certo nella top ten della genialità. E, diciamolo, non è scontato che quando due menti creative si incontrano nasca una pietra angolare. Questa volta abbiamo assistito alla tempesta perfetta. E anche il Bardo, potesse essere al Teatro Strehler di Milano o in una data successiva (tra le altre a Vignale Monferrato Festival il 22 e 23 giugno, ore 21.30 in Piazza del Popolo, informazioni su www.piemontedalvivo.it/vignale-monferrato-festival), sarebbe fiero di come la Fondazione nazionale della Danza Aterballetto e Giuliano Sangiorgi hanno reinventato La Tempesta di William Shakespeare e portano il pubblico, per un'ora e un quarto, in mari perigliosi, dove Prospero e Antonio, Ferdinando e Miranda, sono al contempo i migranti che si aggrappano alle nostre coste e quelli che, oltre un secolo fa, si aggrappavano alla Statua della Libertà nel porto di New York. C'è un elemento spiazzante, che subito emerge in questa storia di lotta e amore, ed è l'assenza di una dimensione temporale. Governa gli attori un hic et nunc che trascina gli spettatori tra i flutti, complici anche il clangore (perché è battaglia l'immenso azzurro di fronte, per dirla con Francesco Guccini) del mare e i suoni che dettano il ritmo, quel tappeto sonoro che Giuliano Sangiorgi stende sopra un intreccio di vicende umane fatte di nobili spodestati, di figure che, grazie a un mirabile gioco di specchi, moltiplicano le proprie personalità. E poi c'è Miranda, cresciuta su un'isola, che non conosce nulla di quello che la circonda. Mirabile sintesi, questa, del concetto pavesiano espresso ne la Luna e i Falò sulle tentazioni del mondo che per rifuggirle basta non oltrepassare le colline del Belbo, che i danzatori e Sangiorni fanno toccare con mano a un pubblico che ondeggia come il mare, sente l'angoscia dei barconi nel canale di Sicilia come fossero nel proscenio, vede le onde che si chiudono, siamo tutti Argonauti in questa procella di sentimenti e angosce.


FRAMMENTI DI TEMPESTA

Come conchiglie abbandonate sulla spiaggia è questa opera. La riduzione del concetto di spazio tempo in una unità permette di abbracciare tutta la storia ma quello che resta sono i frammenti di tempesta che ognuno porta con sé. C'è una polimerizzazione personalistica dell'esilio, dell'approdo sull'isola, della sua scoperta, della percezione di Calibano e Miranda, dell'educazione sentimentale, fino all'idea di vendetta e di perdono e all'immagine spettrale di Calibano solo su un palco, simbolo di un mondo che non sarà più lo stesso. E ora per frammenti i momenti più immaginifici: i ballerini come naufraghi d'oggi poi raccolti come nella famosa statua di Iwo Jima, gli specchi che diventano onde e ci si può nuotare, la musica che sembra una scacciapensieri e poi il frastuono del mare che ricorda l'unione violenta tra Pacifico e Atlantico a Capo Horn, le proiezioni sullo sfondo che a seconda della prospettiva sono coralli o reti di pescatori, un qualcosa di Hieronymus Bosch nei movimenti folli, la teca che scende dall'alto con dentro un piccolo veliero e l'acqua che fa...La tempesta. Sulla quale scivola agile il veliero del direttore di Aterballetto Gigi Cristoforetti, del suo passeggero sonante Giuliano Sangiorgi e di tutto un equipaggio.


 

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