Parasite: un “ Brutti, sporchi e cattivi” in salsa coreana

Cinema

Akim Zejjari

Bong Joon-ho reinventa il classico "cinema da camera” con un  un thriller tragicomico che punta il dito sulla società sud coreana e non solo. 

 

Incredibile! Chi avrebbe mai pensato che un film sud-coreano, con un titolo da horror, sarebbe diventato la prima pellicola in lingua non inglese a vincere la statuetta del miglior film agli Oscar? 

Una rivoluzione per l’Academy che ha celebrato con ben 4 premi, tra cui quello per la migliore regia, un film sulla lotta di classe in un paese in cui l’argomento è assolutamente tabù.

Si spera che il trionfo di Parasite dia una bella scossa a un’industria che tarda a rassegnarsi al fatto che esiste un mondo ricco di talento e creatività fuori da Hollywood e dalle sue minestre riscaldate.

Con una palma d’oro all’ultimo festival di Cannes il film prometteva già molto bene ma, con un incasso globale di più di 254 milioni di $, nessuno si sarebbe mai aspettato un tale successo, chi l’avrebbe detto che un “Kammerspiel” in coreano avrebbe superato ogni frontiera non solo geografica, ma anche stilistica ?

 

Bong Joon-ho da Memories of Murder a Parasite

Come un millefoglie, il settimo film del regista sud-coreano nasconde vari strati narrativi che ci catapultano, come se niente fosse, dalla commedia grottesca al dramma familiare, passando per l’horror e il melodramma. Ma niente paura, il film non è mai indigesto perché Bong Joon-ho è uno chef nel mischiare gli ingredienti cinematografici.  È da più di vent’anni che il regista smuove le acque torbide del suo paese per regalarci dei film di denuncia intrisi di rabbia e di passione. Memories of Murder, mescolava il thriller e la cronaca del mondo rurale per raccontarci l’inettitudine di un gruppo di poliziotti di campagna alle prese con un un serial killer. The Host era un film “di mostri” ambientalista che diventava satira politica e melodramma familiare. Mother ? Un dramma psicologico dove una madre come tante si ritrova a combattere prima contro il sistema, poi contro i suoi stessi principi, per provare l'innocenza del figlio.  Dopo due super produzioni “internazionali” in cui il regista ha messo in scena una ribellione marxista su un inarrestabile treno del futuro  (Snowpiercer)  e una favola su un maiale transgenico che critica il capitalismo “etico” (Okja), Bong Joon-ho ha sentito il bisogno di tornare a casa per fare a pezzi il cosiddetto “korean dream”. Ottima scelta! perché Parasite sembra il suo capolavoro.

 

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Parasite, la trama del film

La storia?  L’incontro tragicomico tra due mondi speculari e opposti: quello dei seminterrati umidi e senza wifi di una famiglia truffaldina, che cerca in tutti i modi di sbarcare il lunario, e quello dalle perfette forme geometriche di una villa da copertina dove una famiglia ricca cerca disperatamente di essere all’altezza della propria immagine. 

L’unico punto di incontro possibile tra questi due mondi è il lavoro, e quando la famiglia di disgraziati riesce ad insinuarsi come un parassita nella vita di quella ricca, questo “gruppo di famiglia in un interno” diventa un covo di dipendenze pronto ad esplodere in mille frantumi di fronte alla cruda realtà.

Con questa storia di lotta di classe e di coabitazione tra ricchi e poveri, Bong Joon-ho punta il dito sulla brutalità di un mondo che sembra aver perso i suoi riferimenti politici e morali e che rischia, con la schiavitù del consumismo, di farci ripiombare in uno stato brado da cui è difficile uscirne indenni.

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