Michelangelo - Infinito: la recensione del film con Enrico Lo Verso

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Paolo Nizza

Dal 27 settembre al 3 ottobre arriva al cinema Michelangelo – Infinito, il nuovo film dedicato al genio dell’arte universale Michelangelo Buonarroti e alle sue opere immortali ed ‘infinite’. Dai creatori e produttori di   “Caravaggio – L’anima e il sangue” e “Raffaello – Il principe delle arti”, un viaggio unico e sorprendente attraverso la vita e le opere del genio assoluto interpretato da Enrico Lo Verso affiancato da un sublime Ivano Marescotti nei panni di Giorgio Vasari

"Nella stanza le donne vanno e vengono parlando di Michelangelo." Con questi versi scritti per Il canto d'amore di J.R Prufrock, il poeta inglese Thomas S. Eliot evocava la sferzante vitalità del grande artista italiano. Allo stesso modo il film Michelangelo  - Infinito ci trasporta nella vita del genio fiorentino. Una pellicola (diretta da Emanuele Imbucci su soggetto e con la direzione artistica di Cosetta Lagani) che è un dedalo di emozioni, sensazioni, immagini, suoni, voci, parole. Dalle cave di marmo di Carrara al Museo Nazionale del Bargello, dagli Uffizi alla Cappella Sistina, dalla Basilica di San Pietro al Castello Sforzesco, da Firenze a Roma, da Città del Vaticano a Milano ripercorriamo i tormenti e le passioni di Michelangelo, un uomo allevato a latte e polvere di marmo.

15 set, quasi 2 anni di lavoro, 8 mesi di pre-produzione, 2 mesi di riprese, 10 mesi di post produzione e 200 persone coinvolte, oltre 70 ore di girato per riprodurre la cruda complessità di un artista inquieto e schivo, così descritto dallo scultore e pittore francese Auguste Rodin: "Tutte le opere che Michelangelo fece sono così angosciosamente oppresse che paiono volersi spezzare da sole. Quando divenne vecchio giunse a spezzarle davvero. L’arte non lo appagava più. Voleva l’infinito."

Con una felice intuizione, il film ricorre alla figura di Giorgio Vasari (magnificamente interpretato dal grande Ivano Marescotti) per guidarci alla scoperta dei momenti salienti della vita del Buonarroti. A partire dalla "Testa di fauno" che si tramanda essere la prima opera di Michelangelo. Una scultura perduta per sempre, cui il giovane Michelangelo toglie un dente per evidenziare la vecchiezza del satiro. Un gesto di sfida, una prova di coraggio assai apprezzata da Lorenzo Il Magnifico.

E poi, a seguire, il Bassorilievo della Madonna della Scala, la Centauromachia in cui si scorge lo stesso gesto del futuro Cristo del Giudizio Universale. E ancora la Statua di Bacco, il dio distratto e alticcio con ai piedi il riottoso satirello. Un sublime omaggio a Roma non compreso dal Cardinale Raffaele Riario.

Sino ad arrivare alla Pietà, un capolavoro scolpito a soli 24 anni. Un'opera ispirata ai versi di Dante scritti per la Madonna nel XXXIII Canto del Paradiso: "Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura." Una delle sculture più importanti mai realizzate in Occidente che lo stesso Vasari così commentò: "Non pensi mai, scultore né artefice raro, potere aggiungere di disegno né di grazia, né con fatica poter mai di finezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michelagnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell'arte." Sicché quando la telecamera indugia sui panneggi della Vergine, sui muscoli, le vene, le congiunture, i nervi, l'ossatura del Cristo, pare che il marmo si animi e il bianco della pietra illumini di eternità lo spettatore.

In fondo tutta la magia di Michelangelo - Infinito risiede nella capacità di rendere visibile il miracolo di un mero sasso che si trasforma in capolavoro. Non a caso nel film Michelangelo (interpretato da Enrico Lo Verso) è spesso ripreso nelle imponenti cave di Marmo di Carrara. Un limbo bianco, uno spazio congelato in cui l'artista si abbandona ai ricordi. Come quando s’identifica con il David, l'eroe che con una semplice fionda sconfigge il gigante Golia. Perché con le sole mani e un trapano ad arco, l'artista aveva vinto la sfida ed estratto dal marmo la vita.

In un susseguirsi di estasi e tormenti, entusiasmi e delusioni, dal "Tondo Doni" alla "Battaglia di Cascina", dai "Prigioni" al "Mosè", il film riesce nell'impresa senza precedenti di restituirci tutta l'evoluzione della Cappella Sistina: dal 1508, anno in cui il giovane Michelangelo viene incaricato da Papa Giulio II di sostituire la preesistente decorazione a cielo notturno a stelle di Pier Matteo D’Amelia della Volta, fino alla conclusione del Giudizio Universale nel 1541.

Con impressionante realismo, perduti nell'imitabile blu dei lapislazzuli, il film ci immerge nello spettacolo della bellezza umana come riflesso della bellezza celeste. La lotta di chi deve sfuggire agli Inferi contrapposta alla lotta di chi deve conquistare il cielo. L'umano che si trasfigura nel divino. L'ammirazione che muta in sgomento. E Michelangelo che si autoritrae nella pelle di San Bartolomeo, annullandosi in un involucro privo di vita. 

Ecco la forza di Michelangelo - Infinito è tutta nella capacità di raccontarci un artista ambiziosissimo e al tempo stesso riluttante, insoddisfatto e appassionato, con quel naso rotto da un pugno sferratogli durante l’adolescenza da Pietro Torrigiano. Un artista che desiderava fare più di quanto sarebbe mai riuscito a realizzare. Un uomo ossessionato dalla ricerca della perfezione.

D'altronde, come scrisse Bernard Shaw: “Se non si rischiasse mai nulla nella vita, Michelangelo avrebbe dipinto il pavimento della cappella Sistina.“

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