Un sacchetto di biglie: la Shoah negli occhi di un bambino

Cinema

Dal 18 gennaio esce nelle sale, grazie alla Notorius Pictures, Un sacchetto di biglie di Christian Duguay. Il film tratta della fuga attraverso la Francia di due fratelli ebrei, durante l’occupazione nazista nel 1941. Tratto dalla vera storia di Joseph Joffo che ha riportato nel suo romanzo-biografia del 1973 una vicenda emozionante e densa di significati, sempre attuali. Per l’occasione Sky Cinema Passion manderà in onda qualche minuto in anteprima del film. Appuntamento martedì 16 gennaio alle 20.50

La sofferenza, l’angoscia della separazione dai propri genitori e poi la fuga in un rocambolesco viaggio verso quella parte della parte della Francia non ancora occupata dai Nazisti. Il tutto visto con gli occhi di due bambini ebrei non ancora consapevoli che il mondo e l’umanità può essere spregevole, indifferente crudele ma anche caritatevole. Si potrebbe riassumere brevemente così il film di Christian Duguay, Un sacchetto di biglie nelle nostre sale dal 18 gennaio grazie a Notorius Pictures e su Sky Cinema Passion in una breve anteprima martedì 16 gennaio alle 20.50.

Il film è tratto dall'omonimo libro di Joseph Joffo, che nel 1941 aveva dieci anni come il protagonista del suo romanzo e che nel racconto ha trasposto storie ed emozioni della sua infanzia di bambino ebreo francese e le vicende autobiografiche di una famiglia che si divide e cerca nella fuga la salvezza. " un'epopea luminosa, raccontata dal punto di vista dei bambini, sul mondo che li circonda e sulla maniera in cui la realtà li raggiunge - ha sottolineato il regista nelle sue note -. La storia è così forte, ma soprattutto così sfortunatamente universale, che è impossibile non vederci l’attualità, la sofferenza, e sì, a volte i momenti di felicita' delle popolazioni che si spostano oggi nel mondò'.

Duguay tiene a sottolineare una differenza del suo film rispetto al libro, scritto in prima persona ma trent'anni dopo gli eventi. Il film invece sposa sempre il punto di vista di un bambino senza la distanza del narratore. La regia di Duguay è di conseguenza interna agli eventi, minimalista e intuitiva: “Sono gli accessori e i piccoli dettagli che danno agli attori la possibilità di materializzare la loro tensione – ha spiegato – Un bicchiere d'acqua riempito fino al bordo, una mano che trema, o il modo in cui l'ufficiale tedesco inzuppa un pezzo di pane in un uovo. Queste scelte non sono dettate da ragioni estetiche, servono invece a condurre gli attori nel clima emotivo della scena''.

Christian Duguay, che nel 2003 ha diretto per la televisione pubblica canadese la serie tv "Il giovane Hitler", non è nuovo all'esplorazione di quel periodo storico. "Ero affascinato dall'occupazione tedesca - ha spiegato - quel maschilismo della politica e la divisione tra chi abbassava la testa e chi si ribellava, mi affascinava. Si sono visti moltissimi film su questa epoca, ciò che conta oggi è la verità delle emozioni, che restano ancora le stesse''.
 

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