I 30 anni de "I sospiri del mio cuore" e l'eredità di Yoshifumi Kondo

Trent’anni fa, nel 1995, “I sospiri del mio cuore” di Yoshifumi Kondō arrivava per la prima volta nelle sale giapponesi. Si trattava, a suo modo, di un evento più unico che raro: un film dello Studio Ghibli non diretto né da Isao Takahata né da Hayao Miyazaki. Kondō aveva lavorato a lungo con lo Studio, occupandosi delle animazioni di diversi film . Lo Studio Ghibli aveva bisogno di un nuovo pupillo, qualcuno capace di portare avanti l’eredità di Miyazaki e Takahata, e in quel momento Kondō sembrò la persona più adatta. Il regista affiancato da Miyazaki “I sospiri del mio cuore”, oggi disponibile su Netflix, era la sua prova generale: la dimostrazione pratica non solo delle sue straordinarie capacità, ma pure l’affermazione definitiva della sua visione come regista e come autore. C’è da dire che per “I sospiri del mio cuore” Kondō non fu lasciato completamente libero. La sceneggiatura, infatti, venne scritta da Miyazaki, che si era basato sul manga di Aoi Hiragi, “Sussurri del cuore”. Sempre Miyazaki, poi, si occupò di dirigere una delle sequenze più importanti del film, quella ambientata nei sogni della protagonista. Al di là di questi dettagli, però, “I sospiri del mio cuore” resta uno dei film più interessanti dello Studio Ghibli. La storia de "I sospiri del mio cuore" Rispetto ad altre opere è più lineare, meno frammentato, radicato intimamente in un realismo più stilistico che sostanziale, e abbraccia solo in parte il genere fantastico. Quella che seguiamo è la storia di una normale studentessa che si prepara agli esami prima di andare al liceo. Ama leggere e scrivere, e con le sue amiche si diverte a tradurre in giapponese canzoni straniere. “Take Me Home, Country Roads” è uno dei brani principali della colonna sonora; addirittura accompagna la sequenza di apertura del film, che per i suoi continui cambi di inquadrature, tra totali, dettagli e primi piani, è estremamente cinematografica . Il racconto del Giappone contemporaneo A un certo punto, la nostra protagonista incontra un ragazzo e decide di mettersi alla prova: mentre lui è intenzionato a diventare un liutaio, lei vuole scrivere il suo primo romanzo. Si dà del tempo e chiede ai suoi genitori – il padre lavora in biblioteca, mentre la madre sta studiando per laurearsi – di fidarsi. “I sospiri del mio cuore” è un film incredibilmente attuale e moderno. Proprio perché sviscera costantemente la società giapponese, raccontandone i mutamenti e le trasformazioni, tra una maggiore emancipazione femminile e un boom tecnologico che non smette di diffondersi . Estate e inverno, stagioni della vita La storia si apre in estate, con la scuola chiusa per le vacanze, gli appuntamenti tra amiche, i segreti sussurrati a mezza bocca, le camminate per la città semideserta e le confessioni all’ombra degli alberi; e si chiude d’inverno, quando non sembra esserci più spazio per sognare e per improvvisare. Insomma, se l’estate è la stagione della speranza, l’inverno è la stagione della consapevolezza. E nel giro di pochi mesi la protagonista matura, diventa adulta, impara a prendersi le sue responsabilità e a sacrificarsi per quello che crede importante: l’amore. Una scomparsa precoce Forse, verso la fine, “I sospiri del mio cuore” accelera, perdendo parte della sua complessità emotiva . Ma è un film solido, ben costruito, che rispecchia perfettamente tanto un modo di lavorare con l’animazione quanto il punto di vista del suo autore. Dopo questa esperienza, Kondō lavorò alle animazioni di “Principessa Mononoke” di Hayao Miyazaki. E un anno dopo, nel 1998, morì. Eppure, ancora oggi resta il suo film, restano le sue animazioni, il suo lavoro straordinario, e viene celebrato per il grande talento che dimostrò di avere in più di un’occasione. La sua scomparsa apre anche a un’altra riflessione, e cioè quanto sia dura e intensa l’industria dell’animazione giapponese, dove i tempi sono quasi sempre ridotti all’osso, come il budget, e la manodopera è limitata.

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Gianmaria Tammaro