Nei primi quattro mesi dell’anno gli spettatori nei cinema italiani sono diminuiti del 64 per cento rispetto alla media del periodo prepandemico 2017-19. Con Mario Lorini, presidente degli esercenti cinematografici, analizziamo crisi, prospettive di ripresa e progetti di collaborazione con le piattaforme.
Diminuiscono drasticamente gli spettatori, crollano gli incassi, Decine di sale hanno chiuso perché non ce la facevano a tirare avanti: per i cinema italiani è crisi. Oltre all’orientamento del pubblico verso le piattaforme dello streaming e ai persistenti timori legati alla pandemia, cos’altro ha provocato questa caduta? Con Mario Lorini, presidente dell’Associazione nazionale esercenti cinematografici parliamo di questo, ma anche dei segnali di ripresa che bisogna saper cogliere.
“Per le sale cinematografiche la situazione è difficile – chiarisce subito Lorini- ma con lo sguardo siamo alla ricerca delle soluzioni. L’Italia è ancora uno dei Paesi più in difficoltà, però gli incassi di certi film danno il segno della ripresa, per la quale però saranno necessarie le misure di salvaguardia e di sostegno annunciate dal Governo e dal Ministero della Cultura. L’aspetto più difficile è riportare nei cinema il pubblico più adulto, probabilmente desideroso, ma meno propenso a tornare. È il pubblico del film di qualità, autoriale e dovrà superare la diffidenza degli effetti prolungati della pandemia.”
Secondo lei la proiezione cinematografica è ancora centrale per il pubblico? Come vi ponete di fronte a un’offerta streaming che sembra sempre più solida?
M.L. “La sala è centrale, innanzitutto perché è insostituibile. È un momento condiviso, di aggregazione ed è anche il luogo dove gli artisti e i produttori vorrebbero che cominciasse il cammino delle loro opere. Anche prima della pandemia avevamo coscienza di un mondo che stava cambiando. Ora sta cambiando più velocemente, quindi non bisogna creare di nuovo competizione tra le piattaforme e i cinema. Bisogna trovare una stabilizzazione tra questi due sistemi, che hanno e manterranno caratteristiche diverse. Potremo cercare forme più attive di collaborazione, anche se oggi ci sembrano azzardate. Streaming e proiezione avranno bisogno l’uno dell’altro.”
Può farci un esempio di queste forme di collaborazione che state ipotizzando?
M.L. “Bisogna creare l’evento. Ci sono alcune esperienze già fatte che possono essere riproposte: per esempio l’anteprima nei cinema di alcune serie, che poi proseguiranno la loro vita in streaming. Anche le piattaforme potrebbero mettersi a disposizione per enfatizzare certi eventi cinematografici: negli anni molte di loro si sono interessate ai festival, per esempio. Questo sistema porterebbe a dare massima attenzione alle produzioni. Dovremo metterci attorno a un tavolo, come si usa dire. La sala è centrale per lo sfruttamento commerciale dei prodotti audiovisivi.”
Capitolo numeri: secondo i vostri dati, basati sulla ricerca Cinetel, nel 2022 gli spettatori nei cinema sono calati del 64% e gli incassi del 61,4% rispetto alla media del periodo prepandemico 2017-2019. A cosa attribuite questa crisi, perché di crisi si deve parlare?
M.L. “Certo, si deve parlare di crisi, ma dobbiamo anche dare messaggi positivi. L’Italia sicuramente sconta il fatto di essere stato il primo Paese europeo colpito dalla pandemia. Le misure di contenimento poi sono state molto severe. Tutto questo si è probabilmente riverberato nell’atteggiamento del pubblico. Questa può essere una delle ragioni della crisi, anche perchè prima della pandemia abbiamo vissuto un buon momento di ripresa del mercato. Poi bisogna dire che c’è stata grande prudenza nell’allentamento delle misure sanitarie. Noi esercenti cinematografici non abbiamo mai fatto osservazioni su questo, perché la sanità e la sicurezza vengono prima di ogni altra cosa, però abbiamo visto tutti che alcuni Paesi a noi vicini, come la Francia, l’Inghilterra, la Spagna, durante i periodi di allentamento hanno tolto molte prescrizioni, come il Green pass e l’uso delle mascherine, favorendo a livello psicologico il ritorno alla frequentazione. Il nostro Paese è l’ultimo a imporre, fino al 15 Giugno, l’uso delle ffp2 nei cinema e questo forse ha portato in certe categorie del pubblico qualcosa che assomiglia alla diffidenza nella frequentazione dei cinema. Bisogna ricordare che questi luoghi per i due anni e mezzo di Covid non hanno mai dato segnali di contagio e hanno sempre rispettato le regole in maniera ferrea.”
Ma secondo lei non potremmo pensare che il pubblico possa sentirsi anche più sicuro in sala dove tutti indossano l’ffp2?
M.L. “Questo è un tema di dibattito. Noi riteniamo che il pubblico più adulto, più sensibile anche per l’età forse preferisca ancora per sicurezza l’uso delle mascherine. Una campagna di forte raccomandazione comunque non avrebbe impedito alla maggior parte degli spettatori di usare questo dispositivo. Noi esercenti ci sentiamo un po’ lasciati indietro rispetto ad altre tipologie di luoghi.”
Secondo i vostri dati in Italia ci sono attualmente 1082 cinema funzionanti, 77 in meno rispetto al periodo 2017-19. Hanno cessato l’attività soprattutto le strutture con un solo schermo, mentre quelle da 5-7 schermi sono aumentate di 10. Come leggere questi numeri?
M.L. "I numeri sono in continuo aggiornamento e l’analisi non può mai essere perfetta, però i dati, che fanno capo a Cinetel, ci dicono che dopo il minimo di Febbraio con circa 500 strutture aperte, ora abbiamo raggiunto una certa stabilizzazione. Le sale con un minor numero di schermi hanno costi fissi piuttosto alti e stanno riflettendo sulla loro attività. Notiamo però che certe strutture che non ce la fanno stanno trattando per cedere ad altre gestioni. È evidente quindi che i cinema, questi presidi culturali, sociali ed economici distribuiti sul territorio italiano, cercano di tenere il proprio ruolo. C’è una voglia di ricambio, di ripartenza. Probabilmente contribuisce anche la volontà annunciata dal Governo di introdurre incentivi fiscali molto consistenti che contribuiscano a coprire i costi di funzionamento delle sale. Si sta parlando anche di una legge sulla cronologia, che dia l’esclusiva per un lasso di tempo alla visione in sala per quei film che sempre di più dovranno essere destinati a un percorso al cinema.”
La quota del cinema italiano è pari al 20,66% dell’incasso totale del mercato (Era del 20,71% nel 2019 e del 30,43% nel 2018); il cinema statunitense ha registrato invece da inizio anno una quota sul totale del 41,8% dell’incasso (39.4 milioni di Euro).
M.L. “Il cinema italiano gode di grandi riconoscimenti a livello di qualità, ma deve ritrovare un po’ il gusto del pubblico perchè, soprattutto dopo una pandemia, non c’è un mercato sano senza la presenza del cinema italiano. Il fermento che c’è nella produzione dovrà saper trovare il pubblico. È un elemento che ora manca per la ripresa del settore intero.”