Dai sorrisi alla tristezza, dalla sorpresa all'ansia da isolamento fino ai semi piantati all'inizio del racconto che diventano fiori nel giorno in cui sembrava che tutto fosse finito. Lo sguardo di Maya, bimba di due anni che vive nel quartiere Centocelle di Roma, è quello dell'infanzia che sta pagando il prezzo più alto alla pandemia, raccontato in un piccolo film che scava nell'anima
“Ho iniziato a girarlo nei primi giorni del lockdown, lo montavo di notte, insieme al mio compagno, ed ho imparato il mestiere di genitore anche dietro l'obiettivo della telecamera”. A parlare è Nina Baratta, brillante regista emergente, che ha saputo donare uno sguardo originale ed emozionante all'interno del racconto, sempre più quotidiano, delle conseguenze del Covid (qui tutti gli aggiornamenti) sulle nostre vite. Soprattutto Nina è la mamma di Maya protagonista del film che racconta i lunghi giorni del primo lockdown attraverso gli occhi della figlia, mantenendosi in perfetto equilibrio tra il ruolo di semplice osservatore dietro l'obiettivo e i gesti materni, necessari per permettere alla sua bambina di affrontare il confinamento nel modo più sereno possibile.
“La quarantena di Maya” è dunque un film nato e realizzato nei soli giorni del lockdown, un film che scorre inesorabile, come i ricordi di chi lo guarda immedesimandosi in emozioni comuni, eppure insolite, perché sono quelle, non filtrate, degli occhi di una bimba di due anni, che nascono dalle sue parole, a volte entusiaste spesso smarrite e tristi, parole e gesti nei quali riconosciamo i nostri figli e le ansie di adulti a volte incapaci di comprendere, spiegare ed infine confortare. Il tutto con il sottofondo di altre parole, quelle dell'allora premier Giuseppe Conte, che annunciava decreti, obbligato dai numeri agghiaccianti dei decessi ad allungare i tempi del confinamento. Ma anche con il sottofondo dello smart working del papà di Maya, di call infinite, nelle quali si parla di cassa integrazione, di lavoro che sparisce, di difficoltà economiche che ancora in troppi continuano ad affrontare.
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Maya chiede alla mamma di uscire perché fuori c'è il sole e non capisce perché non si possa più varcare la soglia di casa, costruisce con lei una fantastica lavagna di pellicola per alimenti dove dipingere, guarda in braccio al padre gli applausi dai balconi, ascolta le voci dei vicini confinati come lei, conta i pochi passanti, immagina di vedere navi di pirati nella claustrofobia del mare di palazzi che la circondano nel quartiere Centocelle di Roma, fantastica tra mura sempre più strette, in ore sempre più lente
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Soprattutto Maya è una bimba fortunata. Intorno a lei, anche nei suoi momenti di capricci e sconforto, si immagina la pazienza e la comprensione di due genitori capaci di reinventarsi senza mai cedere al nervosismo. Un mondo, quello dell'infanzia e dell'adolescenza, che invece subisce il lato più drammatico delle conseguenze del lockdown, dell'isolamento, del tracollo economico e sociale dovuto alla pandemia. Nel 2020 sono state 1.260 le bambine e 1.117 i bambini che hanno subito violenze in famiglia tali da richiedere l'intervento delle forze dell'ordine. Il 13% in più rispetto al 2019, secondo quanto emerge dal dossier Indifesa di Terre des Hommes.
A Nina Baratta, che con il suo film continua a percorrere festival, numerosi i riconoscimenti ricevuti, e sale cinematografiche, che non sono purtroppo quelle della grande distribuzione, e lo fa con la determinazione di chi ha qualcosa di davvero importante da raccontare, dobbiamo dire grazie anche per questo. Perché ci ricorda di proteggere i nostri bambini dal virus del Sars-Cov2, e ci insegna che è importante ascoltare i nostri figli, cercando gli strumenti per comunicare con loro. Per entrare in un mondo fantastico, al quale altrimenti non avremmo accesso.