Il New York Times ha coniato il neologismo "estetizzatore" per Sorrentino

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A usare la definizione è il critico A. O. Scott nella sua recensione dell’ultimo film di Sorrentino "È stata la mano di Dio". Il film è ambientato nella Napoli degli anni Ottanta e dal 15 dicembre è disponibile su Netflix dopo alcune settimane nelle sale. Il regista napoletano “redime l'orrore della realtà trasformandola in bellezza”, ha spiegato il critico

Paolo Sorrentino è un “estetizzatore”. A coniare il neologismo è il critico del New York Times A. O. Scott, che ha usato questa definizione per il regista nella sua recensione dell’ultimo film del regista napoletano È stata la mano di Dio (LA RECENSIONE DI SKY TG24). La produzione sarà in corsa per i Golden Globe a gennaio 2022 ed è stata candidata agli Oscar dall’Italia. Il film è ambientato nella Napoli degli anni Ottanta e dal 15 dicembre è disponibile su Netflix dopo alcune settimane nelle sale. "Un dramma autobiografico sensuale, triste e occasionalmente sublime", scrive Scott a proposito.

Sorrentino “redime l'orrore della realtà trasformandola in bellezza”

Il regista napoletano ha già dimostrato in altri film la sua qualità di “estetizzatore”, spiega Scott: "Quale che sia sordida, triste o grottesca la materia prima - dipendenza e violenza della mafia in Le Conseguenze dell'Amore, la mezza età di una rockstar in This Must Be the Place o Silvio Berlusconi (Loro) - Sorrentino "è un estetizzatore compulsivo e sfacciato", capace di "redimere l'orrore della realtà alchimizzandola in bellezza". È stata la mano di Dio ha già vinto il Gran premio della giuria a Venezia e il premio Mastroianni per il protagonista Filippo Scotti nel ruolo del giovane alter ego del regista, mentre lo scorso ottobre l'Italia ha candidato il film agli Academy Awards: la shortlist dei 15 migliori film stranieri verrà annunciata il 21 dicembre. Il 13 dicembre intanto Sorrentino ha incassato la nomination della Hollywood Foreign Press ai Golden Globes.

“Sorrentino come Fellini, questo film è il suo Amarcord

"Dopo esser sceso in picchiata come un uccello curioso e perspicace sui meandri sociali, politici e sessuali dell'Italia moderna", il regista di Il Divo, La grande Bellezza e The Young Pope ha ora rivolto la sua attenzione al proprio passato, sulla scia di altri recenti film memoir. Scott ricorda in proposito Roma che ha fatto vincere ad Alfonso Cuarón la statuetta del miglior regista nel 2019 e più di recente Belfast di Kenneth Branagh e il Souvenir in due parti di Joanna Hogg. Il critico del New York Times si spinge a un paragone con Fellini, affermando che se La Grande Bellezza, che ha vinto l'Oscar per il miglior film straniero nel 2014, è La Dolce Vita di Sorrentino, il nuovo È stata la mano di Dio può essere considerato il suo Amarcord. Un confronto già fatto da molti, specialmente negli Usa. Lo stesso Sorrentino, all'inizio di dicembre, ha inaugurato la grande retrospettiva su Fellini organizzata al MoMA: "Lui era un genio. Tutti noi venuti dopo, incluso me, siamo solo dei volgari imitatori".

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