Omicron, il film italiano del 1963 che non ha nulla a che vedere con la variante Covid

Cinema
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Diretta da Ugo Gregoretti e interpretata da Renato Salvatori, la pellicola racconta le avventure di un alieno, di nome Omicron, inviato sul pianeta Terra. Una parodia del cinema di fantascienza in cui non vi è nessun riferimento alla variante del virus SarsCov2

Ci sono film di fantascienza che hanno anticipato il futuro. Pensiamo alle guerre cibernetiche di War Games o agli Scanner a raggi X negli aeroporti di Atto di Forza. Ma Omicron non è tra questi. La pellicola italiana, scritta e girata nel 1963 dal regista e giornalista Ugo Gregoretti non è un profetico apologo  sull'arrivo della variante del Corona Virus (Gli aggiornamenti di Sky TG24). Tutto è nato da un tweet postato dall’industriale indiano Anand Mahindra che sul social scrive: "Ad un certo punto, nel futuro, spero che venga girato un thriller in cui le varianti del Covid sono forze oscure che vengono attaccate da un Avenger, chiamato Omicron, che fa mutare le varianti in una banale influenza". Un amico gli invia il poster del film italiano degli anni Sessanta. A causa dell’omonimia tra il titolo del film e il virus, in rete inizia a circolare l'idea che l'opera abbia una valenza profetica e  parli di pandemia. Ma in realtà si tratta di una satira, in chiave fantastica .del mondo del lavoro., che all'epoca venne stroncata dai critici e poco vista dal pubblico. Un esempio di cinema militante interpretato da Renato Salvatori, Rosemarie Dexter, Gaetano Quartaro e supportato dalle musiche del Maestro Piero Umiliani

Omicron, la trama del film

Ugo Gregoretti, ha spesso usato la fantascienza per criticare la società industriale ed evidenziare gli effetti non sempre positivi del boom economico in Italia. Basti pensare allo sceneggiato televisivo Uova Fatali tratto dal romanzo di Michail Afanas'evič Bulgakov. In Omicron, il cineasta romano firma un affresco grottesco della vita in fabbrica negli anni Sessanta. Ambientato a Torino, il film inizia con il ritrovamento, sulle rive del Po, del cadavere dell’operaio angelo Trabucco. Per scoprire le cause del decesso il corpo deve essere sottoposto ad autopsia, tuttavia, prima che venga effettuata il cadavere inizia ad animarsi. L’equipe medica suppone si tratti di un caso di catalessi. Ma la verità è un’altra: un alieno di nome Omicron ha assunto l’identità del defunto. L’extraterrestre proviene dal pianeta Ultra ed è in missione sulla Terra per progettare un’eventuale invasione. Omicron viene quindi riportato in fabbrica e grazie alle sue capacità sovraumana si dimostra uno straordinario lavoratore. Per cercare di comprendere le abitudini degli esseri umani, l’alieno imita i comportamenti dei suoi compagni di lavoro. Così, cerca di amoreggiare con una donna di nome Lucia e di partecipare alla lotta operaia contro i padroni. Solo che i suoi tentativi risulteranno fallimentari. Il suo approccio con la ragazza si trasforma in una tentata violenza, mentre dal punto di vista politico Omicron finirà, involontariamente, per denunciare i lavoratori intenti a organizzare uno sciopero.

Omicron, le dichiarazioni di Ugo Gregoretti

“Omicron è stato riabilitato. E' dal ’68 che lo è stato, ma quando ormai per me era troppo tardi e di cinema non ne facevo più. Era un film sulla fabbrica, o meglio sulla Fiat, tant’è vero che la sua base documentaria è l’inchiesta fatta da Giovanni Caprocci su “Nuovi Argomenti”; perfino certi nomi dei personaggi sono stati ripresi da lì, come tutta l’episodica della persecuzione antisindacale (…). Il film fu girato a Torino in esterni, ma le scene in fabbrica sono state fatte a Firenze al Nuovo Pignone perché alla Fiat non ci avrebbero mai lasciato girare”.

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Renato Salvatori in una scena di Omicron

Omicron, le  dichiarazioni di Renato Salvatori

"Ho creduto nel film come nessuno può immaginare. Mi è piaciuto farlo come poche altre cose, perché era un personaggio fantascientifico, uno che arrivava da un altro pianeta e si metteva nel corpo di un operaio morto per strada in un incidente stradale. Con questa partenza, uno aveva la possibilità di fare quello che voleva (...). Il film non piacque. Quelli che lo vedevano ridevano come matti, però il pubblico non andava al cinema.  Diventai matto per capirne il motivo. Alla fine però l'ho centrato: non ci andavano perché è un film televisvo".

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