Woody Allen, gli 85 anni di un irresistibile osservatore della società

Cinema

Bruno Ployer

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Il primo dicembre del 1935 nasceva Woody Allen. "Era un battutista - dice il suo doppiatore dal 2012  Leo Gullotta - ma il suo cinema si è evoluto attraverso l'ironia e l'analisi sociale"  

 

 

85 anni, ma ancora in piena attività. Woody Allen arriva al 1° dicembre, giorno del suo compleanno, con un film da presentare al più presto al pubblico. Il suo “Rikin’s Festival” ha subito, come tutti i titoli in uscita, un rinvio  per la chiusura delle sale determinata dalle misure governative anti Covid. E’ un film che Allen ha diretto e non interpretato, ma dove non sarà difficile trovare qualcosa di lui.  Inoltre quest’anno c’è stata la sua autobiografia “A proposito di niente”, uscita in Italia per La nave di Teseo.  E’ stata l’occasione per raccontarsi e anche per descrivere la relazione con Mia Farrow e argomentare contro le accuse di molestie e pedofilia nate proprio nella sua famiglia. Con un libro Woody Allen è tornato ancora una volta ai suoi inizi, quando scriveva per giornali, riviste e come autore di radio, televisione, teatro e cinema. Il suo esordio come attore e sceneggiatore cinematografico risale al 1965 con il film di Clive Donner “Ciao Pussycat”. La sua prima volta da regista arrivò nel 1969 con “Prendi i soldi e scappa”. Da quel momento la sua ascesa è stata irresistibile, le sue commedie si sono articolate dalla farsa all’osservazione sociale, con uno spirito raffinato e autoironico. Tra i suoi primi film gli esilaranti “Il dittatore della Stato libero di Bananas” (1971) e “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere” (1972).  La svolta fu “Io e Annie” (1977). In questo film Woody Allen recita con Diane Keaton, amica e compagna di lunga data, in una serie di gag irresistibili, fortemente autobiografiche e finemente critiche nei confronti degli pseudo-intellettuali snob della New York di quegli anni.

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Gli Oscar di Woody

 

Il pubblico, in particolar modo quello europeo, si accorse di amare Woody Allen. Di lì a poco anche la critica e gli addetti ai lavori lo apprezzarono. “Io e Annie” vinse due Oscar nel 1978 per la regia e la sceneggiatura. A parte le tante nomination, la statuetta per la sceneggiatura tornò a Woody Allen nel 1987 per “Hannah e le sue sorelle” e nel 2012 per “Midnight in Paris”. In Europa gi premi sono stati alla sua intera carriera, con il Leone d’oro a Venezia (1995) e la Palma d’oro a Cannes (2002).

In Italia la carriera di Woody Allen è legata a Oreste Lionello, il suo storico doppiatore, scomparso nel 2009. Dal 2012, l’anno in cui uscì “To Rome with love”, tocca a Leo Gullotta dare la voce a Woody Allen. Il suo è un punto di vista unico su questo artista e per questo gli abbiamo chiesto di parlarcene.

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Leo Gullotta, la voce italiana

 

“Auguri a Woody Allen! - ci dice Gullotta - E’ un autore intelligentissimo. Si capisce perfettamente che tutto quello che gira è pensato, provato, ma rende possibile agli interpreti di appropriarsi con creatività di un personaggio e immettere idee proprie. Per molti Woody Allen è sempre lo stesso, ma non è così. Nella sua carriera ha avuto diversi periodi, evolvendosi nel piacere del Cinema, con la C maiuscola. Si è ispirato a grandi registi e nelle sue sceneggiature, nate dalla fantasia e dall’osservazione degli individui,  ha sempre guardato alla società. Per esempio anni fa ho doppiato una sua serie sugli anni ’60. Ho avuto l’impressione che tornasse quella leggerezza nell’osservazione della società americana di quel tempo, con tutti gli annessi e connessi. “

Secondo lei  come è cambiato Woody Allen?

“Prima era un battutista.  Lo è stato per anni e anni,. Poi si è evoluto attraverso l’ironia e l’analisi sociale. Non a caso i suoi film sono molto amati in Europa. Gli Americani lo vedono sofisticato. Io dico che, sofisticato o no, bisogna osservare il suo importante lavoro nei significati che si nascondono nei suoi copioni.”

Le è mai capitato di scoppiare a ridere durante il doppiaggio per una battuta di Woody Allen?

“Certamente. Voglio dire però che il doppiaggio è un percorso tecnico. Non è vero che il doppiatore cambia l’interpretazione. Bisogna sempre tenere presente ciò che accade sullo schermo, stare attento ai fiati, alle intenzioni, ma senza immettere nulla, cercando di rispettare profondamente l’interprete sullo schermo. “

I film e la musica

 

In tutto Allen ha diretto una cinquantina di film e ha recitato in una quarantina. A questo vanno aggiunti produzioni televisive e spot.

Oltre a scrivere, recitare e dirigere, Woody Allen coltiva una grande passione per il Jazz, un genere dal quale attinge musiche per le colonne sonore dei suoi film e che pratica suonando il clarinetto. Appoggiandosi un po’ sulla sua celebrità cinematografica ha anche fatto tournée da musicista con una band. Per ricordare quanta importanza dia alla musica viene in mente “Manhattan” (1979), un film di grandi immagini e di grandi sentimenti, ambientato a New York e nelle composizioni di George Gershwin, due grandi amori di Woody Allen.

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