Presentati due film impegnati: "Fortuna" dell'esordiente Nicolangelo Gelormini, sull'incubo della pedofilia, e "La legge del terremoto", riflessione sotto forma di documentario sul Paese che si riunisce nelle grandi tragedie collettive
Nel lunedì della Festa del Cinema di Roma (LO SPECIALE) che segue le nuove misure decise dal governo per contenere la pandemia, i protagonisti solo due film italiani (FOTO) che raccontano tragedie private, talmente intime da essere indicibili, oppure pubbliche tanto da diventare dei grandi lutti nazionali: l'incubo della pedofilia e il dolore del terremoto.
Fortuna, opera prima del 42enne Nicolangelo Gelormini, con Valeria Golino, Pina Turco e Libero De Rienzo, ha il coraggio di affrontare una delle storie di cronaca più atroci degli ultimi anni: la morte di Fortuna Loffredo, bambina di sei anni scaraventata giù dall'ottavo piano del suo palazzo a Caivano (Napoli), sul cui corpo furono rinvenute tracce di abusi sessuali “cronici”. L'enorme sfida di prendere “qualcosa che non è raccontabile”, come ha detto a Sky Tg24 Valeria Golino, viene affrontata rendendo la materia narrativa onirica, sensoriale, portando il dolore e l'orrore sotto traccia. L'unico riferimento alla cronaca è proprio nel titolo del film, che si rifà al vero nome della bambina; tutto il resto viene astratto, tolto dal contesto locale e trasportato in una generica e degradata periferia dove l'abbandono genera mostri e disumanità.
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Alessandro Preziosi dirige La legge del terremoto, partendo dalla sua esperienza da bambino sul sisma in Irpinia, alle 19:30 di domenica 23 novembre 1980, per una riflessione più ampia su tutti i terremoti della nostra storia, sul dolore e sulla tenacia che unisce gli italiani, purtroppo, solo in occasione di questo tipo di tragedie. Covid permettendo, il documentario sarà in sala dal 23 al 25 novembre, ma l'attore e regista ringrazia paradossalmente proprio la pandemia che gli ha consentito di mettere a fuoco il suo progetto, raccogliendo un gran numero di interviste in un momento di unità collettiva che ricorda quella delle grandi tragedie dell'Irpinia, del Belice, dell'Abruzzo, dell'Umbria. A fare da filo rosso e incorniciare l'opera, una memorabile frase di Gianni Rodari: "Non si vede più nessuno piangere il secondo giorno dopo il terremoto. La fine di quello che c'era è una cosa accaduta in un tempo già lontano. E' cominciata un'altra cosa. Non si sa ancora che cosa sarà".