Donne al potere: tutta un’altra storia

Cinema

Aspettando l’uscita a gennaio dell’attesissimo Maria regina di Scozia con Saoirse Ronan e Margot Robbie che interpretano due delle donne più potenti della storia occidentale, ecco tutti gli altri esempi del grande e del piccolo schermo che hanno simboleggiato il power al femminile
 

articolo di Camilla Sernagiotto

Il gentil sesso sa essere anche tutt’altro che gentile. Spietato, calcolatore, machiavellico. In una parola: potente.


Quando il potere arriva nelle mani di una donna, diventa un’arma non solo a doppio taglio ma semmai con tagli infiniti e affilatura finissima.
Benché la storia sia stata fatta (e poi scritta) soprattutto da uomini, quindi fallocentrica per sua stessa ammissione, ci sono state eccezioni che, se da un lato confermano che la regola è che il potere sia una cosa da maschi, dall'altro ne confermano un’altra: quelle rare volte in cui questo si accentra tra le dita affusolate e setose di una donna, preparatevi a vederne di ogni colore. Rosso sangue innanzitutto.


Aspettando l’uscita italiana prevista per gennaio dell’attesissimo Maria regina di Scozia, con Saoirse Ronan e Margot Robbie nei panni di due delle donne più potenti della storia occidentale (ossia la regina di Scozia Maria Stuarda e la cugina Elisabetta I d'Inghilterra), ecco nel video in alto un assaggio succulento delle signore al potere. Così affascinanti, tutte d’un pezzo e forti da rendere il rosa il colore ufficiale del power. E non parliamo solamente del pink power!


Dalla Cleopatra interpretata nel colossal omonimo del 1963 da Liz Taylor (donna di potere anche fuori dal set, a giudicare da tutti i maschi che ha messo in scacco e fatto diventare matti) a un’altra regina non meno bella e spietatamente fascinosa come Cersei Lannister della serie televisiva Il Trono di Spade (impersonata da Lena Headey), lo schermo è costellato di star che non solo brillano sulla Walk of Fame ma che risplendono nella galleria di femmine potentissime. Vere mantidi religiose che riducono in poltiglia qualsiasi uomo, letteralmente o metaforicamente che sia.


E dopo le regine, anche le principesse tengono alto l’onore dell’albero genealogico della donna-quercia, quella le cui radici nemmeno un tornado riuscirebbe a sradicare. Una delle principesse più celebri del grande schermo è Leila Organa, meglio conosciuta come Principessa Leila appunto. Si tratta della donna numero uno dell’universo fantascientifico di Guerre Stellari, interpretata dalla mitica Carrie Fisher.

C’è poi chi non ha sangue blu ma semmai color ferro; è il caso di The Iron Lady, la Margaret Thatcher davvero d’acciaio (inossidabile) nei cui celebri tailleur si è calata Meryl Streep, ricevendo per questa sua interpretazione da chapeau il suo terzo Oscar.
Maryl Streep è una delle donne di Hollywood più potenti, sia sul set sia nello showbiz in generale. La sua filmografia conta innumerevoli ruoli di potere in gonnella, uno su tutti quello per cui ha indossato gonnelle d’alta moda. Stiamo parlando del suo personaggio Miranda Priestly ne Il diavolo veste Prada del 2006.

Qui interpreta la dispotica direttrice della rivista di moda Runway, un vero tiranno non solo con gli uomini ma anche con le donne che le capitano a tiro, come potrebbe confermare la povera Andy-Anne Hathaway che ne subisce di tutti i colori nel ruolo di sua assistente personale.
Un quadro desolante, quello di Andy vessata dal capo anche se donna, che ben definisce il ruolo dello Yang al lavoro (e non solo quando ai vertici c’è lo Yin: sempre più spesso si sente parlare di donne che mettono i bastoni tra le ruote e vessano sottoposte così come colleghe): pagata meno dei colleghi maschi, spesso bistrattata, sfruttata e, ahinoi, non di rado molestata, diciamo che la celebre frase “speriamo che sia femmina” non viene di certo pronunciata negli uffici delle risorse umane, almeno in questi ultimi tempi bui.
Tuttavia le donne cinematografiche e televisive al potere che sfociano nella mitica figura della Regina di Scozia in arrivo hanno tanto da insegnare a tutte. E a tutti, perché anche gli uomini devono cooperare con l’altro sesso per aiutarlo a raggiungere lo status di rispetto e indipendenza che per ora sembra avere come standard solo quello maschile. E, per citare la Mary Stuart impersonata da Saoirse Ronan: “Come siamo arrivati a questo?”
Secondo la studiosa dell'identità di genere Naomi Wolf, è stata la repressione sessuale della donna nei secoli a causare la sua difficoltà a esprimersi culturalmente e socialmente. Lo spiega bene nel suo saggio Vagina. Una storia culturale in cui emerge che l’organo sessuale femminile non è coinvolto soltanto nel desiderio carnale ma anche nella capacità di creare e pensare. Insomma: essere produttive non solo nel senso strettamente biologico. Il fatto di essere state represse sessualmente fin dai tempi della foglia di Eva avrebbe destinato tutte le discendenti della madre putativa del gentil sesso (detta anche Donna Sapiens...) a una vita in sordina, a essere fanalini di coda e a vivere nell'ombra di maschi. Per non dire schiacciate sotto ai loro piedi.

Un tempo il potere declinato al femminile era soltanto legato all’alto lignaggio: come Maria Stuarda, anche altre donne hanno potuto accedere alle stanze dei bottoni perché nelle loro vene scorreva sangue nobiliare. Un caso cinematografico indimenticabile è quello della Marchesa Isabelle de Merteuil, interpretata da Glenn Close ne Le relazioni pericolose del 1988.

Non si può parlare di stanza dei bottoni e donne che portano i pantaloni senza citare però il nome della Lady più strong del piccolo schermo: la First Lady (e non solo) Claire Hale Underwood, la moglie del protagonista Frank Underwood interpretata da Robin Wright in House of Cards - Gli intrighi del potere.

E anche la Katniss di Hunger Games, interpretata da Jennifer Lawrence, ha tanto da insegnare in materia di female power

Perché le donne, se messe nella posizione di poterlo fare, possono davvero fare tutto.
Citando ancora la Stuarda di Maria regina di Scozia, ciò che spesso serpeggia tra i pensieri di una donna è proprio questo: “Molte volte mi hai detto che non potevo fare ciò che ho fatto”.

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