Pertini il combattente: l'intervista a Giancarlo De Cataldo

Cinema

Massimo Vallorani

Giancarlo De Cataldo firma la regia, insieme a Graziano Diana, di Pertini – Il combattente, il documentario sul presidente più amato dagli italiani. Appuntamento, in prima tv, sabato 2 giugno alle 21.15 su Sky Cinema Uno e in contemporanea su Sky Cinema Cult
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Attivista, detenuto, partigiano, politico integerrimo e infine Presidente della Repubblica, il "più amato dagli italiani": questo e molto altro è stato Sandro Pertini, come racconta il nuovo film documentario Pertini - Il combattente. Scritto e diretto da Graziano Diana e Giancarlo De Cataldo e prodotto da Anele, in collaborazione con Altre Storie, Sky Cinema e Rai Cinema,arriva, in prima tv, sabato 2 giugno alle 21.15 su Sky Cinema Uno e in contemporanea su Sky Cinema Cult. Abbiamo incontrato Giancarlo de Cataldo, già autore del libro Il Combattente – Come si diventa Pertini, edito da Rizzoli 

Per uno come il sottoscritto che ha vissuto da semplice cittadino il momento magico della Presidenza di Sandro Pertini è inevitabile non emozionarsi guardando il bel film Pertini – Il combattente  (appuntamento, in prima tv, sabato 2 giugno alle 21.15 su Sky Cinema Uno e in contemporanea su Sky Cinema Cult). Scritto e diretto da Graziano Diana e Giancarlo De Cataldo, è stato prodotto da Sky Cinema e Altre Storie, in collaborazione con Rai Cinema. Abbiamo incontrato Giancarlo de Cataldo, autore del libro Il Combattente – Come si diventa Pertini”, edito da Rizzoli.

Quando è nata l'idea di dedicare un libro e poi un film a Sandro Pertini, visto che si tratta di un personaggio pubblico di cui si è molto scritto e discusso?
Prima del libro e poi anche del film esisteva già uno script scritto da Graziano Diana e Mario Almerighi. Un progetto che risaliva al 2003/2004 e mai realizzato. Quello che, però, mi ha spinto ad approfondire la figura di Sandro Pertini è soprattutto un ricordo legato alla mia famiglia. Mio padre era un vecchio socialista e i suoi fratelli, quando andavo a trovarli in Puglia, parlavano di politica e facevano sempre riferimento a delle mitiche figure di vecchi socialisti del passato: Nenni, Lombardi e naturalmente Pertini, quasi paragonandolo a un vecchio zio brontolone e rassicurante. Poi quando Pertini fu eletto Presidente della Repubblica, ventenne che a quel tempo lavorava in un radio privata, mi capitò di seguire la passeggiata che il neo-eletto Presidente fece a Roma da Fontana di Trevi al Palazzo del Quirinale, rompendo tutti i protocolli. Di quell'episodio ricordo l’impazzimento del servizio d’ordine e soprattutto le ali di folla entusiasta che accompagnava il passaggio di Pertini.

Un’altra Italia, lontana da quella attuale in cui i politici cercano in tutti i modi evitare il contatto diretto con la gente?
Sì, un’Italia sicuramente diversa che bisogna però contestualizzare: La classe politica usciva da un momento molto difficile: il terrorismo con il sequestro e il rapimento di Aldo Moro, una serie di impeachment di tre ministri della Repubblica che erano stati giudicati per lo Scandalo Lockheed dalla Corte Costituzionale, la crisi della presidenza della Repubblica con le dimissioni di Giovanni Leone e l’elezione di Pertini. Un momento nero della politica italiana che con uno scatto d’orgoglio elegge Sandro Pertini, un anziano di 82 anni ma con un passato irreprensibile e immacolato. 

Come si racconta la vita di un personaggio come Sandro Pertini?
Personalmente come se la si dovesse raccontare ad un giovane che di quel mondo non sa nulla, dove non c’erano cellulari né Internet, dove c’era l’Unione Sovietica e la divisione in blocchi. Insomma, lo sforzo è stato quello di raccontare, attraverso Pertini, la storia del Novecento attraverso dei canali meno tradizionali e paludati possibili, con la musica, le tavole di Andrea Pazienza, i fumetti e le animazioni.

Nel film viene fuori un Pertini molto variegato. Da soldato e poi ufficiale nella grande guerra, a socialista antifascista, da esule politico in Francia a capo partigiano, fino alla carriera politica che lo porterà alla presidenza della Repubblica. Lei quale preferisce?

Sono tutte facce di una stessa persona che poi sì è evoluta e cambiata nel tempo. Pertini dopo 15 anni di carcere era un capo partigiano deciso, al limite della spietatezza. Io ho cercato di immedesimarmi in Pertini immaginando cosa può aver significato per un giovane uomo essere incarcerato per le sue idee politiche, vedere i suoi amici fuggire in esilio o morire, in un mondo nella morsa nel nazi-fascismo, con la stragrande maggioranza degli italiani che osannavano le parole di Mussolini e bollavano Pertini come un pericoloso criminale e terrorista. Un uomo senza futuro a cui non è mai venuta meno la speranza e soprattutto la fede incrollabile nelle proprie idee che avrebbero, secondo lui, prima o poi trionfato. Un combattente la cui resistenza era ulteriormente maggiorata da una corazza interiore frutto di una fede incrollabile nelle proprie azioni. Ecco forse è quello che di Sandro Pertini ammiro di più, e l’ho sempre sentito come un esempio meraviglioso.

Lei per la realizzazione del film ha intervistato uomini politici e gente dello spettacolo per ricordare Pertini. In tutte queste testimonianze ha trovato un filo comune?
In tutte le persone iincontrate, dai politici ai giornalisti e anche da quelli che lo hanno conosciuto in vita ho potuto cogliere un duplice riferimento: il primo è la sua unicità e inimitabilità, come a dire che non potrà esserci mai più un personaggio come lui nel mondo politico italiano. Il secondo punto è un sottile riconoscimento alla sua alterità come un altro modo possibile di fare politica che in Italia non ha mai attecchito.

Sono rimasto sorpreso dalle affermazioni di Marcello Sorgi in cui afferma che in fondo Sandro Pertini è stato un presidente populista ante litteram. È d'accordo? 
Sul piano storico indubbiamente Marcello Sorgi ha ragione individuando in Pertini una sorta di germe populista. Ma attenzione: se Pertini nel suo settennato presidenziale scavalca tutte le mediazioni del mondo politico per rivolgersi direttamente al popolo lo fa perché sorretto da un’ideologia forte che è quella del socialismo storico, usato non contro la politica ma contro la “cattiva” politica.  Il suo è quasi un esempio, un monito contro la degenerazione delle istituzioni.

Secondo lei cosa farebbe oggi Pertini all’indomani degli ultimi risultati elettorali?
Riunirebbe i suoi e quelli che la pensano come lui e direbbe: “Compagni, abbiamo perso. Chi ha sbagliato a casa, rimbocchiamoci le mani e ricominciamo”. 

Tornando al film sono anche sorprendenti le affermazioni di Eugenio Scalfari, il quale afferma la volontà di Sandro Pertini di essere rieletto per la seconda volta alla presidenza della Repubblica. 
In ambienti informati era una cosa già nota. Tuttavia anche questo suo atteggiamento non deve essere considerato come presunzione. Pertini era convinto che soltanto lui potesse portare fuori dalle secche del terrorismo l’Italia d’allora. E con il senno di poi si può dire che anche se Pertini non fu rieletto per una seconda volta, l’esempio della sua vita, fuori e dentro la politica, è così forte che valeva la pena raccontarla ancora una volta. Per noi che l’abbiamo amato e soprattutto per tutti quelli che non hanno avuto questo privilegio. 

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