Rogue One: A Star Wars Story: la recensione

Cinema
Il poster di Rogue One: A Star Wars Story
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Nuovi personaggi e vecchie conoscenze. Jyn Erso e Darth Vader. L'alleanza Ribelle e L'Impero. Rogue One è un film dalla trama articolata che ci trasporta ancora una volta in una galassia lontana, lontana. Uno riuscito Spin-off della Saga di Star Wars, supportato da un ottimo cast e dalla brillante regia di Gareth Edwards.

in onda in prima tv Lunedì 16 ottobre alle 21.15  su Sky Cinema Uno (In multistart Sky su Cinema Hits alle 21.45 e In contemporanea su Sky 3D

 

 

di Paolo Nizza
 

" Le storie esistono solo nelle storie". Anche quando sono accadute tanto tempo fa in una galassia lontana lontana.

Così Rogue One: A Star Wars Story ci porta subito nello stato delle cose. Dopo la Vendetta dei Sith  e prima di New Hope. Ma senza titoli di testa che scorrono, come nei precedenti capitoli della Space Opera creata da George Lucas.


Siamo su Lah'mu, pianeta verde e freddo. Galen Erso (interpretato da Mads Mikkelsen) brillante scienziato si è nascosto, insieme a sua moglie Lyra e a sua figlia Jyn (Felicity Jones, una rivelazione), nella speranza di fuggire dal proprio destino. Ma qualcuno è venuto a prenderlo. Il vento soffia crudele e la morte riscuote i propri crediti perché una Morte ancora più grande e nera possa venire alla luce.


Già in questo prologo Rogue One mostra la sua natura oscura e molto poco disneyana. Come un tour operator galattico il film vagabonda tra Jedah, luna desertica e Mecca per i seguaci della Forza, e Scarif, paradiso tropicale affiliato all'Impero. Gli X Wings Starfighter dei ribelli e gli Striker imperiali si danno battaglia nei cieli di Rogue One. E la pellicola di trasfigura in vero e proprio proprio War Movie. L'arte della guerra, sospesa tra  At Act Walker e U-Wing, si impara a colpi di Blaster.

 

 

 

Come diceva Mao:" La rivoluzione non è un pranzo di gala". E i ribelli fanno del loro peggio. Il fine giustifica i mezzi. L'innocenza non abita qui. 

Basti pensare a K-2SO, titanico droide di sicurezza riprogrammato dai ribelli. Una sorta di nemesi dell'affettato e gaio C3PO. Un robot che fa della percentuale di riuscita di una missione una religione. O a Chirrut Îmwe, il guerriero non vedente devoto alla causa Jedi.


Insomma, la forza scorre in modo diverso in Rogue One. Lo sguardo allucinato e dolente  di Saw Gerrera (un intenso Forest Whitaker) , veterano della guerra dei Cloni e alleato dei ribelli è in fondo il nostro sguardo che ci ricorda quanto siano cambiati Hollywood e il cinema americano mainstream da quelle Guerre Stellari datate 1977.

Non a caso Variety a paragonato Rogue One ai documentari sulla guerra in Siria.

I conflitti reiterati e filmati con una stile da guerrila dal talentuso Gareth Edwards, già regista di Godzilla, sono la cartina di tornasole di un caos in cui è complesso orientarsi. Si spara tra palmizi che rimandano a giungle del Sud Est asiatico o del Centro America.

Anche nello spazio la musica è cambiato. E pure il compositore con Michael Giacchino al posto del mitico John Williams.

La certezza è che sarà la donna a salvare il mondo. "È lei che dissiperà del suo sorriso terrestre i vapori elettrici da fine estate del Pessimismo.", direbbe Laforgue.

 

E Jyn Erso è ancora risoluta e volitiva della Rey del Risveglio della Forza. Tant'è che non sfigura accanto al respiro iconico della più grande villain mai apparso sul grande  schermo, o al profilo arcigno di Peter Cushing, ancora nei panni del Grand Moff Wilhuff Tarkin, grazie alle magie del digitale.


Quindi in Rogue One:  A Star Wars Story si riscrive il passato per sognare il futuro, che certo non è più quello di una volta. Ma  quando a metà film si palesano due autentici brutti ceffi che ritroveremo nella cantina di Mos Eisley, la forza scorre potente nel cuore dei fan della saga. 

E' L'alba di un Nuova Speranza, di una nuova, ma anche antica ribellione.

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