Un “Genovese” al Giffoni Film Festival

Cinema
Paolo Genovese al Giffoni Film Festival 2016 - Foto Getty Images
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La nostra inviata a Giffoni, Sara Albani, ha incontrato Paolo Genovese, regista pluripremiato per il suo Perfetti Sconosciuti. Leggi l’intervista

di Sara Albani

Paolo Genovese sembra essere arrivato nel posto giusto: fresco del David di Donatello vinto per la miglior sceneggiatura di Perfetti Sconosciuti, a sua volta decretata miglior commedia anche ai Nastri d'Argento, il regista e sceneggiatore romano si sente a suo agio tra i ragazzi del Festival di Giffoni e quasi non vede l'ora di rispondere con forza e chiarezza alle loro piccole, grandi curiosità. Il perché lo spiega in conferenza stampa, dove l'annoso problema della crisi del cinema italiano (“Un'annata buona non basta a farlo rinascere, se rinasce è perché in realtà continua a morire”), può essere combattuta solo con una politica culturale adeguata, un'educazione all'audiovisivo da introdurre nelle scuole.
 

“Quanto più aumenti la base di un pubblico colto, in termini di audiovisivo, tanto più crei l'industria. Potrebbe essere uno strumento formativo eccezionale, ma non si educa più alla qualità: la pirateria non solo toglie circa il 30% del mercato a un film, ma abitua alla bassa qualità dell'immagine e del sonoro. Anche qui c'è una responsabilità delle Istituzioni: i ragazzi non riescono a percepire l'illegalità e questo è un problema per il cinema italiano".

Quando lo incontriamo la mente vola al tema del Festival, destinazioni, e viene spontaneo chiedere con quali film si potrebbero riempire le valigie dei giovani giurati. “Ce ne sono troppi! Ci sono dei film che sono stati in grado di raccontare la storia con ironia, con profondità, con leggerezza. Un esempio: la persecuzione ebraica. Dal film di Benigni che ha vinto l'Oscar, La Vita è bella, a Train de vie, film ironico meraviglioso e poi Schindler's List,  in grado di far capire una realtà storica molto meglio forse di quanto non abbiate fatto sui libri, con una professoressa noiosa che vi diceva soltanto date di nascita e di morte. Quindi le riempirei di tutti quei film in grado di raccontare e di farti appassionare, di farti conoscere una tragedia, un periodo storico. Attraverso alcuni film si può davvero capire moltissimo l'uomo”.
 

La nostra giovane inviata aspirante attrice gli chiede qual è la cosa che assolutamente non sopporta quando è al lavoro sul set: “Io sono sempre stato molto fortunato sui miei set, perché di solito è filato sempre tutto liscio. La cosa insopportabile, però, è quando arriva un attore che  non sa la parte. Perché quello è il tuo personaggio, la tua storia, non vedi l'ora di vederlo crescere e prendere forma e quando l'attore non la sa, balbetta, si scorda, si interrompe... ecco, quello è insopportabile! Perché voi vedete il film finito, perfetto, ma non saprete mai se per fare quella scena è stata buona la prima o ci sono voluti 40 ciak ed è stato necessario cucire parola per parola, ciak dopo ciak. Quelli sono attori letteralmente salvati dal montaggio”.
 

Per il prossimo futuro, invece, la destinazione di Paolo Genovese varcherà i confini nazionali. E non solo perché Perfetti Sconosciuti è partito alla conquista del mercato internazionale, dopo i 16 milioni di euro incassati al box office, oltre 2 milioni e mezzo di spettatori e l’apprezzamento trasversale di pubblico e critica. Ma anche per la sua prossima fatica cinematografica che sta iniziando a preparare, con un po' di ansia da aspettative, ma soprattutto con la responsabilità di utilizzare al meglio ogni nuova opportunità.
 

“Stranamente ho solo il titolo, Il primo giorno della mia vita. Non ci sarà l'amaro cinismo di Perfetti Sconosciuti, anzi sarà il contrario, sarà molto positivo. Probabilmente nasce come reazione a questo momento, in cui tutto il mondo sembra andare a fuoco. Ho voglia di fare un film sulla bellezza della vita. E secondo me per fare un film internazionale non c'è bisogno di andare fuori, il tema deve essere internazionale. Penso, ma non ho ancora deciso, di girarlo fuori dall'Italia perché ho bisogno di un crocevia di culture, dove l’interrazialità e la multiculturalità siano credibili. Un luogo come New York, Londra, Shangai. Il cast lo sto pensando, forse sarà un misto di italiani e stranieri, vedremo...”

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