L’attore inglese ha presentato al Giffoni Film Festival il suo film Io prima di te in arrivo in Italia il primo settembre (e preceduto da anteprime il 17 agosto): affronta il delicato tema dell'eutanasia. Diventato famoso per la saga Hunger Games, Sam Claflin ha da poco terminato le riprese di My cousin Rachel con Rachel Weisz. Lo abbiamo incontrato e intervistato
di Fabrizio Basso
(Inviato a Giffoni Valle Piana)
Ci farà emozionare, ci farà riflettere. E sì, probabilmente ci farà anche piangere. Lo farà dopo l’estate con Io prima di te, tratto dal libro Me before You di Moyes Jojo. Lui è Sam Claflin ed è ospite del Giffoni Film Festival, dove ha presentato il suo ultimo film, griffato Warner Bros, che in Italia arriverà a settembre. Lo abbiamo conosciuto ne Il pirata dei Caraibi – Oltre i confini del mare ma il successo è arrivato con la saga di Hunger Games. Lo abbiamo incontrato a Giffoni 2016.
Sam Claflin le serie Tv sono il nuovo cinema, basti pensare a Kevin Spacey in House of Cards: ne è attratto?
Amo la televisione e amo assolutamente le serie televisive. Amo House of Cards ma la lista sarebbe lunga. Sono qualcosa di importante oggi: imparare a conoscere bene un personaggio funziona meglio in più puntate, un po' meno in due ore di film. Riesco a sedermi sul divano con mia moglie e ci appassioniamo a personaggi interessanti.
In quale vorrebbe essere coinvolto?
I personaggi interessanti sono già stati presi ma partecipare a House of Cards o Il Trono di Spade mi piacerebbe. Ma la cosa fondamentale è che siano credibili i personaggi. Al di là del genere.
Il suo ruolo in questo film è quello di un paraplegico: come lo ha vissuto?
Non bisogna mai giudicare il personaggio a priori. Bisogna cercare di amarlo. Io ho condiviso le sue scelte, lo ho amato. Ho fatto ricerche sul tema dell’eutanasia.
Per il suo stato comunica solo con gli occhi, una recitazione molto impegnativa.
E’ stato il ruolo più difficil nella mia carriera. Si comunica con le mani e col corpo, stavolta ho dovuto imparare a comunicare con gli occhi, mi ha fatto più penare. Non è semplice entrare in una visione del genere.
Negli Stati Uniti c’è stata una polemica forte sulla scelta finale, lei come ha attraversato i dibattiti, a volte anche crudi?
Non credo che i valori borghesi abbiano condizionato la scelta finale. Ho incontrato persone che vivono situazioni di disagio, ognuno vive a suo modo il dramma. Il protagonista del film si vedeva costretto a vivere una vita che non era vita. Io stesso non so cosa farei in quel frangente, sono situazioni estreme che grazie a Dio riguardano pochi. Va anche considerata la sofferenza della famiglia, di chi sta intorno. Nel film si aggiunge il padre innamorato di un’altra donna, la madre fredda…non devono stare insieme per lui, lui ha la percezione invece che la crisi matrimoniale sia sopportata per non dargli ulteriori problemi.
Sappiamo che è un mancato calciatore: per chi tifa?
Tifo per il Norwich City che quest’anno è retrocesso. Anche agli europei è andata male. Basta col calcio.
Si parla di un progetto di film sul calciatore maledetto Robin Friday.
La prima rockstar del mondo del calcio, anche un po’ alcolizzato. Ne stiamo parlando, sono affascinato da quel personaggio.
E’ d’accordo sull’eutanasia?
Non so quale sia la mia posizione, se dovessi scegliere. Qualunque scelta scontenterebbe qualcuno. Ho incontrato persone che vivono in situazioni di forte disagio: la cosa fondamentale è la possibilità di decidere per la propria vita. Non dico che sia una cosa giusta, ma che è giusto poter decidere della propria vita.
Il suo angelo custode nel film è Luisa Clark, interpretata da Emilia Clarke.
Emilia Clarke è un personaggio particolare, è stravagante. E’ maldestra. E’ impossibile non trovarsi in simpatia con lei. Le prima volte che abbiamo girato insieme dovevo essere duro con lei per copione invece mi restava difficile non sorridere.
Nella vita le è mai successo qualcosa che le ha tolto il disincanto?
Troppe volte diamo per scontate molte cose, non vediamo quanto la vita sia bella. Io sono fondamentalmente cinico, quando siamo da soli in una stanza a pensare capiamo di esserlo. Questo film mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto capire quanto sono felice della mia vita.
C’è un momento della sua vita che la ha molto cambiata?
Non in specifico o almeno ora non lo ricordo. Sono fortunato, mai accaduto nulla per cui altri siano dovuti intervenire ad aprirmi gli occhi. Anche se la mia famiglia e gli amici mi aiutano.
Se la scelta finale del film è l’eutanasia, tutti quelli che stanno male sono legittimati a seguire quella strada?
Ognuno di noi è connesso al mondo in modo diverso. Sul set avevamo persone per parlare di queste situazioni. Una infermiera raccontò che un giorno andarono da lei due persone: un lord e un ragazzo senza fissa dimora entrambi paraplegici. Il lord iniziò a trattare tutti male, bestemmiare e non aveva più voglia di vivere. Il ragazzo che non aveva nulla ed era in quello stato perché era stato picchiato ha detto di avere capito il motivo per cui è nato: ora fa discorsi motivazionali per convincere le persone a vivere, la sua vita è cambiata in meglio.
Il suo personaggio?
Ha deciso autonomamente. L’importante non è cosa si sceglie, ma avere una scelta. La legge, in questo campo, oggi costringe a vivere. Ecco perché la scelta è il vero bene. Il film evidenzia le possibilità che ha una persona paraplegica, ma lui ormai aveva deciso.