Da Tex a Spider-Man, il meraviglioso mondo di Tito Faraci

Cinema
Uno scatto che ritrae Tito Faraci
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In occasione del lancio del canale Sky Cinema Heroes, dal 18 aprile al 5 maggio (posizione 304 di Sky), abbiamo intervistato uno degli autori più affermati nel campo della sceneggiatura per fumetti, avendo lavorato per Disney, Bonelli Editore e Marvel

di Paola Tribisonna


Ha scritto storie per Tex, Topolino, l'Uomo Ragno, Paperinik, Diabolik, Lupo Alberto, Dylan Dog, Devil & Capitan America, Nick Raider e Magico Vento. Tito Faraci, di professione sceneggiatore di fumetti, è uno dei maestri del mestiere. Da metà degli anni '90 a oggi, la sua penna ha creato alcune delle storie più belle e appassionanti del mondo dei comics. Dal suo estro e dalla sua spiccata creatività sono nati i personaggi di Rock Sassi e Brad Barron. Tra le sue collaborazioni illustri, quelle con Giorgio Cavazzano (che Faraci definisce "il mio mentore") e con Alessandro Baricco.

É stato uno dei primi autori ad essersi confrontato con i personaggi dei comics statunitensi e, insieme a Giorgio Cavazzano, ha realizzato l'Uomo Ragno - Il segreto del vetro. Che esperienza è stata?
Un'avventura incredibile, inaspettata per quei tempi. É stata la dimostrazione di quanto la scuola italiana del fumetto sia conosciuta e rispettata all'estero. Del resto, insieme agli Stati Uniti, alla scuola franco-belga e alla tradizione dei manga, l'Italia è un baluardo mondiale del fumetto e gli autori hanno ottenuto una forte credibilità internazionale. La storia dell'Uomo Ragno è ambientata a Venezia, tra avventure e giochi di maschere.

Poi è stata la volta di Devil & Capitan America, altri due personaggi della Marvel.
Sì, in quel caso ho avuto il privilegio di lavorare con Claudio Villa, disegnatore delle storiche copertine di Tex Willer. La storia si intitola Doppia Morte ed è ambientata a New York.
É stato un po' come vendere ghiaccio agli eschimesi!

Da lettore come si è accostato alle avventure dei supereroi?
La mia nascita come lettore di fumetti è cominciata proprio con i supereroi. Il primo fumetto che ho comprato coscientemente in edicola, all'età di sette anni, è stato Devil. Dalla lettura dei supereroi ho imparato un certo modo di raccontare, che mi è rimasto nel sangue: il racconto da dentro, che mira a svelare cosa c'è dietro la maschera. In fondo, tutti i supereroi della Marvel sono accomunati dalla difficoltà di conciliare la loro dimensione 'eroica' col fatto di essere persone tutto sommato normali.

Il legame tra cinema e fumetto supereroico sta vivendo un momento molto fortunato. Il linguaggio cinematografico, secondo lei, ha saputo esaltare o appiattire le figure dei supereroi?
Ci sono state trasposizioni filmiche più o meno felici, però non mi preoccupa minimamente il rispetto dell'originale, perché quello dev'essere in primis nei confronti dello spettatore. La vera svolta si è avuta con gli effetti speciali. In questo senso, il primo film che associo ai supereroi è stato Matrix, nonostante non appartenga a quel genere. Quella è stata la prima volta in cui ho visto un uomo volare e ci ho creduto, mi sono immedesimato in lui, seguendo con apprensione la sua storia.

Le avventure dei supereroi si sono evolute negli anni da letture per ragazzi a storie più trasversali. La sensazione è che oggi gli eroi ti lascino davanti a una domanda etica irrisolta piuttosto che venderti risposte preconfenzionate. É così?
É una questione complessa, che affonda le sue radici negli anni '60, quando i supereroi della Marvel, progettati per avere più domande che risposte, rappresentavano la difficoltà di trovare un'identità, perennemente scissi tra essere e dover essere. É un mondo dove ci sono mille dubbi, di tipo etico senz'altro - la difesa di una giustizia che però non è la legge, il rapporto tra il pubblico e il privato, ecc. - ma non riscontro una differenza sostanziale con le pellicole più recenti rispetto al confronto con questi grandi temi. Si tratta di questioni che attraversano tutta la storia dei supereroi, dagli albori a oggi.

Ha sceneggiato fumetti molto diversi, da Tex a Diabolik, da Dylan Dog a Topolino. Quanto è difficile adattarsi a personaggi, storie, contesti così distanti tra loro?
É come giocare a scacchi: sai che le pedine si muovono secondo regole ben precise. Io ho cambiato generi, editori, personaggi, ma quello che resta immutabile è uno stile riconoscibile, un certo modo di guardare le cose.

Ha lavorato praticamente ovunque. Se potesse scegliere, quale "figurina" aggiungerebbe alla sua collezione?
Mi piacerebbe scrivere una storia di Superman, anche se non credo sarà possibile.

Nella sua carriera si è dedicato anche alla narrativa. Com'è stato il passaggio dalla sceneggiatura per fumetti alla stesura di un romanzo?
É come una discesa nelle viscere del racconto. La sceneggiatura è un tipo di scrittura fredda, meccanica, sai che devi dare delle istruzioni a un disegnatore che tradurrà in immagini la tua storia. Nella narrativa si instaura un rapporto molto più intimo e quello che scrivi è ciò che leggerà il lettore.

Crede che il futuro del fumetto sia rappresentato dalla realtà aumentata?
Guardo con fiducia a queste evoluzioni nel mondo digitale. Va chiarito che il supporto è sempre stato fondamentale, la pagina che giri assolve a una precisa funzione narrativa, così come la posizione delle vignette nella pagina, tuttavia se un fumetto è progettato già in partenza su un mezzo diverso si "appropria" delle caratteristiche di quello strumento e il risultato non può che essere positivo.

Il 26 dicembre 2011 si è spento Sergio Bonelli, una figura centrale nella sua vita di uomo e di professionista. Qual è l'insegnamento più prezioso che le ha lasciato?
L'importanza dei dettagli, rispondo d'istinto e sono certo di non sbagliare. Per lui i dettagli, al pari delle persone, meritavano massimo rispetto e attenzione.

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