Secondo Wired Usa, il nuovo film di Spike Jonze descrive l’evoluzione tecnologica meglio della nota pellicola fantascientifica di Spielberg. Tra dispositivi invisibili e comunicazioni fluide, ecco come l’intelligenza artificiale cambierà le nostre vite
Non ci sono le interfacce multitouch e gli scanner biometrici che ci avevano meravigliato quando è uscito Minority Report (e sono poi diventati realtà). Né tutti quei droni e ologrammi in 3D che presto invaderanno le nostre vite. Ma Her, l’ultimo film di Spike Jonze in corsa per gli Oscar con ben 5 nomination promette di influenzare il nostro futuro hi-tech molto più di tanti capolavori fantascientifici. E, questo nonostante sia un film che più low-tech di così sarebbe difficile immaginare: i gadget sono sempre invisibili e ridotti all’essenziale; i protagonisti non sono affatto cyborg, ma sembrano avere una relazione del tutto naturale e fluida con la tecnologia; la stessa Samantha, sistema operativo di intelligenza artificiale a cui ha prestato la voce Scarlett Johansson (per questa interpretazione l’attrice è stata già premiata al Festival di Roma), non ricorda nemmeno lontanamente gli attuali assistenti virtuali vocali come Siri.
Per quanto possa sembrare paradossale, proprio per questi motivi la pellicola di Jonze è destinata ad avere un impatto ancora più forte sull’evoluzione tecnologica. A sostenerlo è Wired Usa in un lungo articolo che analizza la presenza della tecnologia in Her, anche a partire dalle considerazioni di KK Barrett, production director della pellicola che in passato ha già “ricreato i mondi” di film come Lost in Translation, Marie Antoinette e Nel paese delle creature selvagge.
Spike Jonze’s "Her" will have a bigger influence on UI design than "Minority Report" ever did. Here's why: http://t.co/9Q2i5cMaQE
— WIRED (@WIRED)
January 14, 2014
Low-tech - Per quanto fantascientifico, non è di certo un futuro roboante quello immaginato da Jonze. Anzi, i protagonisti lavorano ancora seduti a una scrivania di fronte a uno schermo.
Il gadget più futuribile è l’auricolare con cui il protagonista parla con il proprio sistema operativo. Ma anche qui niente di particolarmente elaborato. Anzi, si tratta di un gadget minimale, molto più semplice di tanti wereable che già si trovano in commercio.
Invisibile - Come ha spiegato a Wired KK Barrett: “Abbiamo deciso che il film non doveva essere sulla tecnologia. E se lo era, la tecnologia doveva essere invisibile. Ma non nel senso di un pezzo di vetro”. I gadget, infatti, si vedono in moltissimi momenti del film, ma sono così ben integrati con le scene e le vite dei personaggi che quasi non si notano. Secondo Wired, è questo il futuro in cui “una nuova generazione di designer e consumatori ha accettato che la tecnologia non deve essere fine a sé stessa - è il mondo reale che dobbiamo iniziare a connettere”.
Ecco quindi l’appartamento del protagonista non ostentare nessuna applicazione da “smart home”. Semplicemente le luci si accendono e si spengono ogni volta che lui entra o esce da una stanza. In maniera del tutto fluida.
Dispositivi - Oltre all’auricolare, anche lo schermo portatile utilizzato dal protagonista per visualizzare le chiamate o condividere i video non ha nulla di futuristico. Anzi, con la sua protezione metallica sembra più un gadget retrò, in stile steampunk minimale, che non un oggetto in arrivo dal futuro. Anche in questo caso, l’obiettivo della regia era concentrarsi più sugli effetti della tecnologia sulle nostre vite che non sui gadget di per sé. “Gli smartphone sono molto avanzati, ma al tempo stesso sono anche arretrati - ha spiegato Barrett - Richiedono troppa attenzione. Non è bello stare sempre attaccatti a loro. Vogliamo essere liberi”. E così il protagonista guarda allo schermo solo quando c’è effettivamente bisogno. Per tutto il resto c’è la voce.
Intelligenza artificiale - E proprio il rapporto tra il protagonista e il sistema operativo di intelligenza artificiale rappresenta il clou del film. Non a caso Jonze ha scartato altre visioni fantascientifiche delle interfacce utente (come quelle basate sui gesti) per preferire lo strumento meno invasivo e più naturale che possediamo: la voce. Una scelta, questa, che si è rivelata azzeccata anche per la regia che si è così potuta liberare dalla necessità di inquadrare sempre lo schermo e riprendere il protagonista nelle sue interazioni con Samantha negli scenari più diversi tra loro (compresa una spiaggia infuocata estiva).