Dopo aver assistito a una proiezione di "Hugo Cabret" di Martin Scorsese, un uomo privo della visione stereoscopica ha acquistato la capacità di percepire le tre dimensioni: possibile pensare a un uso terapeutico del 3D?
Martin Scorsese si è più volte dichiarato un fan convinto dei film in 3D. Ma di certo non poteva aspettarsi che con
Hugo Cabret sarebbe arrivato fino a tanto: restituire il senso della tridimensionalità a un uomo privo della visione stereoscopica, come
è avvenuto a febbraio a una proiezione del suo film.
Partiamo con ordine: Bruce Bridgeman, 67 anni, neuroscienziato, è dalla nascita privo della visione stereoscopica, ovvero della capacità di percepire il mondo in tre dimensioni. Questo difetto della vista - di cui soffrono, tra l'altro, tutte le persone orbe - è da ricollegare nel suo caso a un occhio difettoso. La visione tridimensionale, infatti, è possibile perché il cervello combina gli stimoli leggermente differenti provenienti da entrambi gli occhi. Bridgeman è sempre vissuto, quindi, in un mondo "piatto".
Un giorno, però, sua moglie gli chiede di accompagnarlo a vedere il nuovo film di Scorsese a una proiezione in 3D. Pur sapendo che nel suo caso il supplemento per il biglietto sarà sprecato, l'uomo accetta e i due si recano al cinema. Durante la proiezione, indossati gli appositi occhiali, Bridgeman si rende conto di percepire le immagini del film come mai gli era capitato prima, riuscendo a distinguere la profondità di campo. E non finisce qui, perché l'effetto continua anche una volta terminata la proiezione, usciti dal cinema, dove il mondo gli appare sotto una nuova luce.
Miracolo da santuario di Lourdes? Ovviamente no. La spiegazione non è certo semplice, ma a quanto pare le immagini di Hugo Cabret avrebbero stimolato la capacità stereoscopica di Bridgeman, che si suppone possa avere già vissuto un'esperienza di visione in tre dimensioni in passato, stabilendo così i corretti collegamenti neurali, come se quindi ne fosse dotato in potenza.
L'uomo, insomma, aveva bisogno di uno stimolo che facesse riaffiorare questa capacità. Nel caso di un occhio del tutto danneggiato, quindi, un effetto simile non sarebbe pensabile. Né è facile stabilire in che misura si possa "allenare" una vista difettosa con il 3D. Ma questo caso fa emergere sicuramente prospettive interessanti, che andranno approfondite. E soprattutto, fa sognare quanti siano da sempre convinti che nel cinema ci sia davvero qualcosa di speciale.
Partiamo con ordine: Bruce Bridgeman, 67 anni, neuroscienziato, è dalla nascita privo della visione stereoscopica, ovvero della capacità di percepire il mondo in tre dimensioni. Questo difetto della vista - di cui soffrono, tra l'altro, tutte le persone orbe - è da ricollegare nel suo caso a un occhio difettoso. La visione tridimensionale, infatti, è possibile perché il cervello combina gli stimoli leggermente differenti provenienti da entrambi gli occhi. Bridgeman è sempre vissuto, quindi, in un mondo "piatto".
Un giorno, però, sua moglie gli chiede di accompagnarlo a vedere il nuovo film di Scorsese a una proiezione in 3D. Pur sapendo che nel suo caso il supplemento per il biglietto sarà sprecato, l'uomo accetta e i due si recano al cinema. Durante la proiezione, indossati gli appositi occhiali, Bridgeman si rende conto di percepire le immagini del film come mai gli era capitato prima, riuscendo a distinguere la profondità di campo. E non finisce qui, perché l'effetto continua anche una volta terminata la proiezione, usciti dal cinema, dove il mondo gli appare sotto una nuova luce.
Miracolo da santuario di Lourdes? Ovviamente no. La spiegazione non è certo semplice, ma a quanto pare le immagini di Hugo Cabret avrebbero stimolato la capacità stereoscopica di Bridgeman, che si suppone possa avere già vissuto un'esperienza di visione in tre dimensioni in passato, stabilendo così i corretti collegamenti neurali, come se quindi ne fosse dotato in potenza.
L'uomo, insomma, aveva bisogno di uno stimolo che facesse riaffiorare questa capacità. Nel caso di un occhio del tutto danneggiato, quindi, un effetto simile non sarebbe pensabile. Né è facile stabilire in che misura si possa "allenare" una vista difettosa con il 3D. Ma questo caso fa emergere sicuramente prospettive interessanti, che andranno approfondite. E soprattutto, fa sognare quanti siano da sempre convinti che nel cinema ci sia davvero qualcosa di speciale.