Cinema italiano: da non professionisti a protagonisti

Cinema
Antonio Frasca e Maurilio Giaffreda in una scena di Cesare deve morire
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Con "Cesare deve morire", interpretato dai detenuti di Rebibbia, i Fratellli Taviani hanno vinto l'Orso d'oro a Berlino. Ma da Rossellini a Visconti, da Pasolini a Garrone, gli attori per caso sono stati spesso al centro di molti capolavori made in Italy

di Paolo Nizza

La star  francese Sacha Guitry diceva: "Tutti gli uomini sanno recitare, tranne alcuni attori.”.
Al di là della boutade, il cinema italiano è spesso passato alla storia grazie a chi si è trovato per caso o per necessità davanti a una macchina da presa.

E’ accaduto con Cesare deve morire, l’opera con cui Paolo e Vittorio Taviani hanno vinto l’Orso d’oro di Berlino. 21 anni dopo La casa del sorriso, l’Italia torna a trionfare a Berlino grazie a un film in cui i protagonisti sono i detenuti del carcere di Rebibbia, impegnati a recitare il Giulio Cesare di Shakespeare tra le mura del penitenziario romano. E per usare le parole dei Taviani "Entrare nel profondo di un’opera come questa significa guardare dentro se stessi: soprattutto quando si lasciano le tavole di un palcoscenico per tornare a chiud
dentro le pareti di una cella. "



D’altronde l’utilizzo di attori non professionisti nella cinematografia di casa nostra ha radici antiche.

Basti pensare al neorealismo ("La matrice della modernità cinematografica" come scrisse Domenec Font), ai pescatori di Aci Trezza, voluti Da Visconti per La terra trema, ai 6 episodi di Paisà diretti da Roberto Rossellini. Proprio il regista di Roma città aperta dichiarava: “Al fine di creare realmente il personaggio che uno ha in mente, è necessario che il regista si impegni in una battaglia con i suoi attori, che normalmente finisce con la sottomissione ai loro desideri. Siccome non voglio sprecare le mie energie in questo tipo di battaglia, io uso attori professionisti solo occasionalmente”.

E che dire di Vittorio De Sica che per Ladri di biciclette preferì Lamberto Maggiorani a Cary Grant, perdendo i soldi degli investitori americani.

Anche Pier Paolo Pasolini ha evidenziato la sua propensione per la non professionalità come spiega in un’intervista a Filmcritica: "La ricerca dell'attore è la cosa che più mi prende perché in quel momento io verifico se le mie ipotesi sono state arbitrarie: cioè se a una fisionomia che ho immaginato, corrisponde effettivamente il carattere che immagino debba avere. Quando ho bisogno di giovani attori, che siano scanzonati, furbi, smaliziati, ma ancora un po' incerti e un po' buffi, non cerco i giovani attori appena usciti dall'Accademia che rifacciano magari a stento il verso a quelli che invece vivono in una borgata di periferia e sono realmente così”.

Pure Federico Fellini da Un amore in città a Prova d’orchestra usò attori non professionisti senza contare che film come La dolce vita o Satyricon sono un’epifania di visioni di volti, corpi, facce, prese dalla strada.

Parimenti Ermanno Olmi vinse una Palma d’oro a Cannes con L’albero degli Zoccoli interpretato da contadini e gente della campagna bergamasca senza alcuna precedente esperienza di recitazione. E per la sua Baaria, Giuseppe Tornatore scritturò ben 147 attori non professionisti.

Tornando a Cesare deve morire, non è la prima volta che la popolazione carceraria diventa protagonista del grande schermo. Alcuni detenuti di Rebibbia sono tra gli attori di Fatti della Banda Magliana. Davide Ferrario in Tutta colpa di Giuda affianca a Luciana Littizzetto i detenuti del braccio VI delle Vallette a Torino. In Mery Per sempre Marco Risi racconta il carcere minorile di Malaspina mescolando fiction e storie vere.
Mente le produzioni televisive Residence Bastoggi e Reparto Trans hanno portato sul piccolo schermo la vita di chi vive dietro le sbarre.

Gli attori presi dalla strada protagonisti di Gomorra hanno, invece, subito un percorso inverso. Cinque attori che hanno partecipato al film di Garrone sono stati arrestati, in un disturbante cortocircuito tra set e realtà.
E forse non è un caso che i detenuti protagonisti dei film dei fratelli Taviani declamino nel loro dialetto di appartenenza il celebre “Amici, romani, concittadini, prestatemi le vostre orecchie; sono venuto a seppellire Cesare, non a tesserne l'elogio. Il male che gli uomini compiono si prolunga ... ” e le altre memorabili battute scritte da Shakespeare. Il bardo lo sapeva bene: “tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne sono soltanto degli attori, che hanno le loro uscite e loro entrate.” Anche quelli che non usciranno più.

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