
Il cantautore, reduce dal terzo posto al Festival di Sanremo con L'albero delle noci, si racconta al vicedirettore di Sky Tg24 Omar Schillaci. “L’albero delle noci non è solo una canzone per mia figlia, ma anche per chi si sente ancora figlio ed è diventato padre". Venerdì 7 marzo alle 21 su Sky Tg24, sabato 8 marzo alle 13:45 su Sky Arte. Sempre disponibile on demand
È Dario Brunori, in arte Brunori Sas, il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Francesco Venuto, il cantautore e compositore si racconta in “Brunori Sas – Volevo essere Superman”. In onda venerdì 7 marzo alle 21:00 su Sky TG24, sabato 8 marzo alle 13:45 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand.
Reduce dal successo riscosso all’ultimo Sanremo, con un nuovo album e un nuovo tour alle porte, Brunori si presenta cominciando a parlare proprio del pezzo portato al Festival, L’albero delle noci, dichiaratamente dedicato alla sua primogenita Fiammetta e volto a monetizzare le lacrime delle persone: “Il disco in generale è una valle di lacrime, questa canzone in particolar modo, ma questo per il mio volere di lanciare il mio nuovo brand di fazzoletti e di raccogli lacrime” ha ironizzato. Il pezzo, però, allude anche a quella linea sottile che separa, in tutti, noi il diventare genitori dal restare per sempre figli: “In principio la canzone l'ho scritta proprio pensando di omaggiare quest'albero che sta di fronte a casa mia, poi come spesso accade ho scritto il primo verso ed è venuto fuori un fiume. Da una parte volevo fare la canzone per la figlia, come penso tutti i papà che cantano, però volevo anche chiaramente che non fosse così palese, quindi volevo prendere questa nascita come pretesto per parlare in generale delle rinascite, non solo delle luci, ma anche in qualche modo delle ombre e dell'inquietudine che c'è sempre, appunto, quando ancora non ti senti pronto o quando ancora ti senti figlio ma devi essere padre”. Quanto al motivo che lo ha spinto a partecipare a Sanremo, Brunori ha dichiarato: “C'ero stato come ospite degli Zen Circus nel 2019 e mi era sembrato un delirio, poi come sempre mi contraddico. Altra motivazione è l’aver lavorato con Sinigallia ad un disco per così tanto tempo con così tanta cura, al punto che temevamo che un mondo moderno, contemporaneo, in qualche modo prendesse quest'opera così e in 3-4 giorni la cosa si sarebbe esaurita. Quindi ci siamo detti di dover andare a Sanremo almeno per dare risalto a questo disco”. E poi ancora, nella lunga intervista, i ricordi, i successi, i dolori, la poesia e tanta, tanta ironia.

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Facendo un passo indietro, la storia di Dario Brunori inizia a Ioggi: “Ho avuto diverse case, ma per me la prima casa Brunori è a Ioggi, dove c'eravamo io, Alessandro e Nino, che sono i miei fratelli, mamma e babbo, anche se babbo un po' poco perché lavorava dalla mattina alle sette, tant'è che mio padre, mi ricordo proprio che ciò avvenne in prima media, una volta tornando una domenica mi disse ‘ma tu chi sei?’ e lì ho capito che evidentemente aveva frequentato poco casa e si era perso questo fatto del terzo figlio”. Riguardo ‘Guardia ’82’ e il suo primo album e la scelta di chiamarlo ‘Volume Uno’, ha poi detto che per il nome “c’è stato un brainstorming, abbiamo coinvolto le migliori menti di marketing che all'epoca lavoravano ovviamente per noi, considerato che è un disco che comunque aveva una produzione costosissima. Tra l’altro, in questo video c'è il maledetto Giacomo Triglia, che poi ha sempre girato i miei video, che ha pubblicato un backstage dove io cado rovinosamente da quella barca. Prima non riesco a muoverla, dato che remo in maniera sbagliata, poi addirittura hanno dovuto chiamare un sub in modo che in quella scena sembri che io stia remando e in un altro cado rovinosamente in acqua”. Su che tipo di bambino era nel 1982, ha poi spiegato che sua mamma lo “chiamava Mario Merola, nel senso che appena avevo il minimo male piangevo. Ero un po' piagnucolone, a Cosenza si dice ‘puppuso’. Inoltre, ero un bambino giocoso, questo me lo ricordo, mi è sempre piaciuto giocare, anche giocare da solo con creatività. Facevo ridere, ricreavo scenette e mi travestivo”. Continuando, Brunori si apre anche spiegando che cosa sognava di diventare da bambino: “Mi sta venendo in mente una cosa incredibile, cioè che mamma, che ha sempre provato a darci un'educazione cattolica, nel mese di maggio, quando c’era il mese della Madonna, innalzava un altarino in casa e noi eravamo obbligati a partecipare almeno a uno di questi rosari lunghissimi. Io mi ricordo che mamma sperava che noi desiderassimo la salute o la pace nel mondo, mentre io desideravo diventare Superman”. Parlando invece del suo secondo album, che ha segnato l’inizio di collaborazioni importantissime come quelle con Dente e Dimartino: “Inizio a frequentare queste persone e come sempre accade non c'è solo un’intesa da un punto di vista artistico, ma anche umano, per cui diventiamo amici. Io ho sempre scelto le collaborazioni non solo sul criterio dell'amicizia, ma anche pensando a cosa quell'artista possa dare a questa canzone” ha spiegato. Rimanendo in tema amicizia, impossibile non citare la sua prima etichetta discografica, ovvero ‘Picicca Dischi’, creata insieme alla sua compagna Simona e al suo carissimo amico Matteo Zanobini “che è manager e amico, il mio primo compagno di merenda, il mio primo compagno musicalmente. È stato il personaggio che mi ha completamente cambiato”. Nell’intervista c’è spazio anche per il racconto personale, con la gestione delle critiche, del dolore e delle paure. Riguardo, invece, al dolore provato per la scomparsa di suo padre, Brunori ammette: “La mia reazione è stata quella di lavorare al posto suo, prendendo il suo ruolo e a volte anche le sue modalità. Ho reincarnato mio padre per un anno e mezzo della mia vita. Anche oggi, nei mesi che hanno preceduto Sanremo, ho ricominciato a sognare mio padre, quindi in lui vedevo, come è normale che sia, una figura di protezione”. Parlando poi di ‘Cip!’, il suo quinto album, Brunori si sbilancia: “Per questo titolo ci è voluto davvero tempo, dato che ‘Cip!’ comunque è sintesi, senza ironia, è capacità di sintesi. Uno dei titoli più belli della discografia italiana presente, passata e, oserei dire, anche futura”. Tra le canzoni più iconiche di questo album c’è ‘Per due che come noi’: “E’ una canzone da matrimonio, lo abbiamo detto, è la mia ‘Lauretta mia’, che adesso va nei matrimoni. Ho questa canzone che mi salva veramente quando sono in quei contesti in cui mi vogliono fare cantare nei matrimoni. Mi gioco sempre questa”. Infine, spiega che papà si sente di essere: “Adesso sento di aver raggiunto una bella capacità come papà, dato che all’inizio mi arrabattavo, non capivo bene come funzionava. Adesso c’è più interazione, la sto obbligando a suonare il piano, perché penso che sia giusto. Non seguo la pedagogia, io voglio che patisca tutto quello che ho patito io” ha concluso sorridendo.