Paolo Cantù: “Cultura, qualità e spettacolo portano pubblico e stupore"

Spettacolo
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Il direttore de I Teatri di Reggio Emilia fa in punto della situazione sul 2024 e confida alcune anticipazioni sull’anno che verrà. Missione compiuta, anzi oltre le aspettative, per il Festival Aperto. L’INTERVISTA

Archiviato, con soddisfazione, il successo del Festival Aperto che ancora una volta ha dimostrato quanto senza nomi di richiamo si possa essere catalizzatori di cultura e di stupore, Paolo Cantù, direttore de I Teatri di Reggio Emilia, ci accompagna, attraverso il passato recente, verso un mondo teatrale dove sempre più trainante sarà la fidelizzazione, ovvero muoversi in una direzione dove è la fiducia a tessere la tela. Ma c’è anche una nuova sfida da intraprendere: il teatro è uno spazio pubblico e in quanto tale deve essere desiderabile da chiunque.

Direttore partiamo dal Festival Aperto che anche nel 2024 ha fatto numeri importanti.
Siamo particolarmente soddisfatti, quest’anno la sensazione è che il lavoro fatto come direzione artistica e posizionamento si sia ulteriormente consolidato. Il Festival Aperto è un interlocutore ambito, ci vengono a cercare. Era una missione del mio mandato. A livello nazionale è tra i più interessanti, è un valorizzatore di contaminazioni.

Quale è l’elemento che fa la differenza?
La cosa più importante è il pubblico, dietro c’è un lavoro di fidelizzazione, c’è gente che ci segue sulla fiducia senza nomi di richiamo. Cito per tutti Euripides Laskaridis col suo cabaret espressionista con tanto teatro, ironia, surrealismo, follia), Catherine Gaudet, artista canadese ancora poco conosciuta in Italia e poi c’è la Compagnia Cinese, per la prima volta Reggio e che qui era stata solo alla Biennale di Venezia dei TAO Dance Theater che hanno riempito il Teatro Ariosto.

Come commenti la risposta del pubblico?
Siamo consapevoli che è un pubblico fidelizzato ma ne arriva anche da fuori, dalla tratta Milano-Bologna e pure un po’ da Firenze. Qui funziona tantissimo la domenica pomeriggio e possiamo dire che è uno dei motivi per i quali muoviamo l’economia. Abbiamo anticipato dalle 18 alle 16 l’orario affinché la gente possa muoversi in treno.

C’è una formula?
No, ma quello che penso è che con cultura e qualità e spettacolo puoi richiamare il pubblico. Occorrono ricerca, creatività e un solido rapporto col pubblico. E poi serve lo stupore.

Quale è la vera sfida?
Sono fortemente convinto che l’obiettivo di raggiungere un pubblico diverso sia la prima sfida e la più importante. Cosa è una istituzione nel 2024? Cosa restituisci alla città? Il teatro è della comunità, i soldi pubblici vanno al teatro perché c’è qualcosa che ti può interessare. Bisogna rendere il teatro ancora di più uno spazio pubblico perché il teatro è aperto quando è dialogo.

Hai un messaggio?
Ognuno dovrebbe fare un passo indietro e comprendere che l’obiettivo comune si raggiunge insieme.
Prendiamo Cinars, la biennale delle arti sceniche di Montréal, che unisce danza e musica: ci interessa portare la produzione dentro il Teatro e farla incontrare con gli artisti del Festival Aperto.

Il teatro, con la musica, è la forma d’arte che più racconta la contemporaneità: concordi?
Gli artisti sentono quello che accade. Si percepisce l’indagare il senso di disorientamento nel mondo, non capiamo quali sono le coordinate, respiriamo inquietudine e disorientamento. Molti spettacoli portano al senso di ritrovare una comunità. Non hai riferimento di amici e nemici, semplicemente vai alla ricerca di un senso.

Dimmi qualcosa della “tua” stagione.
Ti faccio qualche citazione: abbiamo The Wall e Pink Floyd Greatest Hits che è una nostra co-produzione col Ferrara e Ravenna Festival. Come prosa riportiamo un teatro di regia e ti cito Emma Dante, Marco Baliani e Andrea pennacchi con L’Arlecchino. Ci muoviamo sul limine tra classici e contemporaneità con qualche nome nuovo per collegarci sempre al Festival Aperto.

So che avete un progetto con la Collezione Maramotti.
Si tratta di un weekend ogni due anni ed è quello di San Prospero: con la Collezione Maramotti possiamo permetterci di essere diversamente contemporanei, loro eccellono nelle arti visive e noi in quelle sceniche: i coreografi instaurano un dialogo con le opere della Collezione. Quest’anno l’elemento aggiuntivo è stato dal vivo sulle Variazioni di Goldberg.

So che nel 2025 c’è una ricorrenza speciale.
A febbraio ricorrono i 100 anni dalla nascita di Romolo Valli dunque vogliamo raccontare lui e quel mondo, l’ultimo che è stato segnato dall’immaginario, da Luchino Visconti a Federico Fellini. Ci sarà una giornata di studio l’8 febbraio e lanciamo un podcast con Cora media per raccontare non solo la memoria ma un mondo. Mostriamo i costumi e ci saranno progetti in collaborazione col cinema Rosebud.

Eccoci al Il Reggio Parma Festival: tre Istituzioni teatrali, Fondazione Teatro Due, Fondazione Teatro Regio di Parma e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, hanno dato vita a Gradus. Passaggi per il nuovo, un progetto che ha l’obiettivo di favorire e stimolare un passaggio/scambio di saperi e di percorsi che sia d’impulso alla consapevolezza creativa delle nuove leve dello spettacolo dal vivo.
E’ un percorso di formazione per i giovani under 35 e ti dico che sono 32 gli artisti seguiti in questo anno. Sono prebiste una settimana di formazione a Reggio Emilia e una a Parma. Sono nate collaborazioni, è un modo per sostenere le nuove generazioni. Mi sento di dire che il concetto è quello della factory. Per altro qui si ricollega il Derby elettrico, progetto di improvvisazione musicale elettroacustica rivolto a giovani musicist* italian*, per dispositivi elettronici e/o strumenti elettrici e/o acustici.

Infine scambiamo i ruoli: se non fossi il direttore ma un attore, chi vorresti essere?
Arlecchino per un giorno.

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