Il tradizionale Requiem di Verdi nel periodo autunnale torna all’Auditorium di Milano e vede l’atteso debutto di Michele Gamba. Una pagina immortale che compie 150 anni, e che viene dedicata quest’anno a Romano Gandolfi, fondatore del Coro Sinfonico di Milano, nel 90° anno dalla sua nascita
Torna all’Auditorium di Milano uno dei più tradizionali riti dell’Orchestra e del Coro Sinfonico di Milano per il periodo autunnale: il Requiem di Giuseppe Verdi. Un grande e atteso ritorno, quello di giovedì 31 ottobre (ore 20.30), venerdì 1° novembre (ore 20) e domenica 3 novembre (ore 16), in cui il Requiem di Giuseppe Verdi torna a risuonare all’Auditorium di Milano, con Michele Gamba sul podio, e un cast che annovera Maria Teresa Leva (Soprano), Deniz Uzun (Mezzosoprano), Giovanni Sala (Tenore) e Adolfo Corrado (Basso), insieme all’Orchestra Sinfonica e al Coro Sinfonico di Milano. Una pagina che rappresenta un grande classico di Largo Mahler.
Tra ritorni e debutti
Un felice ritorno di quello che è diventato negli anni un appuntamento fisso e imprescindibile nel calendario delle stagioni dell’Orchestra Sinfonica di Milano: il Requiem, infatti, è stato eseguito in Italia e all’estero oltre 30 volte, e l’ultima di esse risale al 2022 al Concertgebouw di Amsterdam, con una memorabile standing ovation del pubblico olandese al termine dell’esecuzione. Ma anche Vienna, Francoforte, Tokyo, St. Moritz, Budapest, Baku (Azerbaijan), a cominciare dalla stagione 1996-97 con la Corale di Parma a Brescia e la direzione di Alun Francis. E ancora, con il maestro Riccardo Chailly e con il maestro del Coro Romano Gandolfi, Wayne Marshall, Aldo Ceccato, Zhang Xian, quindi John Axelrod, Jader Bignamini, Claus Peter Flor, e ora Michele Gamba, affiancato dal Coro Sinfonico guidato da Massimo Fiocchi Malaspina.
E’ un debutto, quello di Michele Gamba nel Requiem di Verdi, e avviene in una fase particolarmente felice della carriera direttoriale, definito dalla critica “un ‘braccio felice’, come è evidente dall’eccellente concertazione, che sa conferire pathos al discorso musicale con una continuità che si trova raramente." Musicista di estrema versatilità e di profonda esperienza, che conosce il mestiere in ogni sua grinza, Michele Gamba presenta un cursus honorum da cui trapela una impressionante completezza di preparazione. Una varietà di repertorio che va dall’opera di tradizione, ultima tra tutte, la Turandot nell’ambito delle celebrazioni pucciniane al Teatro alla Scala e la Médée di Cherubini nel gennaio 2024 con la regia di Damiano Michieletto, fino ai compositori contemporanei, di cui Gamba ha diretto numerose prime assolute, da Fabio Vacchi (di cui si ricorda la prima assoluta di Madina, al Maggio Musicale Fiorentino) a Thomas Adès, fino a Luca Francesconi. Gamba torna in Auditorium dopo quattro mesi dal suo ultimo concerto diretto con l’Orchestra Sinfonica di Milano, una prima assoluta di Marco Momi, co-commissione di Milano Musica con IRCAM di Parigi e Biennale di Venezia.
«Quando si entra in un dialogo autentico, lo si mantiene imprevedibile e ogni performance è diversa», afferma Gamba, che pare infondere ogni sua esecuzione della stessa curiosità e dello stesso spirito di ricerca di una prima assoluta. Sarà una rivelazione vederlo alle prese con il Requiem, e chissà come vedremo una pagina così solida del repertorio prendere vita grazie alla sua visione.
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“Il Requiem di Verdi: una messa nel futuro”
Di questa pietra miliare del repertorio (e del suo debutto nel dirigerla) Michele Gamba ne parla nella conferenza introduttiva delle 18.30 nel Foyer della Balconata, in una presentazione insieme ad Alberto Mattioli, una delle voci più autorevoli del panorama della critica musicale nazionale e internazionale, nell’appassionante conferenza introduttiva “Il Requiem di Verdi: una messa nel futuro”, che mostrerà al pubblico il lavoro verdiano da punti di vista del tutto inaspettati.
Quale pagina più di questa è legata alla città di Milano? Il 22 maggio 1873 Alessandro Manzoni moriva nella sua casa di Milano. Da quella morte Giuseppe Verdi ne rimase profondamente colpito e angosciato tanto da scrivere, in una lettera a Chiara Maffei (comune amica del Manzoni e di Verdi) queste parole piene di dolore e angoscia: “Io non ero presente, ma pochi saranno stati in questa mattina più tristi e commossi di quello che ero io, benché lontano. Ora tutto è finito! E con lui finisce la più pura, la più sana, la più alta delle glorie nostre”.
Pochi giorni dopo aver scritto queste parole, il grande compositore italiano si offrì di mettere in musica una Messa da morto per “dimostrare quant’affetto e venerazione ho portato e porto a quel grande che non è più”. Puntualmente, in occasione del primo anniversario della morte del Manzoni, il Requiem venne eseguito. Era 22 maggio 1874 e con queste parole veniva salutato sulle pagine della Gazzetta Musicale Italiana: “Centoventi coristi e cento professori d’orchestra prenderanno parte a questa solenne cerimonia, la quale farà epoca nella storia dell’arte musicale.”
E’ a un altro grande milanese di adozione (nato a Medesano in provincia di Parma nel 1934, ndr) che viene dedicata questa esecuzione del Requiem di Giuseppe Verdi: si tratta di Romano Gandolfi, fondatore del Coro Sinfonico di Milano, nel novantesimo anniversario dalla nascita.
la conferenza introduttiva
Giovedì 31 ottobre alle ore 18.30 si terrà una conferenza introduttiva intitolata “Il Requiem di Verdi: una messa nel futuro” nel Foyer della Balconata, relatori Michele Gamba e Alberto Mattioli: “Pochi giorni dopo la morte di Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi si offre di mettere in musica una Messa da morto a lui dedicata. Ancora oggi questa pagina continua a essere oggetto di studio e di ricerca. Uno degli aspetti più interessanti riguarda proprio la natura di quella leggendaria esecuzione del 22 maggio 1874, che a tutti gli effetti ebbe la veste di una funzione religiosa più che di un concerto, come emerge dalla scoperta delle indicazioni liturgiche sulla partitura originale. Così, Giuseppe Verdi, ateo e anticlericale, finisce per comporre il capolavoro assoluto della musica sacra del nostro repertorio, in un momento delicato dei rapporti tra Stato e Chiesa.”