Il regista e produttore Frank Marshall ha raccolto materiale d'archivio, video familiari inediti e decine di interviste per confezionare insieme a Thom Zimny, il toccante documentario The Beach Boys, dal 24 maggio su Disney+. Un grande omaggio alla band leggendaria che rivoluzionò la musica pop
Frank Marshall, regista e produttore di lungo e fortunato corso a Hollywood, si è accostato alla storia dei Beach Boys mosso da una semplice domanda: "Perché la loro band ha funzionato e la mia no?". Nato nel 1946, cresciuto a Newport Beach, a sud di Los Angeles, ha raccolto materiale d'archivio, video familiari inediti e decine di interviste per confezionare il toccante documentario sulla band uscito il 24 maggio su Disney+.
la première di The Beach Boys
"Al liceo facevo surf e avevo un piccolo gruppo. Mio padre mi aveva insegnato a suonare la chitarra e facevamo musica surf, tutta strumentale. Poi sono arrivati questi ragazzi, che hanno aggiunto testi e armonie al genere e c'è stata storia per nessuno", ha scherzato Marshall alla première di The Beach Boys al Chinese Theatre di Los Angeles. Insieme a lui, sul tappeto rosso, sul palco e poi nelle foto di rito, c'erano alcuni degli ex-ragazzi che hanno stravolto la storia del pop, con armonie gioiose e profonde allo stesso tempo: Al Jardine, che oggi ha 81 anni, Mike Love, 83, David Marks, 75, Blondie Chaplin, 72, e Bruce Johnston, 81.
l'ospite d'onore
Ma l'ospite d'onore, che ha suscitato la standing ovation del teatro più antico dell'Hollywood Boulevard è stato Brian Wilson. Quella di martedì, in sedia a rotelle e circondato dagli ex compagni, è stata una delle sue rarissime apparizioni pubbliche, dopo che il 10 maggio un giudice ha approvato la tutela legale per l'anima del gruppo, oggi 81enne e malato di demenza. Marshall ha riunito la band sulla spiaggia di Malibu dove fu scattata la foto di copertina di Surfin' Safari, il primo album uscito nel 1963.
"un'ora e 53 minuti di documentario, tutto commozione e sorrisi"
"La loro musica è il suono della gioia. Ho pensato che sarebbe stato poetico rimetterli insieme 60 anni dopo, proprio qui, dove tutto è iniziato, con il surf color panna e righe azzurre che usarono per lo shooting". Attorno a un tavolo del mitico ristorante sulla spiaggia Paradise Cove, con una chitarra e vari boccali di birra, sono fioriti gli aneddoti e un'ora e 53 minuti di documentario, tutto commozione e sorrisi. "Ho indagato soprattutto le origini della band - dice il regista -. Dare gli strumenti a questi ragazzi è stato come dare la palla a dei bambini che vogliono giocare. L'entusiasmo era travolgente e la loro musica lo è tuttora. Gli eredi e i membri ancora in vita sono tutti stati al gioco. Abbiamo davvero rivoltato materassi e soffitte, trovando filmini di famiglia mai visti prima".
"Tutti dobbiamo affrontare delle sfide. La musica ci aiuta"
"Il giorno in cui abbiamo deciso che avevamo bisogno di strumenti è stato il momento più toccante da ricordare - ha spiegato Al Jardine alla premiere - Nessuno di noi suonava davvero. Eravamo bravi con i testi, avevamo quest'idea di una canzone sul surf, ma non sapevamo esprimerci se non a cappella attorno a Brian al pianoforte. Allora ho suggerito: 'Potremmo esibirci per mia madre. Magari ci paga gli strumenti'. Così siamo andati a casa sua. Ci siamo seduti in cerchio sul pavimento e abbiamo eseguito "Surfin'". Lei ci fa: 'Ragazzi, amo la vostra musica e vi darò i soldi'. Il resto è storia. Grazie mamma!". È Mike Love a rispondere al cruccio iniziale del regista. "Penso che quello che ci rende popolari ancora oggi sia che le nostre armonie sono nate in famiglia e sono piene d'amore - ha considerato Mike Love - Good vibrations, Fun, Fun, Fun, Don't worry, baby, o Wouldn't It Be Nice sono ancora rilevanti nel mondo d'oggi, in queste condizioni drammatiche. Sia che stiamo bene, sia che non stiamo bene. Tutti dobbiamo affrontare delle sfide. La musica ci aiuta".