Andrea Delogu, in "40 e sto" racconta l'importanza e la bellezza di essere se stessi
SpettacoloIn questo viaggio, Andrea si mette a nudo trascinandoci nella sua nuova vita, quella di una quarantenne che, riappropriatasi della propria indipendenza, si metterà in gioco esplorando le mode, i vizi e le ossessioni di questa strana epoca che viviamo. Il progetto vede anche la complicità di Alberto Caviglia, Rossella Rizzi, Giovanna Salvatori ed Enrico Zaccheo in regia. LA RECENSIONE
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Quando vai a teatro senza sapere cosa aspettarti e ne esci arricchito nell'umore, nei pensieri, nella filosofia e con un nuovo sguardo su te stesso e su chi quotidianamente lo incrocia la felicità decolla. 40 e sto è il progetto teatrale di Andrea Delogu, un viaggio in quella terra di confine che non esiste sulle carte geografiche ma che ha una sua connotazione ben precisa e si chiama quarant'anni. In questa incursione nel cuore dell'esistenza, Andrea si mette in gioco e si racconta, interagisce col pubblico, mostra immagini e flashback ordinato per decenni, fa commuovere sulle note di due canzoni che sono un po' la colonna sonora di questo trattato sull'umanità che si chiama, apputo, 40 e sto: si tratta di Come Mai degli 883 e T'Appartengo di Ambra.
Sul finale, dopo quasi due ore da sola sul palco del Teatro Comunale di Carpi, Andrea mostra la sua foto da bambina e la osserva e la ringrazia perché è quella bambina che la ha trasformata prima in adolescente e ora in donna. La ha resa una persona migliore, capace di confrontarsi con un mondo che va in direzione ostinata e contraria. Ha una fidanzato di 24 anni e lo dice fiera, creando qualche borbottio interiore in quella gente che non concepisce un simile amore. Mentre il contrario è lecito: l'uomo può avere al fianco una compagna molto più giovane, la donna invece è criticata per una simile scelta. E' commovente quando fa il ripasso della fine del suo matrimonio e per esorcizzarlo lancia il bouquet di scena al pubblico. Che coinvolge e che accompagna per mano verso quella verità che Agostino di Ippona definì Volo ut Sis ovvero voglio che tu sia quello che sei. 40 e sto non è solo una presa di coscienza individuale è anche (e soprattutto) condivisione. Perché chiedere aiuto non è una azione di cui vergognarsi ma un atto di coraggio. Lei si è (ri)conquistata la libertà di essere se stessa...scommetto che molti di quelli che hanno visto il suo spettacolo lo stano facendo. In questo momento.