Ai WeiWei e la regia di Turandot, la guerra e la Cina

Spettacolo

Sabrina Rappoli

Da tempo non vive in Cina, ma Ai WeiWei conosce bene le dinamiche del suo Paese d'origine. A Roma per presentare una sua nuova installazione e per la regia di Turandot al Teatro dell'Opera, Sky Tg24 lo ha incontrato

La regia di Turandot al Tetro dell’Opera, una nuova installazione artistica alle Terme di Diocleziano, l’impegno per i rifugiati, l’attivismo. Abbiamo incontrato Ai WeiWei a Roma, proprio alla vigilia della prima romana del capolavoro di Puccini.

L’installazione alle Terme di Diocleziano

“L'installazione che è qui alle Terme è un grande lampadario, è di circa 8 metri e 40 centimetri, piuttosto grande, realizzata in vetro di Murano a Venezia. Ci sono voluti circa tre anni per questo lavoro, un lavoro che parla della morte, dello scheletro, è in relazione alla morte.

Ciò che mi ha ispirato in questa nuova installazione è quello che stiamo vivendo: un periodo di incertezza, anni in cui sono accaduti molti eventi. Così abbiamo iniziato a realizzare questo lampadario di morte”.

L’allestimento teatrale di Turandot

Turandot è la sua prima regia teatrale, un allestimento al quale aveva cominciato a lavorare prima della pandemia e dell’arrivo del conflitto tra Russia e Ucraina.

“L'opera è cominciata con la pandemia e ora siamo in guerra. In questi due anni abbiamo imparato così tanto sul mondo e abbiamo integrato tanti sensi in quest'opera; l’abbiamo resa molto speciale per questo tempo”.

Il maestro ricorda quando, da comparsa, partecipò all’allestimento newyorkese di Turandot, curato da Franco Zeffirelli.

“Trentacinque anni fa ero una comparsa nell'allestimento di Zeffirelli. Zeffirelli è un maestro dell'opera e ha fatto un allestimento molto glamour della storia di Turandot”. La cosa più difficile da fare nell'opera Turandot è come riuscire a rispettare la stesura originale della storia e come collegarla ai giorni nostri”.

Il ruolo della Cina nel conflitto tra Russia e Ucraina

Nato a Pechino, classe 1957, Ai WeiWei da tempo vive fuori dal suo Paese d’origine. Inevitabile parlare con lui anche della guerra e del ruolo della Cina nel conflitto.

“Penso che la Cina stia cercando di giocare un ruolo cosiddetto neutrale, ma ha un forte legame con la Russia. Sanno anche che hanno bisogno di essere amici con l’Ucraina. Quindi, penso che - alla lunga - la Cina e gli Stati Uniti beneficeranno di quanto sta accadendo oggi.

Ritengo che la posizione della Cina e anche l'aggressività della Russia minino il cosiddetto ordine mondiale, è chiaro. L'ordine mondiale è destinato a cambiare”.

Aiutare i rifugiati

Ai Weiwei è da sempre in prima linea a favore dei profughi e dei rifugiati. Non ha in programma di andare al confine con l’Ucraina, stavolta, ma sottolinea come - per aiutare i rifugiati - ci siano in realtà molti modi. “Io faccio l'opera”, dice “a ben guardare è anch’essa un modo per dare voce ai rifugiati.

Nella nostra opera non soltanto la cantante è ucraina, ma anche la direttrice d'orchestra lo è e anche altre due figure vengono dall'Ucraina. Noi lavoriamo insieme e tutti capiscono che l'Arte potrebbe essere importante per fermare la guerra. Il mondo è fatto di esseri umani, ma certamente c'è sempre il potere dello stato o delle aziende o della gente che ha risorse per provare a comandare sugli esseri umani. Dunque gli individui devono mantenere la propria voce per difendere i diritti umani”.

Gli artisti e la censura

Il timore della censura, per un artista, è sempre in agguato. Non fa eccezione Ai WeiWei.

“Una volta che sei stato censurato, significa che la tua voce non può essere più ascoltata dagli artisti, è un fattore che riguarda la libertà di espressione. Quindi è estremamente difficile quando la voce viene censurata”.

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