L'attore e regista è ospite della nuova puntata del ciclo di interviste dedicate ai protagonisti dello spettacolo. Con il vicedirettore Omar Schillaci parla del film 'E noi come stronzi rimanemmo a guardare': "Grato a Fabio De Luigi per essersi calato nei miei panni, ho capito che il doppio ruolo dietro e davanti alla macchina da presa non mi diverte". E sulla nuova stagione de Il Testimone, in onda su Sky, dice: "Vado anche a Lampedusa, uno specchio dei problemi dell'Italia"
È Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, l’ospite della nuova puntata di “Stories” (LO SPECIALE - I PODCAST), il ciclo di interviste ai protagonisti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, il regista e attore si racconta in “Pif – Si dice arancina”, in onda venerdì 29 ottobre alle 21 su Sky TG24, sabato 30 ottobre, alle 13.40, su Sky Arte e sempre disponibile On Demand. Con la regia di Francesco Venuto, l’intervista alterna riflessioni e aneddoti che ripercorrono la carriera del, forse, unico palermitano ad avere “una mamma che si rifiuta di cucinare”, e che “non parla il dialetto, ahimè, e il modo per collegarmi, unirmi, con la mia terra è il cibo”.
La terza ‘fatica’ cinematografica di Pif, ‘E noi come stronzi rimanemmo a guardare’, film Sky Original prodotto da Wildside, Vision Distribution e I Diavoli, arriverà lunedì 29 novembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno, disponibile on demand e in streaming su NOW. Una commedia distopica ma non troppo, ambientata in un futuro poco remoto, dove un manager si ritrova licenziato a causa di un algoritmo che egli stesso ha ideato per ottimizzare le risorse umane. Al centro della pellicola, il tema del lavoro (“abbiamo immaginato il mondo del lavoro in Italia fra venti, trenta, quarant’anni, e cosa potrebbe succedere se non facciamo qualcosa), in cui protagonista è interpretato, a differenza dei suoi precedenti lavori, non più da Pif ma da Fabio De Luigi, perché – spiega l’autore - “ho capito che non riesco a fare il regista e il protagonista. Non mi viene bene, non mi diverte, e quindi ho pensato di fare un parte più piccola. Ho chiamato Fabio che gentilmente ha accettato di entrare nel mio mondo, e sono molto felice perché non ho cambiato molto” visto che il soggetto “era pensato per me”.
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Una collaborazione con Sky che si estende anche alla docu-serie Sky Original ‘Il Testimone’ (in onda ogni sabato alle 21.15) , il format ideato dal regista, che torna dopo qualche anno di pausa su Sky Documentaries. Nella nuova stagione, la nona, Diliberto gira l’Italia, affrontando dall’osservatorio privilegiato di Lampedusa, fra gli altri, anche il tema dei migranti: “Lampedusa è raccontata malissimo, c’è una narrazione errata, questo è quello che ho capito stando là, e spero di averla raccontata bene”. Ormai divenuta un fenomeno, Lampedusa è “l’esempio lampante di una politica che deforma tutto, ed è per questo che la gente non si fida: una piccola isola che ha sulle spalle un macigno come la migrazione africana la cui soluzione è veramente impossibile da trovare”.
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Nell’intervista Pif, in bilico tra il serio ed il faceto, si districa con la consueta disincantata ironia fra le domande sulla sua infanzia (“sono sempre stato un bambino poco creativo”) e sulla carriera (“non mi sono voluto accontentare, ho iniziato da cameraman, ho fatto l’aiuto regista, poi l’autore televisivo e alla fine sono riuscito a fare quello che volevo: il regista. E questa cosa, dal punto di vista professionale, mi ha reso felice”). E poi la Sicilia, ed una guerra lessicale fra Palermo e Catania sulla definizione del tipico street food (arancino o arancina?) che va avanti da decenni e a cui Pif tiene particolarmente: “E’ una cosa seria. C’è una parte della Sicilia che dice ‘arancina’, cioè la mia, e un’altra che erroneamente dice ‘arancino’. Le due città che rappresentano” al meglio “questa diatriba sono Palermo e Catania. Il palermitano e il catanese, quando si incontrano, inevitabilmente vanno a finire su questa discussione che inizia come scherzo ma poi si arriva alle mani. La verità è che non vogliamo risolvere la questione, vogliamo discutere, è un modo per dire ‘anche tu siciliano?’. Ma i catanesi sbagliano a non capire che si dice ‘arancina’ ….” .
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Ma non c’è solo cinema e televisione nella vita “felice” di Pierfrancesco Diliberto (così mi chiama solo mia madre ormai”). Ha infatti scritto, in collaborazione con il giornalista Marco Lillo, il suo secondo libro, ‘Io posso. Due donne sole contro la mafia’, che narra l’incredibile battaglia trentennale delle sorelle Pilliu, originata da un palazzo abusivo costruito dalla mafia difronte alla loro casa, fino a quando lo Stato ha dato loro ragione. Ma si è trattato di una vittoria amara, sia perché non potranno più ottenere un risarcimento, chi dovrebbe pagarlo è infatti in carcere, sia per la cartella esattoriale ricevuta dall’Agenzia delle Entrate che pretende una percentuale sul risarcimento. Un’odissea che ha spinto gli autori a raccontare la vicenda e a devolvere interamente alle due sorelle il ricavato delle vendite. “Un libro senza il finale perché il finale lo decide il lettore, comprandolo e diffondendo questa storia”. Una vicenda – sottolinea Pif - in cui “abbiamo dimostrato che lo Stato fatto solo dalle istituzioni non funziona, al contrario dello Stato fatto dai cittadini”.