Venezia, Acciaio conquista il Lido

Spettacolo
Acciaio, una scena del film

Il film di Stefano Mordini, tratto dal romanzo di Silvia Avallone, è stato accolto da quattro minuti di applausi. Una pellicola che racconta le fabbriche di Piombino. Senza dimenticare l'Ilva di Taranto. Guarda le interviste al regista e agli interpreti

"No, la fabbrica  non uccide: a uccidere è il contesto socio-culturale che le sta  attorno". Così il regista Stefano Mordini, che ha portato alle Giornate degli Autori, accolto da quattro minuti di applausi, Acciaio, tratto dal romanzo omonimo di Silvia Avallone. A interpretare l'adattamento  Michele Riondino (Alessio), Vittoria Puccini (Elena) e le esordienti Anna Bellezza e Matilde Giannini, rispettivamente Francesca e Anna, che vivono l'ultima estate d'innocenza prima del liceo a Piombino, dove l'acciaieria non si ferma mai. E'la violenza del ciclo continuo dell'acciaio, che travolge tutto e tutti.

Una situazione diversa dall'Ilva
- E sono tante le coincidenze tra la Lucchini di Piombino e l'Ilva di Taranto, sebbene - precisa Riondino - "Acciaio non parli di ambiente, anche perché la Lucchini ha avuto un atteggiamento diverso sul rispetto del territorio a differenza dell'Ilva". Ma se il suo operaio "non ha ambizioni, salvo la famiglia e il lavoro", Riondino  dissotterra l'ascia di guerra sulla situazione di Taranto, la sua  città: "E' deprimente: l'idea di trasferire le scelte sui lavoratori, mentre le responsabilità sono altrove, e nel completo disinteresse  della politica. Nel frattempo, si deve sopravvivere respirando  diossina e benzopirene". Del film, Mordini dice che "il rapporto tra le due ragazze è stato la mia prima attenzione: volevo far emergere la loro voce e quella della fabbrica", e prosegue: "Vengo da una famiglia di fabbri, il destino di classe, l'amore e la fatica della fabbrica li avevo già con me, e insieme la vita di provincia: la mia Ravenna come  Piombino".

Regista e scrittrice: "Film fedele al libro"
- Giovanissime e esordienti, Anna Bellezza e Matilde Giannini parlano rispettivamente di "paura e grandi aspettative, poi mi sono buttata completamente" e "soddisfazione: c'era curiosità, ed  è un lavoro molto bello". Torna sul lavoro, viceversa, Silvia Avallone: "Dal Campiello a  Venezia, la mia determinazione è stata premiata. Oggi le uniche  ambizioni sono lavoro e famiglia, ma i giovani, si dice, non hanno  ambizioni. Quando ho scritto il romanzo due anni fa, sembrava che il  lavoro, gli operai non esistessero, nessuno li raccontava, oggi sono in primo piano. E' tardi, ma li stiamo raccontando". "Film fedelissimo al libro" - concordano regista e scrittrice, e  Mordini indica "nel ciclo continuo dell'acciaio, in quel lavoro che ti piega le spalle appesantite dalla polvere, la metafora della vita: si vive e si muore in fabbrica, dove un piccolo errore può essere  fatale". Non a caso, aggiunge Riondino, "l'aspetto fisico è stato  molto importante, insieme alla complicità, alla sincerità priva di malizia sul set".

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