La FAO e il regista Jeremy Irons invitano i videomaker a realizzare un breve spot. Obiettivo: sensibilizzare l'opinione pubblica per dare da mangiare a quel miliardo di persone che sono ancora malnutrite. Una sfida da mezzo secondo. Da condividere online.
La videocamera riprende un foglio su cui qualcuno sta scrivendo la parola hope, “speranza” in inglese. Poi l’inquadratura si allarga e si vede un bambino, che mostra in silenzio la scritta. Poi si allarga ancora e compare una discarica, dove donne e altri ragazzini come lui raccolgono gli scarti della civiltà industriale: il magro bottino di chi fa della sopravvivenza un mestiere. Perché, ancora oggi, per quasi un miliardo di persone, mettere insieme due pasti nel corso della giornata resta un’impresa. La fame, che si pensava confinata alle sbiadite e inquietanti immagini del Biafra, con quei bambini scheletrici e insieme rigonfi che bucarono gli schermi delle televisioni occidentali alla fine degli anno ’60 in pieno boom economico, non è stata ancora debellata. Ora la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, vuole riportare la questione nell’agenda politica mondiale. Ma, per farlo, si appella alle potenzialità della Rete. Nasce così “30 seconds to end hunger”, trenta secondi per fermare la fame, una gara per videomaker a cui chiunque può partecipare. Realizzato con il contributo del sito di sensibilizzazione Ending Hunger e della piattaforma di video crowdsourcing made in Italy Userfarm, il contest è stato lanciato da uno spot con Jeremy Irons, l’attore premio Oscar che questa volta dismette i panni del fascinoso cattivo per parlare, in modo semplice e diretto, al cuore degli utenti. “Abbiamo le conoscenze, le tecnologie, le capacità di porre fine alla fame già adesso: E dunque perché non lo facciamo?”, esorta la star britannica che dal 2011 è anche ambasciatore di buona volontà della Fao.
30 Seconds To End Hunger Video brief from 30seconds to end hunger on Vimeo.
Il testimone passa dunque nelle mani dei videomaker, professionisti e dilettanti, e di chi fa della comunicazione un mestiere o una passione. Tutti invitati a realizzare una clip di 30 secondi con cui veicolare un messaggio per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale e spingerla ad agire. Il contributo va poi caricato, entro il 30 settembre 2012, sul sito Videomaker.endinghunger.org, dove già sono presenti dei filmati, come quello del bambino e della discarica descritto in apertura. I tre primi classificati nel contest, due selezionati da una giuria e uno dagli utenti dello stesso sito, riceveranno compensi per 3500, 1000 e 500 euro. È chiaro comunque che l’obiettivo non è fare soldi con un concorso, ma contribuire a sostenere una causa umanitaria importante e complicata. E se “porre fine alla fame” non è affatto facile, anche realizzare un video di 30 secondi sul tema non è banale. Tra il rischio di cadere nella retorica, in luoghi comuni o di perdersi nella complessità della questione, i videomaker dovranno dar prova di grande sensibilità e capacità di sintesi. Del resto, che i video diffusi in Rete abbiano la capacità di smuovere le coscienze e di produrre delle conseguenze nel mondo reale, anche su temi scomodi e dimenticati, è dimostrato da vicende come quella di Kony 2012. Il video contro il criminale di guerra ugandese Joseph Kony, prodotto dalla associazione americana Invisible Children, ha sicuramente ricevuto molte critiche. Ma in soli tre giorni è stato visto 50 milioni di volte.