Le parole simbolo, il sodalizio con Fiorello, le mitiche gaffe e il "Rischiatutto": in una biografia illustrata pubblicata da Rizzoli, il critico televisivo Antonio Dipollina racconta "in pillole" il popolare conduttore. LEGGI UNO STRALCIO DEL LIBRO
di Antonio Dipollina
Allegria. Parola-simbolo, urlata in apertura di trasmissione con gesto del braccio a incitare. Preceduta da: “Amici telespettatori”. Costretto a riproporla anche in tarda età e in qualunque occasione, citando anche slogan come “Non c’è Mike senza allegria”. Manca un’esegesi precisa: perché “Allegria” e non altro? Perché chiedeva l’allegria comunque? Era conscio di quanti, davanti alla tv, non erano affatto allegri e li chiamava così a sé? Con la scomparsa, quella parola sembra in un primo momento del tutto fuori luogo.
Invece torna impetuosa: Fiorello, nella sua orazione funebre davanti al Duomo di Milano proclama: “Ora dirò io ‘Allegria’ al posto tuo, prima di ogni spettacolo”. Non solo: monsignor De Scalzi, che ha officiato la cerimonia, ha chiuso l’omelia con “Allegria”. E soprattutto sulla bara di Mike campeggia un drappo rosso, con una sola parola stampata: quella.
Fiorello. A poche ore dalla scomparsa di Mike, Rosario Fiorello trova la definizione più felice per il loro sodalizio: “Era il mio compagno di giochi”. In effetti era da anni che funzionava così, soprattutto per via radiofonica e telefonica, poi con gli spot a furor di popolo e infine, ma salvo una ospitata al Fiorello Show l’obiettivo è diventato irraggiungibile, nel progetto di formare una sorta di coppia di ferro su Sky. In Mike, Fiorello aveva trovato un contraltare di prim’ordine e Fiorello lo aveva restituito a una tv quantomeno viva e lontana da un certo imbalsamarsi in format consunti e telepromozioni: Mike, in cambio, si lasciava fare e dire di tutto dal giovane showman, il quale dal canto suo aveva sempre l’accortezza di praticare, o fingere un po’, il sacro rispetto per il mostro sacro della tv. Mike acconsentiva a tutto: per sorreggere la scommessa-promozionale del cd del programma radiofonico Viva Radio 2, si prestò a vestirsi da imbonitore all’americana e a sfilare per le strade di Roma insieme alle majorette. Le imitazioni con cui Fiorello lo bersagliava erano anche cattivissime, quella di fustigatore nascosto dei bimbi che partecipavano ai suoi quiz era una parodia centrata. Gli spot per una compagnia telefonica sono scritti e realizzati in maniera accattivante, tutti di buon livello: Mike si traveste da barbone, da regista, da tutto quello che serve. Per mesi a Radio 2 va in onda un gioco nato quasi per caso: pochi minuti prima della fine di ogni puntata dello show fiorelliano, il conduttore telefona a Mike. Il quale decide ogni giorno il da farsi: spesso non risponde e non si fa trovare, a volte risponde e, a seconda di come gli capita, spiega che sta pranzando, o che ha appena finito, o che deve iniziare, ma è sempre comunque show.
Gaffe. Metà erano costruite, l’altra metà dovute al suo fiuto nello sfruttare l’occasione propizia. Andava in estasi per quelle a sfondo sessuale. Non disse mai “Signora Longari mi è caduta sull’uccello”, ma perché negarsi una grande gaffe con inutili ricerche in archivio? Specializzato in papi (in senso buono) disse “Paolovi“ per Paolo VI e “Piox” per Pio X. Rivendica da protagonista la celebre “Lei è un sub eccezionale? No, io sono un sub normale”. A un concorrente con la voce bassa chiese: è raffreddato? E quello: no, sono stato operato alle corde vocali. Mike: vedrà, dopo l’operazione torna la voce. E quello: eh, ma mi hanno operato vent’anni fa.
Rischiatutto. Programma obbligato del giovedì sera nella memoria di chi oggi è intorno ai cinquanta. Ma se chiedete quanto è durato, vi risponderanno tutti in modo sbagliato, sostenendo dieci anni o anche di più. Invece durò solo 4 anni, dal 1970 al 1974. Ma come avviene in ogni campo artistico, era l’apice assoluto di una carriera: per tempi, modi, combinazioni fortunate, abilità, il programma giusto nel periodo giusto. Nozionismo come se piovesse, ma tutto severamente controllato nel momento di scrivere le puntate, c’erano libri appositi per prepararsi, in fondo bastava impararli a memoria. Vinceva quello con più fosforo, facevano fortuna quelli che bucavano il video – anche se allora non si diceva così. La derivazione è – come no? – americana, da un qui che si chiamava “Jeopardy!”. Quelli di Sky, quando Mike decise di passare alla pay-tv gli chiesero di rifare il Rischiatutto, non altro. Fondamentale ricordare i tre concorrenti della finalona dell’ultima puntata: Inardi, Fabbricatore e Buttafarro. Vinse il primo, che leggeva nel pensiero. Forse. In migliaia di case, all’epoca, entrò il gioco in scatola – oggi ci si accapiglia su e-Bay per ritrovarne qualcuno: di fondamentale c’erano gli occhiali finti per trasformarsi in Mike.
Vallette. Prima, Sabina Ciuffini. Seconda, Paola Barale. Terza, Susanna Messaggio. Poi, a diverse lunghezze di distanza, le altre. È la classifica di popolarità delle vallette di Mike Bongiorno in oltre mezzo secolo di carriera, dedotta da un apposito sondaggio condotto su internet. Il risultato era intuibile, risente della popolarità effettiva delle collaboratrici di Mike, della fortuna che hanno avuto nel mondo dello spettacolo successivamente, dell’età media di chi risponde ai sondaggi. Edy Campagnoli, per dire, la più famosa a Lascia o raddoppia aveva raggiunto livelli di popolarità vertiginosi, ma erano anche gli albori della tv e il ricordo si perde. Miriana Trevisan, Fiorella Pierobon, Fabrizia Carminati e molte altre appartengono all’epoca in cui si iniziò a cambiare valletta quasi a ogni programma. Con quelle, diciamo, con minor personalità, Mike si divertiva nella parte del burbero-doppiosensista, alcune ne sono uscite con una visione diversa del mondo. Ma il primato di Sabina Ciuffini è incontestabile, aveva tutto, per esempio i venti milioni di telespettatori, ed è coetanea della classe d’età oggi al comando. La chiamano in tv nei talk show e ogni volta che bisogna ricordare con garbo e senza banalità la tv di una volta.
©Rizzoli. Tutti i diritti riservati
Tratto da "L'alfabeto di Mike. Una biografia illustrata da Allegria a Zapping" di Antonio Dipollina (Rizzoli, pp.192, euro 17,90)
Antonio Dipollina (Tusa, Messina 1960), è critico televisivo di “Repubblica” dove cura la rubrica quotidiana Canal Grande. Ha scritto Quando c’era 90° minuto (Sperling&Kupfer, 2005) e la biografia Ibra! (Baldini Castoldi Dalai Editore, 2009).
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Allegria. Parola-simbolo, urlata in apertura di trasmissione con gesto del braccio a incitare. Preceduta da: “Amici telespettatori”. Costretto a riproporla anche in tarda età e in qualunque occasione, citando anche slogan come “Non c’è Mike senza allegria”. Manca un’esegesi precisa: perché “Allegria” e non altro? Perché chiedeva l’allegria comunque? Era conscio di quanti, davanti alla tv, non erano affatto allegri e li chiamava così a sé? Con la scomparsa, quella parola sembra in un primo momento del tutto fuori luogo.
Invece torna impetuosa: Fiorello, nella sua orazione funebre davanti al Duomo di Milano proclama: “Ora dirò io ‘Allegria’ al posto tuo, prima di ogni spettacolo”. Non solo: monsignor De Scalzi, che ha officiato la cerimonia, ha chiuso l’omelia con “Allegria”. E soprattutto sulla bara di Mike campeggia un drappo rosso, con una sola parola stampata: quella.
Fiorello. A poche ore dalla scomparsa di Mike, Rosario Fiorello trova la definizione più felice per il loro sodalizio: “Era il mio compagno di giochi”. In effetti era da anni che funzionava così, soprattutto per via radiofonica e telefonica, poi con gli spot a furor di popolo e infine, ma salvo una ospitata al Fiorello Show l’obiettivo è diventato irraggiungibile, nel progetto di formare una sorta di coppia di ferro su Sky. In Mike, Fiorello aveva trovato un contraltare di prim’ordine e Fiorello lo aveva restituito a una tv quantomeno viva e lontana da un certo imbalsamarsi in format consunti e telepromozioni: Mike, in cambio, si lasciava fare e dire di tutto dal giovane showman, il quale dal canto suo aveva sempre l’accortezza di praticare, o fingere un po’, il sacro rispetto per il mostro sacro della tv. Mike acconsentiva a tutto: per sorreggere la scommessa-promozionale del cd del programma radiofonico Viva Radio 2, si prestò a vestirsi da imbonitore all’americana e a sfilare per le strade di Roma insieme alle majorette. Le imitazioni con cui Fiorello lo bersagliava erano anche cattivissime, quella di fustigatore nascosto dei bimbi che partecipavano ai suoi quiz era una parodia centrata. Gli spot per una compagnia telefonica sono scritti e realizzati in maniera accattivante, tutti di buon livello: Mike si traveste da barbone, da regista, da tutto quello che serve. Per mesi a Radio 2 va in onda un gioco nato quasi per caso: pochi minuti prima della fine di ogni puntata dello show fiorelliano, il conduttore telefona a Mike. Il quale decide ogni giorno il da farsi: spesso non risponde e non si fa trovare, a volte risponde e, a seconda di come gli capita, spiega che sta pranzando, o che ha appena finito, o che deve iniziare, ma è sempre comunque show.
Gaffe. Metà erano costruite, l’altra metà dovute al suo fiuto nello sfruttare l’occasione propizia. Andava in estasi per quelle a sfondo sessuale. Non disse mai “Signora Longari mi è caduta sull’uccello”, ma perché negarsi una grande gaffe con inutili ricerche in archivio? Specializzato in papi (in senso buono) disse “Paolovi“ per Paolo VI e “Piox” per Pio X. Rivendica da protagonista la celebre “Lei è un sub eccezionale? No, io sono un sub normale”. A un concorrente con la voce bassa chiese: è raffreddato? E quello: no, sono stato operato alle corde vocali. Mike: vedrà, dopo l’operazione torna la voce. E quello: eh, ma mi hanno operato vent’anni fa.
Rischiatutto. Programma obbligato del giovedì sera nella memoria di chi oggi è intorno ai cinquanta. Ma se chiedete quanto è durato, vi risponderanno tutti in modo sbagliato, sostenendo dieci anni o anche di più. Invece durò solo 4 anni, dal 1970 al 1974. Ma come avviene in ogni campo artistico, era l’apice assoluto di una carriera: per tempi, modi, combinazioni fortunate, abilità, il programma giusto nel periodo giusto. Nozionismo come se piovesse, ma tutto severamente controllato nel momento di scrivere le puntate, c’erano libri appositi per prepararsi, in fondo bastava impararli a memoria. Vinceva quello con più fosforo, facevano fortuna quelli che bucavano il video – anche se allora non si diceva così. La derivazione è – come no? – americana, da un qui che si chiamava “Jeopardy!”. Quelli di Sky, quando Mike decise di passare alla pay-tv gli chiesero di rifare il Rischiatutto, non altro. Fondamentale ricordare i tre concorrenti della finalona dell’ultima puntata: Inardi, Fabbricatore e Buttafarro. Vinse il primo, che leggeva nel pensiero. Forse. In migliaia di case, all’epoca, entrò il gioco in scatola – oggi ci si accapiglia su e-Bay per ritrovarne qualcuno: di fondamentale c’erano gli occhiali finti per trasformarsi in Mike.
Vallette. Prima, Sabina Ciuffini. Seconda, Paola Barale. Terza, Susanna Messaggio. Poi, a diverse lunghezze di distanza, le altre. È la classifica di popolarità delle vallette di Mike Bongiorno in oltre mezzo secolo di carriera, dedotta da un apposito sondaggio condotto su internet. Il risultato era intuibile, risente della popolarità effettiva delle collaboratrici di Mike, della fortuna che hanno avuto nel mondo dello spettacolo successivamente, dell’età media di chi risponde ai sondaggi. Edy Campagnoli, per dire, la più famosa a Lascia o raddoppia aveva raggiunto livelli di popolarità vertiginosi, ma erano anche gli albori della tv e il ricordo si perde. Miriana Trevisan, Fiorella Pierobon, Fabrizia Carminati e molte altre appartengono all’epoca in cui si iniziò a cambiare valletta quasi a ogni programma. Con quelle, diciamo, con minor personalità, Mike si divertiva nella parte del burbero-doppiosensista, alcune ne sono uscite con una visione diversa del mondo. Ma il primato di Sabina Ciuffini è incontestabile, aveva tutto, per esempio i venti milioni di telespettatori, ed è coetanea della classe d’età oggi al comando. La chiamano in tv nei talk show e ogni volta che bisogna ricordare con garbo e senza banalità la tv di una volta.
©Rizzoli. Tutti i diritti riservati
Tratto da "L'alfabeto di Mike. Una biografia illustrata da Allegria a Zapping" di Antonio Dipollina (Rizzoli, pp.192, euro 17,90)
Antonio Dipollina (Tusa, Messina 1960), è critico televisivo di “Repubblica” dove cura la rubrica quotidiana Canal Grande. Ha scritto Quando c’era 90° minuto (Sperling&Kupfer, 2005) e la biografia Ibra! (Baldini Castoldi Dalai Editore, 2009).
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