A sostenerlo è uno studio di un team internazionale di esperti, tra cui ricercatori dell’Università di Berna, che hanno analizzato alcune aree della Bolivia settentrionale, trovando tracce di colture antiche
In Amazzonia, circa 10.000 anni fa, alcuni nostri antenati che si erano insediati in quest’area avevano già iniziato a modificare e coltivare delle piante. A sostenerlo è un gruppo di ricercatori internazionali, tra cui esperti dell’Università di Berna, in Svizzera, coordinati da Umberto Lombardo. Il loro lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Nature”.
Zucca, mais e tapioca
I risultati della loro ricerca, concentratasi in alcune zone della Bolivia settentrionale, hanno infatti portato alla luce la presenza di colture antiche. Gli abitanti di queste aree, infatti, sarebbero stati abili coltivatori di zucca, manioca e mais, dicono gli esperti, sottolineando anche che queste abitudini potrebbero essere una conseguenza strettamente legata ai cambiamenti climatici avvenuti in seguito dell'ultima era glaciale, avvenuta circa 12mila anni fa. Sarebbe un’ulteriore prova che questa regione avrebbe legami con altre del Medio Oriente, della Cina, del Messico sud-occidentale e del Sud-ovest del Sud America in quanto luoghi in cui piante selvatiche sono state coltivate poco dopo gli eventi che hanno portato ad un generale abbassamento della temperatura media globale. "Esistono evidenze di colture in altri luoghi, ad esempio in Cina si coltivava il riso, in Medio Oriente i cereali, in America centrale e Messico il mais, mentre nelle Ande patate e quinoa", ha spiegato a questo proposito Lombardo.
Le zone esaminate
Come spiega nel dettaglio anche un articolo apparso su “The Guardian”, Lombardo e colleghi hanno fatto la loro scoperta dopo aver indagato su alcune "isole forestali", aree boschive sopraelevate di circa 70 metri di diametro, all'interno della savana di Llanos de Moxos, in Bolivia. Utilizzando una serie di fonti, tra cui Google Earth, il team di esperti ha esaminato oltre 6.600 di queste zone, analizzando anche la composizione dei campioni del suolo in 82 di questi siti. Il risultato è stato che in circa 60 casi sono stati riscontrati segni rivelatori della presenza umana, come tracce di carbone, conchiglie e frammenti di ossa. Da queste analisi, il team dell’ateneo svizzero ha stimato che almeno 4.700 delle "isole forestali" identificate erano siti in cui un tempo vivevano gli esseri umani. "La regione di Llanos de Moxos in Amazzonia sudoccidentale si è rivelata un luogo chiave. Si tratta di una zona nella savana, ricca di alberi che ricoprono il terreno, che viene inondata quasi completamente per buona parte dell'anno, ad eccezione di queste foreste, che restano al di sopra delle acque", prosegue il ricercatore.
Le tracce ritrovate
Tra le altre tracce rinvenute, grazie ad analisi approfondite, gli esperti sono stati in grado di analizzare la presenza di foglie di manioca coltivate più di 10mila anni fa e resti di zucche risalenti ad un secolo dopo. Il mais risulta invece più recente, essendo stato riscontrato in tracce che risalgono a più di 6mila anni fa. "Si tratta di una scoperta sorprendente, visto che fino a poco tempo fa l'Amazzonia era considerata una foresta vergine, un terreno del tutto incontaminato. Il nostro studio rappresenta un ulteriore esempio dei notevoli impatti a livello globale che i cambiamenti climatici hanno provocato durante l'ultima era glaciale", ha poi concluso Lombardo.