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Genetica, anche il senso del pericolo può essere trasmesso ai figli

Scienze
Alcuni fattori di stress ambientale sortiscono effetti sul Dna (Getty Images)

Lo dimostrano i risultati di una ricerca condotta dai ricercatori dell’Università americana di Princeton sul verme Caenorhabditis elegans, uno degli organismi più studiati dai genetisti 

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Studiando il verme Caenorhabditis elegans (uno degli organismi più analizzati dai genetisti), i ricercatori dell’Università americana di Princeton hanno scoperto che il senso del pericolo si trasmette geneticamente. Gli autori della ricerca, Rebecca Moore, Rachel Kaletsky e Coleen Murphy, hanno osservato che in questo animale le informazioni relative ai rischi per la sopravvivenza si trasmettono fino a quattro generazioni, tramite le cellule riproduttive. Nel corso dello studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulle pagine della rivista specializzata Cell, i ricercatori si sono focalizzati sugli effetti delle fonti di stress ambientale sul Dna, come la mancanza di fattori nutritivi, le temperature elevate o le infezioni batteriche. Hanno così scoperto che questi fattori possono modificare l’attività di alcuni geni.

La trasmissione del senso del pericolo

"Quando queste modifiche riguardano le cellule germinali, allora possono essere trasmesse da una generazione all'altra", spiega Coleen Murphy. “Per fare un esempio, inizialmente i vermi sono attratti da alcuni batteri che utilizzano come fonti di sostanze nutritive, come Pseudomonas aeruginosa, pericoloso solo alle alte temperature. Ma se scatenano un'infezione, imparano a evitarli in modo selettivo, per non rischiare di morire in pochi giorni. E questa caratteristica può essere trasmessa anche alle successive generazioni, che evitano il batterio pur non avendolo mai incrociato nella loro vita", conclude l’esperto.

Ottenute le prime cellule embrionali senza l’uso di ovuli e spermatozoi

Nei primi sei mesi del 2019, le scoperte in grado di espandere gli orizzonti della genetica non sono mancate. Una delle più importanti è stata effettuata da un gruppo di ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme: nel corso di una ricerca, gli studiosi sono riusciti a trasformare delle cellule epiteliali di topo nelle tre principali tipologie di unità biologiche che si formano nella prima fase dell’embriogenesi, ossia le staminali embrionali, quelle della placenta e del cordone ombelicale. Un risultato che in futuro potrebbe rendere possibile generare interi embrioni senza l’utilizzo delle cellule germinali.