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Omega Centauri, identificate le stelle perdute della Via Lattea

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

La scoperta è stata effettuata da un gruppo di ricercatori dell’Osservatorio Astronomico di Strasburgo, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e dell’Università di Stoccolma 

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Sono state identificate le stelle che l’ammasso globulare Omega Centauri, distante circa 18mila anni luce dalla Terra, ha perso a causa della forza mareale della Via Lattea. La scoperta, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Nature Astronomy, è stata effettuata da un gruppo di ricercatori dell’Osservatorio Astronomico di Strasburgo, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e dell’Università di Stoccolma. Gli studiosi hanno individuato delle ‘code mareali’ attorno all’ammasso globulare: dopo averne analizzata la distribuzione hanno ipotizzato che Omega Centauri non sia altro che quel che rimane di una galassia nana in parte disgregata dall’interazione con la Via Lattea. Per condurre la ricerca, il team si è basato sui precisissimi dati sulla posizione e i moti stellari forniti dalla missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), alla quale l’Italia contribuisce con l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’Agenzia Spaziale Italiana, entrambe coinvolte nel Data Processing and Analysis Consortium (Dpac).

La vera natura di Omega Centauri

Il primo a scoprire l’esistenza di Omega Centauri fu Edmond Halley: l’astronomo inglese individuò l’ammasso globulare nel 1677, ma lo scambiò per una singola stella presente nella costellazione del Centauro. La vera natura della scoperta di Halley venne compresa solamente nel 1830 da John Herschel. Col passare del tempo la natura di Omega Centauri è stata messa in discussione: secondo alcuni scienziati potrebbe essere il cuore di una galassia nana. Questa ipotesi si basa sulla presenza di diverse popolazioni di stelle nell’ammasso globulare, caratterizzate da contenuti differenti di elementi chimici pesanti: la formazione di questi astri riflette dei lunghi processi di formazione, tipici dell’evoluzione di una galassia. Per individuare i flussi delle stelle ‘perdute’ di Omega Centauri, i ricercatori hanno analizzato i movimenti misurati dal satellite Gaia tramite l’algoritmo STREAMFINDER.

I flussi di stelle

Uno dei flussi individuati si chiama ‘Fimbulthul’ e contiene 309 stelle che si estendono nel cielo per un’ampiezza superiore ai 18 gradi. Il ricercatore dell’Inaf di Bologna Michele Bellazzini spiega che “la struttura del flusso è quella di una corrente di marea composta da stelle strappate da Omega Centauri, che si estende nel cielo fino a una grande distanza dall’ammasso globulare”. Basandosi su questo dato iniziale, i ricercatori sono riusciti a elaborare un criterio di selezione che ha consentito di tracciare le code mareali a partire dall’ammasso fino a congiungersi con Fimbulthul. “Le osservazioni spettroscopiche di cinque stelle di questo flusso effettuate con il Canada-France Hawaii Telescope mostrano che le loro velocità sono molto simili e che hanno delle metallicità paragonabili alle stelle di Omega Centauri”, prosegue il ricercatore. “Questa proprietà rafforza l’idea che il flusso di marea sia collegato proprio all’ammasso globulare”. L’esperto aggiunge che il prossimo passo consisterà nel migliorare il modello teorico che descrive questa struttura: così facendo sarà possibile ricostruire in modo più accurato l’evoluzione della galassia nana.