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Un dipinto di Sassoferrato studiato come i terremoti

Scienze
Immagine di archivio (Fotogramma)

Un team di ricercatori ha analizzato ‘La Madonna in Preghiera’ grazie agli impulsi elettromagnetici, una tecnica simile a quella utilizzata dai sismologi per studiare le rocce 

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I dipinti antichi sono spesso in grado di conservare segreti per svariati secoli, con nuovi elementi e caratteristiche che emergono soltanto dopo accurate analisi effettuate con gli strumenti più all’avanguardia. Tra le tecniche utilizzate oggi per esaminare nel dettaglio le opere d’arte senza il rischio di danneggiarle c’è un metodo che si ispira a quello già utilizzato dai sismologi che guardano alle rocce presenti nel sottosuolo per lo studio dei terremoti. A sperimentare questo nuovo modo, come riporta la rivista Scientific Reports, sono stati i ricercatori del Georgia Institute of Technology, utilizzando come test un dipinto di Giovanni Battista Salvi, riuscendo a individuare alcune peculiarità.

Utile per informazioni, conservazione e restauro

Non si finisce mai di imparare. La nota massima sembrerebbe essere particolarmente vera per il mondo dell’arte, dove a distanza di centinaia di anni si possono scoprire particolarità delle opere d’arte mai riscontrate prima. Un recente studio spiega infatti che Leonardo avrebbe sofferto di exotropia, una forma di strabismo che avrebbe consentito al pittore di riportare più accuratamente la profondità nei suoi dipinti. La tecnica testata dai ricercatori sulla ‘Madonna in Preghiera’ di Giovanni Battista Salvi da Sassoferrato, opera datata circa al 1640, ha permesso al team di conoscere con maggiore precisione la tecnica dell’autore e i colori, oltre ai danni che il dipinto può aver subito nel tempo, informazioni che secondo Alexandre Locquet del Georgia Institute of Technology “sono utili sia per gli storici dell’arte, sia per la conservazione e il restauro dei dipinti”.

Le tecniche utilizzate da Sassoferrato

Il metodo utilizzato sfrutta il Terahertz, ovvero la lunghezza d’onda maggiore della luce visibile, e presenta alcune somiglianze con quello con cui i sismologi studiano gli strati di roccia sotterranei. Questi ultimi, come spiega David Citrin, che ha coordinato i ricercatori, misurano l’eco di un impulso acustico inviato nel sottosuolo, mentre gli esperti d’arte usano “un impulso elettromagnetico alla frequenza di circa un Terahertz e poi osserviamo il segnale di ritorno che arriva dai diversi strati”. Nel caso dell’opera realizzata da Sassoferrato, il gruppo ha potuto individuare il modo in cui il pittore aveva preparato la tela, e i molteplici strati di pittura stesi su di essa, compreso il primo che era stato posto dall’autore su un fondo grezzo. Inoltre, è stato scoperto un intervento di restauro della ‘Madonna in Preghiera’ di cui nessuno era a conoscenza.