Nel 2018 partiranno i primi test per produrre ossigeno nello spazio

Scienze
La micro-alga "Arthrospira" (foto: Esa/Sck-Cen)

È l’obiettivo del progetto "Artemiss" condotto dall’Agenzia spaziale europea (Esa) allo scopo di rendere le missioni spaziali sempre più autosufficienti

Produrre ossigeno attraverso la fotosintesi anche nello spazio: è questo uno degli obiettivi del progetto "Artemiss" dell’Agenzia spaziale europea (Esa) che avvierà i test a partire dal 2018 sulla Stazione Spaziale Internazionale. L’idea sarebbe quella di riciclare e riutilizzare risorse fondamentali, come è appunto l’ossigeno, per rendere le missioni spaziali sempre più autosufficienti in futuro.

Il progetto "Artemiss"

"Artemiss" è il primo progetto del suo genere messo in piedi dall’Esa e fa parte di una più ampia iniziativa, Melissa (Micro-Ecological Life Support System Alternative), che ha lo scopo di realizzare tecnologie rigenerative per il supporto vitale. "Artemiss", tra le altre cose, studia il modo in cui la fotosintesi, il processo tramite il quale le piante o altri organismi rilasciano ossigeno come sottoprodotto della conversione di luce in energia, possa avvenire anche in condizioni non proprio ideali come quelle dello spazio aperto. I test dell’Esa inizieranno nel 2018 e saranno condotti sulla Stazione Spaziale Internazionale per circa un mese. Al termine di questo periodo, verranno raccolte tutta una serie di informazioni utili a comprendere come le radiazioni e l’assenza di gravità influenzino le alghe utilizzate durante gli esperimenti.

I test nello spazio

In particolare, per i test, verrà utilizzata una micro-alga chiamata "Arthrospira", comunemente nota come "spirulina". Quest’ultima verrà inserita in un fotobioreattore, un dispositivo a forma di cilindro immerso nella luce che viene utilizzato per favorire la crescita di microrganismi fotosintetici come sono appunto le micro-alghe o i batteri fotosintetici. A questo punto, l’anidride carbonica dovrebbe essere trasformata in ossigeno e in una biomassa commestibile attraverso il processo di fotosintesi.

Le missioni spaziali del futuro

Ad oggi la Stazione Spaziale Internazionale è regolarmente rifornita da cargo come il Dragon, il mezzo che riporterà sulla Terra i risultati degli esperimenti. Tuttavia, in futuro, le missioni potrebbero avere una portata più ampia e i lunghi viaggi potrebbero richiedere il riciclo e il riutilizzo di risorse vitali come l’ossigeno, visto che i cargo spaziali non sarebbero in grado di garantire rifornimenti regolari. Ecco perché Melissa, e in particolare il progetto "Artemiss", sono stati pensati dai ricercatori dell’Esa per coprire molte attività di ricerca in questo senso. Melissa accoglierà presto un altro progetto innovativo: "Uriniss" che ha come obiettivo il rifornimento di gas azoto, energia, potenziali nutrienti per le piante e acqua attraverso il riciclo dell’urina per missioni spaziali sempre più autosufficienti.

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