Scienziati italiani scoprono la natura animale di un'alga marina
ScienzeLa ricerca, condotta dalla Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, ha permesso di stabilire che la “Skeletonema marinoi” è in grado di sintetizzare elementi distintivi del mondo animale
Alghe con una natura a metà strada tra il mondo vegetale e quello animale. È questa la scoperta di alcuni ricercatori della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli i quali, osservando una particolare specie di diatomea, la “Skeletonema marinoi”, hanno stabilito come questa alga marina unicellulare sia in grado di sintetizzare molecole che rappresentano elementi distintivi del mondo animale.
La scoperta – Lo studio, dal titolo “Animal-like prostaglandins in marine microalgae”, è tutto italiano ed è stato condotto dai ricercatori napoletani Adrianna Ianora, Ida Orefice, Alberto Amato, coordinati da Valeria Di Dato e Giovanna Romano. I risultati, pubblicati dalla prestigiosa rivista internazionale The Isme Journal (Multidisciplinary Journal of Microbial Ecology) del gruppo Nature, hanno dimostrato come la “Skeletonema marinoi” sia in grado di sintetizzare le prostaglandine, ovvero molecole che nel mondo animale sono importanti mediatori chimici e nei mammiferi agiscono in modo simile agli ormoni, intervenendo in molti processi fisiologici e patologici, quali quelli infiammatori. La scoperta assume particolare importanza perché fino ad oggi, le prostaglandine erano state trovate, oltre che nei mammiferi, soltanto in alcune macroalghe e piccoli invertebrati marini, nei quali sembra che agiscano come molecole di difesa e di comunicazione.
Le alghe - Le diatomee sono microalghe unicellulari che rappresentano le principali componenti del fitoplancton. Considerate come il “polmone verde” del mare, a loro si deve la maggior parte della produzione di ossigeno negli oceani e nelle acque dolci. La loro funzione sott'acqua è molto simile a quella che la foresta pluviale ha negli ambienti terrestri. Le diatomee hanno un'origine evolutiva molto peculiare essendo caratterizzate da un dna misto, composto da geni simili a quelli batterici, vegetali ed anche animali. Proprio quest'ultima peculiarità sembra alla base del fatto che questi microorganismi siano riusciti ad adattarsi nel corso del tempo sia in acque dolci che in quelle marine a ogni tipo di temperatura e condizione. La ricerca che arriva dall'“Anton Dohrn” evidenzia per la prima volta la presenza di prostaglandine anche in organismi fotosintetici unicellulari quali le microalghe del fitoplancton.
Applicazione medica – Le due coordinatrici dello studio, Valeria Di Dato e Giovanna Romano, hanno sottolineato come questa scoperta può “avere un'applicabilita' scientifica e biotecnologica nel campo della salute umana. Le prostaglandine, usate per molteplici scopi in medicina, vengono sintetizzate, infatti, chimicamente grazie ad un processo molto dispendioso”. La nuova scoperta potrebbe invece portare alla produzione di un'elevata quantità di prostaglandine in modo molto più economico dal momento che la “Skeletonema marinoi” può essere facilmente coltivata in laboratorio in grandi biomasse. Nuove prospettive si aprono anche sull'evoluzione e il ruolo di queste molecole nell'ambiente marino. Le prostaglandine agiscono, infatti, come mediatori nella comunicazione cellula-cellula, o nella difesa delle microalghe contro l'attacco di batteri, virus o predatori dello zooplancton. Una caratteristica questa che potrebbe permettere di influenzare le dinamiche delle differenti popolazioni di microorganismi che compongono il plancton e garantire la sopravvivenza e il successo ecologico delle diatomee che le producono.