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Ittiosi Arlecchino, cos'è e come si diagnostica questa grave malattia della pelle

Salute e Benessere

L’ittiosi arlecchino è una grave disfunzione congenita della pelle, che colpisce circa un neonato su un milione. Si tratta della variante più grave dell’ittiosi congenita autosomica recessiva (Arci) 

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L’ittiosi arlecchino è una grave disfunzione congenita della pelle, che colpisce circa un neonato su un milione. Si tratta della variante più grave dell’ittiosi congenita autosomica recessiva (Arci). Nella maggior parte dei casi provoca la morte del neonato nei giorni successivi al parto, in quanto lo rende suscettibile a una grave disregolazione della temperatura corporea, a problemi alimentari, a infezioni e a disturbi respiratori.

I sintomi della ittiosi Arlecchino

Il nome della patologia deriva dalla formazione di placche squamose e rettangolari sulla cute del neonato, la quale, ispessendosi e irrigidendosi, perde la sua naturale elasticità. Le placche, infatti, sono distribuite su tutto il corpo e possono limitare notevolmente il movimento. La malattia si manifesta, inoltre, con un’alterazione dei segni facciali, dovuta alla completa eversione delle palpebre e delle labbra, alla displasia del naso e delle orecchie e all’edema congiuntivale. L’eversione della cute dipende dal suo eccessivo ispessimento e dalla rigidità che ne deriva. In molti casi, i neonati presentano anche contratture, sinechie dei padiglioni auricolari e/o delle dita dei piedi con potenziale rischio di autoamputazione. Inoltre, la tensione della cute crea fissurazioni e ragadi profonde, determina contratture degli arti e difficoltà respiratorie per impedimento dei normali movimenti di escursione della gabbia toracica.

La diagnosi dell’ittiosi Arlecchino

È possibile diagnosticare l’ittiosi Arlecchino tramite un’analisi del DNA del feto, solitamente effettuata durante il secondo trimestre di gravidanza. Fino a pochi anni fa l’individuazione della patologia avveniva tramite una fetoscopia, un esame invasivo che prevedeva la biopsia della cute del feto nelle fasi avanzate della gravidanza. La scoperta della mutazione genetica responsabile dell’Ittiosi Arlecchino ha permesso ai ricercatori di optare per una procedura non invasiva e in grado di fornire dei risultati maggiormente accurati in tempi più ridotti (solitamente è possibile effettuare l’analisi delle cellule del feto entro la decima settimana di gestazione).

Le cause della patologia

Come dimostrato dai ricercatori negli ultimi anni, l’ittiosi arlecchino è una patologia a carattere genico, che si trasmette in modo autosomico recessivo. È provocata da un’alterazione del gene ABCA12, localizzato sul braccio lungo del cromosoma 2. Il gene è coinvolto anche nella littiosi lamellare, una forma molto più lieve di quella Arlecchino. I ricercatori dell’Università di Hokkaido hanno stabilito che le mutazioni genetiche di ABCA 12 sono correlate a un accorciamento o a una delezione di parte della proteina codificata.

L’incidenza dell’ittiosi arlecchino

Essendo particolarmente rara, la patologia non viene sempre inserita nell’elenco delle ittiosi. Le statistiche indicano che colpisce circa un neonato su un milione. Tuttavia, l’assenza di dati epidemiologici certi ha spinto gli esperti a stimare che la malattia potrebbe ipoteticamente manifestarsi in un soggetto ogni 500.000.

Le cure

Nel periodo immediatamente successivo alla nascita è possibile somministrare dei retinoidi al neonato. Non permettono di curare del tutto la malattia, tuttavia ne alleggeriscono i sintomi. Inoltre, grazie a delle cure intensive effettuate subito dopo la nascita alcuni neonati sono riusciti a sopravvivere. Crescendo, questi pazienti hanno manifestato dei sintomi cutanei simili a quelli riscontrati nelle forme più gravi di ittiosi lamellare nella sua variante non bollosa. La loro pelle appare desquamata e arrossata, ma priva di vesciche. 

L’individuazione del gene responsabile dell’ittiosi Arlecchino

La presenza di mutazioni nel gene ABCA12 nei pazienti con l’ittiosi Arlecchino è stata dimostrata da due gruppi di ricercatori. Il primo, composto da esperti del Centro per le ricerche Cutanee di Londra, ha identificato e mappato tutte le piccole variazioni nelle sequenze del DNA in famiglie con bambini affetti e non dalla patologia. La valutazione di questi gruppi familiari ha permesso al team di localizzare il gene responsabile sul braccio lungo del cromosoma 2. Tra i geni identificabili presenti nella regione, i ricercatori hanno individuato in ABCA12 il candidato migliore e sono riusciti ad associarlo anche all’ittiosi lamellare. Lo studio della sequenza del gene ha permesso l’identificazione delle mutazioni in entrambi gli alleli in 11 dei 12 casi studiati. Anche i ricercatori dell’Università di Hokkaido hanno utilizzato un approccio simile per studiare ABCA12 nei soggetti con ittiosi Arlecchino. Proprio come i colleghi inglesi sono riusciti a identificare delle mutazioni nel gene dovute a un probabile accorciamento o a una delezione di regioni altamente conservare della proteina codificata. Inoltre, il team di ricerca è riuscito a confermare la presenza del difetto che provoca la congestione delle secrezioni lipidiche nella cute dei pazienti affetti da littiosi Arlecchino.