Farmaci in Italia, ancora troppo pochi i generici. Soprattutto al Sud

Nel 2023 in Italia è aumentata la spesa per i farmaci. Lo sancisce il report dell’Osservatorio nazionale sull’impiego di medicinali pubblicato dall’Agenzia italiana per il farmaco , che fotografa nel dettaglio l’andamento del mercato farmaceutico nazionale. La spesa farmaceutica nazionale totale, pubblica e privata, lo scorso anno è stata pari a 36,2 miliardi di euro, in aumento del 6,1% rispetto al 2022. Più di due terzi è rappresentato dalla spesa farmaceutica pubblica. In media ogni cittadino italiano spende complessivamente, sia per farmaci acquistati sia per la parte di spesa farmaceutica pubblica che paga attraverso le tasse, 612 euro all’anno. Spendiamo meno di quanto fanno in Germania, Austria e Belgio ma sensibilmente di più di quanto accade in Polonia , Portogallo , Svezia e Gran Bretagna . E ben sopra la media continentale che è di 384 euro. Gli ‘equivalenti’, questi sconosciuti Come per tutte le spese legate alla sanità pubblica, interpretare e valutare i numeri è complicato. Ci sono però voci del bilancio farmaceutico nazionale che sono sicuramente migliorabili. Una di questa è quella relativa ai farmaci equivalenti. Si tratta di quei farmaci che, dopo la scadenza del brevetto della casa farmaceutica che l’ha scoperto , possono venire prodotti chiunque e vengono commercializzati a un prezzo inferiore rispetto alle versioni originarie. In Italia gli equivalenti piacciono meno che nel resto d’Europa. Vengono consumati in media nel 55,7 per cento dei farmaci a brevetto scaduto, contro una media continentale del 71,2 per cento. Ma ci sono Paesi come Polonia, Germania e Regno Unito dove la percentuale supera l’80 per cento. Serve un cambio di mentalità “Quello relativo ai farmaci equivalenti è un problema che va affrontato. Anche quest’anno, infatti registriamo 1,1 miliardi di euro di spesa dovuta semplicemente alla scelta di non ricorrere agli equivalenti” - commenta Roberto Venesia, Segretario della Federazione italiana medici di medicina generale del Piemonte ed Esperto del Comitato Consultivo di Aifa - “Ci sono troppi cittadini che ancora preferiscono il farmaco originale, e nei casi di prodotti di classe A a carico del Ssn ottenendo anche il contributo pubblico per il rimborso. E questo succede più nelle regioni del mezzogiorno, il che è un dato decisamente irrazionale dato che sono quelle a minor reddito”. Il dato regionale del 2023 sul consumo di equivalenti per quel che riguarda i farmaci di classe A rimborsabili dal Ssn vede, in effetti, differenze geografiche notevoli: si va da un consumo intorno al 50 per cento a Trento , in Lombardia e in Toscana a uno che è meno della metà in Campania , Calabria e Basilicata . Su questo aspetto i medici di medicina generale non sono direttamente responsabili, dal momento che dal 2012 sulle ricette è obbligatorio prescrivere il principio attivo e non il prodotto; è poi il paziente a scegliere quale delle alternative acquistare una volta in farmacia. “Bisogna informare il paziente e aiutarlo a orientarsi verso la scelta del farmaco equivalente, laddove possibile. È necessario fare opera di informazione, per ottenere un cambiamento culturale e di mentalità, andando contro alcuni meccanismi consolidati nelle abitudini dei pazienti. D’altronde il brand del farmaco brevettato è studiato apposta da fior di professionisti per essere ricordato, deve rimanere nella testa.” - prosegue Venesia - “Invece, quando il brevetto è scaduto, per differenziarlo dalla specialità originaria gli equivalenti riportano il nome generico del principio attivo che ha molto meno appeal. È più ‘noioso’ perché è descrittivo, mentre il nome ufficiale del brevettato non descrive in alcun modo la composizione del farmaco”. Aumentare la scelta di equivalenti è sicuramente un modo per ridurre la spesa farmaceutica pro capite e non ci sono motivi scientifici per non farlo, dato che si tratta dello stesso tipo di medicinale, con gli stessi principi attivi negli stessi dosaggi. Le linee guida per le prescrizioni indicano già chiaramente ai medici di segnalare ai pazienti l’esistenza di alternative equivalenti per i farmaci con brevetto scaduto. Evidentemente non è sufficiente. “Dobbiamo contribuire tutti, e in prima posizione metto proprio noi medici e poi anche i farmacisti, Il Ministero, le Regioni, Aifa, gli organi di informazione.” conclude Venesia - “Tutti dobbiamo fare il possibile per informare sul valore del farmaco ‘generico’. Perché ci sono abbondanti margini per migliorare il bilancio farmaceutico nazionale a parità di cura”.