Covid, Ciccozzi: niente paura ma attenzione agli antibiotici (e al Giubileo)

Prof. Ciccozzi, c'è stato davvero un rialzo della testa del virus quest'estate? Sì, perché è un virus endemico quindi c'è sempre e contagia sempre per avere un migliore adattamento a questo nuovo ospite che siamo noi: gli esseri umani. In estate si va in vacanza, ci sono i turisti, i treni e gli aerei sono più pieni così come le metropolitane. Arrivano i concerti che sì sono all'aperto ma le persone sono a strettissimo contatto. Quindi ecco che può capitare una maggiore diffusione del virus. Ma insomma, se come abbiamo visto i sintomi sono quelli simil influenzali, a volte anche meno, non abbiamo problemi. Lei ha partecipato proprio recentemente a uno studio sulla nuova variante del virus, denominata KP 3.1.1 che sta diventando dominante. Che caratteristiche ha? Come tutte le varianti, ha una mutazione rispetto alla precedente. E questa oltre ad avere una mutazione ha una delezione, cioè gli manca un pezzettino della proteina Spike. Questa caratteristica è una prova di adattamento sempre migliore del virus all'uomo che quindi non diventa più aggressivo, anzi il contrario. Noi dobbiamo imparare che ogni variante sarà sempre meno aggressiva quindi meno importante rispetto alla precedente. Io faccio sempre l'esempio di ebola. Il tasso di mortalità è di oltre il 60% ma è perché non si adatta, non si è adattato, quindi quando un virus non va verso un adattamento va verso una maggiore pericolosità. Questo non è il Covid che è presente tutti i mesi dell'anno, non c'è una stagionalità. Poi, come è successo adesso, ogni tanto alza un pochino la testa. Io mi aspetto anche altri picchi verso l’autunno anche se è difficile capire esattamente quando ci saranno. Non vedremo però mai più quello che abbiamo visto nel 2020, nel 2021 o nel 2022. Professore non sarà più grave come un tempo ma il Covid a volte lascia sintomi a lungo periodo, il Long Covid. Un recente studio apparso sulla rivista scientifica The Lancet, mette in guardia da questa sindrome che provoca una serie di problemi molto particolari: l'annebbiamento mentale, il fiato corto e altro. Questa è una caratteristica solo del Covid? Sì, grazie al cielo non abbiamo altri virus che ci fanno questo tipo di danni. Per definire questa sindrome l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha coniato la parola post Covid. Questo perché devono passare tre mesi da quando uno ha avuto la malattia. Se dopo questo periodo determinati segnali appaiono di nuovo allora entriamo in questa fase che contiene i sintomi più disparati. Non esiste quindi una cura specifica perché la cura va data per il sintomo che si intende inquadrare. Quindi se ho stanchezza devo fare un certo tipo di discorso, se ho la nebbia cognitiva farò altre cose. Questo studio apparso su The Lancet sostiene che chi è ospedalizzato ha addirittura una probabilità del 70% di sviluppare il Long Covid percentuale che crolla se si è vaccinati con almeno le tre dosi. Chi è più predisposto al Long Covid? Le persone più fragili sicuramente sono quelle che possono andare più facilmente incontro al Covid o avere un Covid purtroppo più duraturo nel tempo perché il sistema immunitario più debole non riesce a combattere questo adattamento virale. È un handicap che porta le persone a un assenteismo dal lavoro o a non fare magari certi sport. Noi abbiamo pubblicato diversi lavori su questo argomento. Ad esempio sui calciatori abbiamo monitorato gli infortuni muscolari dovuti alla presenza del Covid: ebbene chi ha avuto la malattia ha 3, 4 volte in più la probabilità di andare incontro a un infortunio muscolare rispetto a chi non ha avuto il Covid. Quindi diciamo che il Long Covid è una condizione molto pesante dal punto di vista sociale, ma non è pericoloso per la salute, nel senso che non ci si muore. Questa estate è iniziata con i timori per altri due virus: l’aviaria e la dengue. C’è davvero la possibilità che uno di questi evolva in una pandemia? Tutto è possibile ma nulla è certo. Io non so quando e quale sarà la prossima pandemia ma so che ci sarà. Perché è nella storia dell'uomo, nella nostra evoluzione. La Dengue è portata dalla zanzara africana Aedes egypti che è un vettore che noi in questo momento non abbiamo. Solo occasionalmente la nostra zanzara tigre può essere vettore ma è molto raro che questo accada. Per quanto riguarda l'aviaria, è un altro discorso. Abbiamo visto negli Stati Uniti quello che sta succedendo negli allevamenti bovini e là il problema è negli allevamenti intensivi proprio perché c’è stato questo salto di specie dagli uccelli selvatici ai bovini. Chi lavora in questi allevamenti intensivi e non ha le precauzioni come mascherina, guanti e occhiali si infetta. La “disgrazia” è quindi che nell’allevamento intensivo il virus circola, ma noi non dobbiamo farlo circolare perché nessuno ci assicura che nell'arco di 10, 20, 30 anni non faccia quella mutazione che gli fa fare il salto di specie questa volta dal bovino all'uomo. Solo in quel caso noi potremmo poi avere una trasmissione interumana uomo-uomo. Ad oggi assolutamente non c'è, però dobbiamo evitare questo. Lo faremo? Eviteremo gli allevamenti intensivi? Io credo di no perché c’è un fattore economico. Quindi aspettiamo, vediamo, speriamo. A proposito di prevenzione, nelle fasi più pesanti della pandemia lei sottolineava l'importanza di un meccanismo di vigilanza su virus e mutazioni. Ci sono stati passi avanti? Qualcosa di minimo c'è stato. Abbiamo imparato un'epidemiologia di tipo genetico, parliamo di varianti, si producono sequenze, ma non è abbastanza. Non lo è perché non c'è quel raccordo ancora fluente tra le regioni che dovrebbero fare questo e dare poi i risultati all’Istituto Superiore di Sanità, che poi essendo organo centrale dirama i suoi bollettini eccetera eccetera. Non abbiamo un'organizzazione come il Sudafrica dove il mio amico Tullio de Oliveira dirige il CERI - Centre for Epidemic Response and Innovation - e che ha veramente milioni di dollari di sovvenzione. Lui fa questo per tutta l'Africa e fa un lavoro incredibile. Non siamo ancora al livello degli inglesi che se vi ricordate nell'aprile del 2020 misero su un sistema di sorveglianza genomico e da lì tutte le varianti. Non siamo ancora a quel livello ma spero che ci arriveremo e che i fondi vengano indirizzati in questo senso. Siamo pronti ad un’altra pandemia? Un piano pandemico c'è ed è aggiornato ma è necessario fare ogni tanto delle simulazioni. Ecco, questo è un consiglio che mi sento di dare. Un altro consiglio che voglio dare ed è un mio punto fisso riguarda il Giubileo. Arriveranno milioni e milioni di visitatori nell'arco di 14 mesi. Solo a Roma ne sono previsti almeno 13 milioni. Ecco, dovremmo fare qualcosa sul monitoraggio perché inizieremo a gennaio quindi nel periodo di fine inverno, con diversi virus respiratori presenti. Magari aumenterà qualcosa nei numeri e quindi servirà un sistema di sorveglianza ben disegnato. Io non penso che ci dobbiamo spaventare, abbiamo ancora la sanità migliore del mondo, dobbiamo solo organizzarci. Ecco, professore, a proposito di organizzazione contro nuove sfide sanitarie: secondo le Nazioni Unite l'antibiotico-resistenza è una delle dieci minacce alla salute pubblica globale, eppure la creazione di nuovi antibiotici va a rilento, anche perché i costi sono molto alti e la produzione affidata all’industria farmaceutica privata. Come se ne esce? Se ne esce insegnando alle persone a non usare in maniera scriteriata questa categoria di farmaci. A non andare a fare ricerche su Internet quando abbiamo il mal di gola e prendere subito un antibiotico quando magari si tratta di un virus e non un batterio contro cui questo farmaco è inutile. Questo già è un primo passo. Dobbiamo poi evitare che vengano prescritti in maniera leggera e questo già si sta facendo. Dobbiamo poi evitare le infezioni ospedaliere, perché i batteri quando arrivano in ospedale non sono resistenti, però più tempo circolano e più acquisiscono la resistenza. Non è un fatto evolutivo è un fatto di selezione dei più resistenti che vivono mentre gli altri vengono debellati. Pensate che negli anni passati un batterio ci metteva 11 anni ad acquisire una resistenza all'antibiotico oggi ci mette tre anni. C’è poi il livello animale dove si somministra in maniera scriteriata la colistina perché così crescono meglio e si vendono prima. Pensate anche all'agricoltura dove gli antibiotici si danno per poter avere un raccolto migliore. Ecco, tutto questo deve essere in qualche modo legiferato, controllato. I veterinari lo fanno e noi abbiamo gli Istituti Zooprofilattici migliori al mondo. Questo problema One Health, loro ce l'hanno ben chiaro, quindi usiamo queste persone, usiamo questi sistemi di monitoraggio che sono i migliori e questi ci faranno ridurre innanzitutto lo spreco, ci faranno ridurre l'antibiotico resistenza che lavora come una pandemia nascosta e poi certo sta alle multinazionali farmaceutiche investire sui nuovi antibiotici. Tornando al Covid, da dove siamo partiti, sul New England Journal of Medicine due importanti psichiatri americani, George J. Makari e Richard A. Friedman, scrivono dei rischi della rimozione nella società della memoria della pandemia, proponendo un minuto di silenzio per le vittime in determinate occasioni pubbliche. Lei cosa ne pensa? Credo che la ragione sia nel mezzo. Prendiamo l’esempio della mascherina. Tempo fa, sono stato un po’ messo in croce perché ho invitato chi prende un aereo, un treno, una nave a mettere la mascherina. Ho invitato chi va in vacanza a metterle almeno all’andata del viaggio così almeno non ci si rovinano le ferie. Ecco, per aver detto questo è successo il caos. Il problema è che le mascherine sono l'unico mezzo per non infettarci e contagiarci con il Covid. Come dicono i due psichiatri la dimenticanza e la non memoria ci portano all'errore e l'errore ci porta a far rialzare la testa al virus. Un altro rischio di questa mancanza di memoria è il non fare un sistema di sorveglianza che ci faccia capire permanentemente cosa sta succedendo. Ma non solo per il Covid, per l'influenza, per la Dengue, per qualunque malattia infettiva, tropicale o meno che sia. Sul minuto di raccoglimento, non lo so. lì diventa una cosa un po’ personale ma credo sia giusto che ci sia una giornata collettiva dedicata alle vittime.

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