Lo ha dimostrato un team di ricercatori dell’Università di Tokyo, in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “mSphere”, attraverso una serie di simulazioni. "C'è un effetto sinergico quando sia chi emette il virus sia chi lo riceve indossa la mascherina”, hanno spiegato gli autori, secondo cui è “difficile bloccare completamente il virus, ma non è noto se la piccola quantità di virus che è in grado di passare possa poi provocare un’infezione"
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Tokyo è riuscito a dimostrare che le mascherine, anche quelle di cotone, sarebbero in grado di bloccare almeno in parte le particelle di coronavirus disperse nell'aria, anche quando non si mantiene la distanza di sicurezza. E lo stesso è stato possibile indicare per le mascherine professionali che hanno sì una capacità protettiva, ma non totale. “Abbiamo scoperto che le mascherine di cotone, quelle chirurgiche e le N95 hanno tutte un effetto protettivo rispetto alla trasmissione di aerosol infettivo di Sars-CoV-2 e che l'efficienza protettiva è maggiore quando la mascherina è indossate da chi può diffondere di virus”, hanno scritto i ricercatori nella premessa del loro studio, pubblicato sulla rivista scientifica “mSphere”. “È importante sottolineare che le mascherine mediche (quelle chirurgiche e anche le N95) non sono state in grado di bloccare completamente la trasmissione di goccioline di virus anche se completamente sigillate”, hanno poi specificato gli esperti. La ricerca, segnalata anche in un articolo del Japan Times, ha stabilito inoltre che esiste “un effetto sinergico quando sia chi emette il virus sia chi lo riceve indossa la mascherina”, hanno spiegato gli autori. “I risultati indicano che è difficile bloccare completamente il virus anche se si indossa una mascherina N95, ma non è noto se la piccola quantità di virus che è in grado di passare possa poi provocare un'infezione".
Le simulazioni con i manichini
Per arrivare a formulare la loro tesi, i ricercatori giapponesi hanno costruito una teca sigillata al cui interno hanno posizionato le teste di due manichini, posizionate uno di fronte all'altro. Una di queste era dotata di un nebulizzatore, in grado di simulare quindi una persona che tossisce o starnutisce, mentre l'altra è stata equipaggiata con un aspiratore che è riuscita a ricreare gli effetti della respirazione oltre a varie piastre per rilevare i virus. Ciò che è emerso, in base ai risultati di questo studio, è stato che se il manichino che tossiva era senza mascherina e l’altro era dotato di una mascherina di cotone, quest’ultima era in grado di fermare il 40% delle particelle virali, mentre con una mascherina modello N95 (quella utilizzata, ad esempio, dai professionisti sanitari) ne fermava il 90%. Se invece la mascherina era presente sul manichino 'infetto' sia quelle di cotone che quelle chirurgiche riuscivano a fermare oltre il 50% del virus, mentre l’N95 la quasi totalità. “Tuttavia”, riporta il Japan Times, “anche quando la mascherina N95 è stata fissata al viso del manichino con del nastro adesivo, alcune particelle virali sono comunque riuscite a filtrare”.
L’importanza dell’effetto sinergico
Quello che veramente può fare la differenza, hanno sottolineato i ricercatori, è “l’effetto sinergico” che si crea quando le persone indossano i dispositivi di protezione individuale. Tra l’altro, riporta ancora il Japan Times, di recente si è alimentato un crescente consenso tra gli esperti di salute sul fatto che il virus che causa il Covid-19 possa essere diffuso attraverso l'aria. I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno revisionato le proprie linee guida, questo mese, per sottolineare come l'agente patogeno possa rimanere nell'aria per ore. E, sempre di recente, un altro team di ricercatori giapponesi ha utilizzato simulazioni al supercomputer per dimostrare che l'umidità può avere un effetto significativo sulla dispersione nell'aria delle particelle virali.