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Agrumi più dolci a tavola? Ecco come potrebbe essere possibile

Salute e Benessere

Grazie al lavoro dei ricercatori del laboratorio Crea, è stato individuato il gene “Noemi”, che conferisce l’acidità ai frutti. Ora la possibilità di modularne l’espressione rappresenta un tassello strategico per il loro miglioramento genetico 

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Potremmo trovare sulle nostre tavole agrumi più dolci nel prossimo futuro? E’ un’ipotesi abbastanza concreta, specialmente adesso che è stato scoperto ed individuato il gene che conferisce ai frutti quel tipico sapore acidulo. In particolare si tratta del cosiddetto “gene Noemi”, ovvero il fattore chiave in grado di regolare l'acidità. Il merito della scoperta va ai ricercatori del laboratorio di biotecnologie del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) che in collaborazione con il John Innes Centre di Norwich, hanno individuato la mutazione “acidless” nei frutti di cedro, limone, limetta e arancio, in grado di addolcire il succo rispetto alle varietà tipicamente acide.

Il problema del gusto

Come scrivono gli stessi ricercatori del Crea sul loro sito, gli agrumi rappresentano una delle fonti privilegiate di vitamina C nella nostra alimentazione, anche se, nell’effettiva diffusione del loro consumo, un limite è rappresentato dal loro sapore acido, che li rende per molti poco gradevoli, se non indigesti. Ora, grazie al lavoro degli esperti del laboratorio di Acireale, potrebbe cambiare la percezione che si ha di arance o mandarini. Le mutazioni “acidless” non sebrano avere più segreti adesso, dopo che hanno da sempre incuriosito gli esperti tanto da consentirne il riconoscimento e l’isolamento in molte specie di agrumi che venivano comunemente definite “dolci”, a causa dell’importante riduzione dell'acidità nel succo. Questi frutti, oltre a perdere l’acidità, hanno anche perso la capacità di colorare di rosso foglie e fiori di molte specie.

I geni Noemi e Ruby

Per arrivare alla fine del loro studio, gli specialisti del Crea hanno portato avanti un’analisi genetica, mettendo a confronto varietà acide e “dolci” della stessa specie, operazione che ha permesso l’identificazione di un gene, detto appunto “Noemi”, fattore chiave in grado di regolare l'acidità dei frutti e che lavora in collaborazione con un altro gene, chiamato “Ruby”, che era stato identificato dallo stesso team di ricercatori. Quest’ultimo è coinvolto principalmente nella sintesi delle antocianine, cioè i pigmenti chiave della colorazione rosso porpora. Nello studio inoltre è stato possibile spiegare come, attraverso il percorso di domesticazione del cedro (in biologia il processo attraverso cui una specie animale o vegetale viene resa dipendente dalla convivenza con l'uomo e dal controllo da parte di quest'ultimo) una mutazione a carico del gene “Noemi” sia stata poi trasmessa a tutti gli agrumi da esso derivanti a seguito di incroci particolari.

Il miglioramento genetico

“Oggi l’identificazione di Noemi e la possibilità di modulare la sua espressione rappresentano un tassello strategico per il miglioramento genetico degli agrumi, soprattutto per le arance e i mandarini, in quanto il controllo dell’acidità è determinante nell’isolamento di selezioni a diversa epoca di maturazione, di grande impatto per un consumatore attento ed esigente”. Con queste parole i ricercatori del Crea hanno descritto il loro lavoro, pubblicato anche sulla rivista scientifica “Current Biology”.