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Aids, scoperto nuovo ceppo virale dell'Hiv per la prima volta da 19 anni

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Ansa)

Noto come Hiv-1 gruppo M sottotipo L, è stato trovato dai ricercatori della multinazionale farmaceutica Abbott e descritto sulle pagine della rivista medica Journal of Acquired Deficiency Syndromes 

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I ricercatori della multinazionale farmaceutica Abbott hanno scoperto, per la prima volta in 19 anni, un nuovo ceppo virale dell’Hiv, estremamente raro e appartenente allo famiglia M, la stessa che ha provocato la pandemia. Noto come Hiv-1 gruppo M sottotipo L, è stato descritto sulla rivista medica Journal of Acquired Deficiency Syndromes. Si tratta del decimo ceppo del gruppo M, nonché del primo scoperto da quando nel 2000 sono state stilate le linee guida per la classificazione dei sottotipi. Anthony Fauci, il direttore dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive, assicura che gli attuali trattamenti per l’Hiv sono efficaci anche contro la nuova variante del virus. L’esperto ha spiegato che non c’è alcuna ragione per farsi prendere dal panico e che finora solo poche persone sono state infettate. Inoltre, questa scoperta potrebbe essere utile per comprendere meglio l’evoluzione del virus Hiv.

La scoperta del nuovo ceppo virale

Il nuovo ceppo è stato scoperto dal Global Viral Surveillance Program, istituito dall’azienda farmaceutica Abbott 25 anni fa per monitorare i virus dell’epatite e dell’Hiv, di cui sono stati raccolti oltre 78.000 campioni nel corso del tempo da 45 Paesi. I primi due casi del ceppo dell’Hiv-1 gruppo M sottotipo L sono stati trovati nella Repubblica Democratica del Congo nel 1983 e nel 1990. Un terzo campione, scoperto anch’esso in Congo, è stato raccolto nel 2001 come parte di uno studio finalizzato a prevenire la trasmissione del virus da madre a figlio. “Questa scoperta ci ricorda che per riuscire a debellare la pandemia dobbiamo continuare a superare in astuzia questo virus che cambia in continuazione, usando le ultime tecnologie per monitorare la sua evoluzione”, spiega Carole McArthur, una delle ricercatrici che ha partecipato allo studio. Gli esperti ricordano che dall’inizio della pandemia sono state infettate 75 milioni di persone, e attualmente sono 37,9 i pazienti che convivono con il virus.