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Sparatoria Roma, convalidato fermo Campiti. Gip: "Omicidi pianificati a lungo"

Lazio

Per il gip il 57enne "in sede di interrogatorio non ha dato segno di resipiscenza alcuna ed il livore ed il risentimento che sono emersi, fanno ritenere che se rimesso in libertà non desisterebbe da ulteriori condotte violente e sanguinarie"

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Resta in carcere Claudio Campiti, accusato di quattro omicidi volontari e del ferimento di due persone nella strage del condominio di Fidene a Roma. Terminata dopo circa un'ora l'udienza davanti al gip, il giudice Emanuela Attura ha convalidato il fermo disponendo inoltre per il 57enne il regime di sorveglianza. Campiti è attualmente detenuto a Regina Coeli.

Al termine dell'udienza l'avvocato difensore, Alessandro Poli, lasciando il carcere di Regina Coeli si è limitato a dire ai cronisti che la "situazione è grave". A quanto si è appreso, Campiti ha risposto ad alcune domande del gip ma sui punti chiave della vicenda è rimasto in silenzio. Nei suoi confronti il pm Giovanni Musarò contesta l'accusa di omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione.

Gip: "Lunga pianificazione degli omicidi" 

"Deve ritenersi che il gravissimo episodio dell'11 dicembre ha rappresentato il deliberato di una lunga pianificazione che aveva come presupposto un radicamento costante e persistente, per un apprezzabile lasso di tempo, del proposito omicida nella psiche del Campiti". E' un passaggio dell'ordinanza con cui il gip di Roma, Emanuela Atturi, con cui ha disposto il carcere per Claudio Campiti, il quale "in sede di interrogatorio non ha dato segno di resipiscenza alcuna ed il livore ed il risentimento che sono emersi, fanno ritenere che se rimesso in libertà non desisterebbe da ulteriori condotte violente e sanguinarie". 

Per il giudice la circostanza aggravante della premeditazione appare "incontestabile", alla luce del fatto che l'uomo "da tempo non partecipava più alle riunioni del Consorzio e quindi la sua presenza il giorno del fatto non può che essere letta nel senso che si sia portato sul posto al solo scopo di portare a compimento il proprio piano, tanto che, appena entrato nel dehor, si è diretto a destra al tavolo dove sedevano i componenti del consiglio di amministrazione. Nel corso dell'interrogatorio di convalida, Claudio Campiti, ha ammesso che il "movente" della strage di Fidene è legata ad un "rancore e risentimento" covati per anni verso il Consorzio Valleverde. Campiti "ha ammesso le proprie responsabilità spiegando di essere esasperato dalle condotte 'mafiose' tenute da anni in suo danno dagli organi deliberanti del Consorzio, come descritto nel blog", si legge poi nell'ordinanza del gip.

Quarta vittima

Intanto ieri, a due giorni dalla sparatoria, è morta Fabiana De Angelis, quarta vittima della strage. De Angelis era ricoverata in condizioni gravissime all'ospedale Sant'Andrea di Roma, dove restano ancora gli altri due feriti, Bruna Martelli e Silvio Paganini. La donna colpita al cranio dalla pistola di Campiti, era stata operata e trasferita in rianimazione. 

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La sparatoria

La mattina di domenica scorsa Campiti, 57 anni, ha sottratto una pistola al poligono di tiro di Tor di Quinto e poi ha fatto irruzione nel gazebo di un bar nella zona di Colle Salario, dove era in corso una riunione dei soci del Consorzio Valleverde, nel Reatino, con il quale da anni era in lite. Ha fatto fuoco, lasciando a terra tre donne e ferendo altre tre persone, tra cui De Angelis. Con sé aveva il passaporto, lo zaino pieno di vestiti e oltre seimila euro in contanti: secondo gli inquirenti progettava la fuga. Questo, e la sottrazione dell'arma dal tiro a segno di cui era appassionato socio da quattro anni, fanno pensare ai magistrati a un delitto premeditato. Che si è compiuto a più di ottanta chilometri da Ascrea, in provincia di Rieti, dall'edificio mai terminato nel cui seminterrato l'uomo si era insediato dopo la separazione dalla moglie. Da quell'alloggio fatiscente e senza allaccio fognario, tramite il suo blog, lanciava accuse dai toni deliranti nei confronti degli altri membri del Consorzio. A suo carico c'erano già delle denunce, a causa delle quali s'era visto respingere la richiesta di porto d'armi.

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