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Papa Francesco: chiediamo misericordia e pietà per il popolo ucraino

Lazio
©Ansa

"Desidero attirare l'attenzione sulla grave crisi umanitaria che colpisce la Somalia e alcune zone dei Paesi limitrofi. Le popolazioni di questa regione, che già vivono in condizioni molto precarie, si trovano ora in pericolo mortale a causa della siccità", ha detto il Pontefice durante l'Angelus

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"La misericordia è la via della salvezza per noi e per il mondo intero. E chiediamo al Signore misericordia speciale, misericordia e pietà per il martoriato popolo ucraino". Così Papa Francesco all''Angelus. "Un pensiero speciale va ai numerosi pellegrini che oggi si sono radunati nel Santuario della Divina Misericordia a Cracovia, dove vent'anni fa San Giovanni Paolo II fece l'atto di affidamento del mondo alla Divina Misericordia. Più che mai vediamo oggi il senso di quel gesto che vogliamo rinnovare nella preghiera e nella testimonianza della vita", ha aggiunto il Pontefice. E sulla Somalia, ha aggiunto: - "Desidero attirare l'attenzione sulla grave crisi umanitaria che colpisce la Somalia e alcune zone dei Paesi limitrofi. Le popolazioni di questa regione, che già vivono in condizioni molto precarie, si trovano ora in pericolo mortale a causa della siccità. Auspico che la solidarietà internazionale possa rispondere efficacemente a tale emergenza. Purtroppo la guerra distoglie l'attenzione e le risorse, ma questi sono gli obiettivi che esigono il massimo impegno: la lotta alla fame, la salute, l'istruzione".

"Il Vangelo è come un fuoco"

"Il Vangelo è come un fuoco perché si tratta di un messaggio che, quando irrompe nella storia, brucia i vecchi equilibri del vivere, sfida a uscire dall'individualismo, a vincere l'egoismo, a passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla vita nuova del Risorto", ha continuato. E ancora: "non lascia le cose come stanno", ma "provoca al cambiamento e invita alla conversione". "Non dispensa una falsa pace intimistica, ma accende un'inquietudine che ci mette in cammino, ci spinge ad aprirci a Dio e ai fratelli. È proprio come il fuoco: mentre ci riscalda con l'amore di Dio, vuole bruciare i nostri egoismi, illuminare i lati oscuri della vita, tutti ne abbiamo, consumare i falsi idoli che ci rendono schiavi".

La speranza

Una prospettiva che "dà speranza a quanti sono considerati perduti, abbatte le barriere dell'emarginazione, guarisce le ferite del corpo e dell'anima, rinnova una religiosità ridotta a pratiche esteriori". Il Pontefice ha allora chiesto "che cosa significa dunque per noi quella parola di Gesù", il "fuoco". "Ci invita a riaccendere la fiamma della fede perché essa non diventi una realtà secondaria, o un mezzo di benessere individuale, che ci fa evadere dalle sfide della vita e dall'impegno nella Chiesa e nella società". La fede, insomma, ha affermato Francesco, "non è una 'ninna nanna' che ci culla per farci addormentare, ma un fuoco acceso per farci stare desti e operosi anche nella notte!". "E allora possiamo domandarci: io sono appassionato al Vangelo? Lo leggo spesso? Lo porto con me? La fede che professo e che celebro, mi pone in una tranquillità beata oppure accende in me il fuoco della testimonianza?". E ancora: "Possiamo chiedercelo anche come Chiesa. Nelle nostre comunità, ardono il fuoco dello Spirito, la passione per la preghiera e per la carità, la gioia della fede, oppure ci trasciniamo nella stanchezza e nell'abitudine, con la faccia smorta e il lamento sulle labbra? E le chiacchiere ogni giorno".