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Roma, maxi frode fiscale: sequestrati beni per 11 milioni, 15 denunce

Lazio
©Ansa

Le persone coinvolte dovranno rispondere dei reati di dichiarazione fraudolenta, omessa presentazione della dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione di crediti d'imposta, riciclaggio e auto-riciclaggio

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Scoperta un'organizzazione che, secondo la guardia di finanza del comando provinciale di Roma e Nettuno, aveva creato un sistema molto redditizio frodando il fisco e l'Inps. Nel corso dell'operazione "Ghost credit" sono stati sequestrati beni mobili e immobili, nonché disponibilità finanziarie, per circa 11 milioni di euro. Quindici persone sono state denunciate e dovranno rispondere dei reati di dichiarazione fraudolenta, omessa presentazione della dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione di crediti d'imposta, riciclaggio e auto-riciclaggio. Gli elementi raccolti hanno permesso alla procura della Repubblica di Velletri di ottenere dal giudice delle indagini preliminari l'emissione di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sia nella forma diretta che "per equivalente", dei beni nella disponibilità degli indagati, che è stato eseguito nelle province di Roma, Bergamo, Caltanissetta, Caserta, Como, Frosinone, Latina, Lucca, Milano, Palermo, Ragusa, Treviso e Varese.

L'inchiesta

Le indagini delle Fiamme Gialle della compagnia di Nettuno, dirette dalla Procura della Repubblica di Velletri e coordinate dal II Gruppo di Ostia, sono cominciate dal monitoraggio di una società del posto, formalmente operante nel commercio all'ingrosso di prodotti petroliferi ma di fatto inattiva, che vantava consistenti crediti verso il fisco, con riguardo all'Iva e al sostenimento di spese nel settore dell'innovazione tecnologica. Gli accertamenti si sono poi allargati consentendo l'individuazione del responsabile dell'organizzazione, un romano con precedenti, nonché di una seconda società utilizzata per il perfezionamento della frode, che si occupava anch'essa della creazione artificiosa dei crediti di imposta, poi ceduti, dietro un corrispettivo del 5-10% del loro valore, a imprese pesantemente indebitate con il fisco e l'Inps.

La truffa

Le dichiarazioni fiscali delle due società erano provviste del visto di conformità apposto da un consulente abilitato e le spese (fittiziamente) sostenute per le attività di ricerca e sviluppo erano asseverate da una (falsa) relazione tecnica redatta da un professionista. I proventi della truffa venivano fatti confluire su conti correnti intestati a una terza società già esistente, cui era stata attribuita la medesima denominazione sociale di una delle due coinvolte nella frode proprio per ostacolare l'individuazione della provenienza dei fondi. Grazie all'intervento dei militari, è stato scongiurato l'utilizzo dei crediti fittizi esposti in dichiarazione dalla seconda società, evitando un ulteriore danno all'erario quantificato in oltre 13 milioni di euro.