Il 30 aprile 1993, lo storico segretario del PSI ed ex premier fu contestato all'uscita dell’albergo romano: il giorno prima Montecitorio aveva negato l’autorizzazione a procedere per 4 dei 6 procedimenti nei suoi confronti, scatenando lo sdegno dell’opinione pubblica. Questo episodio, al culmine dello scandalo Tangentopoli, è diventato un simbolo della fine della Prima Repubblica
Sono passati 30 anni dal giorno che secondo molti commentatori segnò la fine della Prima Repubblica. Il 30 aprile 1993 è un giorno destinato a rimanere impresso nell’immaginario collettivo dell’Italia per la feroce contestazione ai danni dello storico segretario del Partito Socialista Italiano Bettino Craxi. All’uscita dall’hotel Raphaël, sua dimora quando si trovava a Roma, centinaia di manifestanti lo attesero distanziati da transenne e cordoni di forze dell’ordine. E alla sua uscita dall’albergo gli lanciarono una pioggia di monetine. Una protesta che arrivò al culmine dello scandalo Mani Pulite e che di fatto segnò l’uscita di scena dalla politica dell’ex premier.
Gli antefatti
Dal febbraio 1992 Tangentopoli e il pool di Mani Pulite avevano scoperchiato un sistema di tangenti che a macchia d’olio coinvolgeva gran parte del mondo politico italiano. Nel dicembre di quell’anno Craxi ricevette il primo avviso di garanzia e iniziò un rapido declino di consensi che lo portò a dimettersi dalla segreteria del PSI nel febbraio del 1993. Intanto il numero degli avvisi di garanzia continuava a crescere (arrivarono a una ventina verso fine aprile) per episodi di corruzione e finanziamento illecito di partito. Il 29 aprile (nel giorno della fiducia al nuovo governo Ciampi) si presentò alla Camera e tenne un celebre discorso di 53 minuti in cui disse che tutti i partiti si servivano delle tangenti per autofinanziarsi. Quello stesso giorno Montecitorio negò l’autorizzazione a procedere per 4 dei 6 procedimenti nei confronti di Craxi, scatenando lo sdegno dell’opinione pubblica.
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Le contestazioni
Il 30 aprile 1993 ci furono manifestazioni di protesta in tutta Italia. Craxi, diventato il simbolo in negativo di quanto stava accadendo, fu atteso in serata da una piccola folla in Largo Febo, davanti all'hotel Raphaël, l'albergo che da anni era la sua dimora romana. Come ha raccontato il Corriere della Sera, tra i contestatori c’erano anche alcuni sostenitori del Msi, con Teodoro Buontempo che arrivò con due sacchettini pieni di monete da 50 e 100 lire. Intanto il politico scelse di uscire dall’ingresso principale e non da una via di fuga sul retro. I manifestanti lo insultarono e iniziarono a lanciare monetine. Ma anche sampietrini, mozziconi di sigaretta, cocci di vetro. Altri mostravano banconote da mille lire cantando “Bettino vuoi pure queste?”. Craxi, che in un’intervista a posteriori definì quell’episodio “una forma di rogo”, salì sull’auto con la scorta e grazie a un cordone di poliziotti in tenuta antisommossa riuscì ad allontanarsi. L'intera scena venne immortalata solo da due telecamere di Rai e TG4. E resta la testimonianza di un’unica foto, scattata in maniera rocambolesca dal photoreporter Luciano Del Castillo.
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La fine politica di Craxi
La contestazione del 30 aprile 1993 a Roma segnò la fine politica di Craxi che nello stesso anno testimoniò in una celebre udienza al processo Cusani. L’anno dopo non venne ricandidato nella nuova legislatura e si trovò senza più immunità parlamentare. La prospettiva di un arresto portò al ritiro del passaporto ma lui era già in Tunisia, ad Hammamet. Nel 1995 fu dichiarato latitante, subì due condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito al partito e morì nel suo esilio nordafricano il 19 gennaio 2000, mentre erano in corso altri quattro processi contro di lui. Fino all’ultimo respinse l'accusa di corruzione per arricchimento personale. La sua tomba è nel cimitero cristiano di Hammamet.